29 Marzo 2024

Rinnovabili, la Svezia capofila del rinnovamento green

Pale eoliche Foto: Rudy Massaro wikimedia commons CC BY-SA 4.0
Pale eoliche. Foto: Rudy Massaro, Wikimedia Commons CC BY-SA 4.0

Svezia, modello green per l’Europa. La patria dell’ Ikea, dell’aurora boreale e dell’ecoturismo, continua a brillare per la sua disciplina in difesa della natura.

Il target green nazionale fissato al 2030 potrebbe essere infatti raggiunto entro la fine di quest’anno, secondo quanto prevede l’Agenzia svedese per l’Energia.

Con 12 anni di anticipo, nel settore delle energie rinnovabili (che per l’UE comprendono: energia solare termica e fotovoltaica, energia idroelettrica, vento, energia geotermica e ogni forma di biomassa), il Paese taglia gli obiettivi prefissati: entro la fine del 2018 sarebbero più di 3.600 le turbine eoliche ad essere installate, con una capacità di 7.506 MW e una produzione annuale stimata di 19,8 TWh (molta, considerando che un terawattore corrisponde ad un miliardo di chilowattore) .

Non solo. Nella seconda parte dell’anno sono possibili anche ulteriori investimenti: si parla di 2600 MW di eolico onshore entro il 2019.

Sotto il segno della sostenibilità ambientale, la Svezia – con circa dieci milioni di abitanti – è d’altra parte da anni capofila nel Vecchio Continente per l’altissimo uso di energie rinnovabili, tanto da superare la percentuale complessiva del 52%, specie rispetto all’eolico e ai biocarburanti.
Ed è anche fra i Paesi al mondo ad aver adottato la carbon tax, l’ecotassa sulle emissioni di biossido di carbonio in atmosfera da parte delle imprese, insieme alla Svizzera, Canada e Regno Unito.

Il Paese scandinavo l‘ha resa infatti operativa già nel 1991: inizialmente equivalente a 100 $ per ogni tonnellata di combustibili inquinanti utilizzati, la soglia fu innalzata poi a 150 $ nel 1997.

Cosa che ha portato, negli ultimi anni, ad una riduzione di circa il 22% delle emissioni di biossido di carbonio.

I dati della World Bank, tuttavia, sottolineano come, l’anno scorso, soltanto il 15% delle emissioni globali di CO2 abbia ricevuto una qualche forma di tassazione.

E In Italia? Introdotta con l’art.8 della legge n. 448 del 23 dicembre 1998, in seguito alla Conferenza di Kyoto, la carbon tax non ha mai trovato di fatto una effettiva applicazione.

Dal 2005 è invece entrato in vigore il meccanismo dell’EU ETS, un sistema di scambio delle quote di emissione attualmente nella sua terza fase 2013-2020 , introdotto dall’Unione Europea per fissare un limite di emissioni per tutte le installazioni coperte dallo schema.

Rispetto agli obiettivi 2020 in tema di rinnovabili, l’Italia tuttavia non ha sfigurato: risultano infatti già raggiunti i suoi obiettivi, insieme a quelli di altri dieci Stati (Svezia, Finlandia, Bulgaria, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Croazia, Lituania, Ungheria, Romania).

Come comunicato dall’Eurostat (l’Ufficio statistico dell’Unione) è proprio la Svezia a guidare la classifica: con il 53,8% della sua energia ricavata da fonti rinnovabili nel suo consumo finale lordo di energia, il Paese del Nord Europa ha brillato per avere la quota più alta nel 2016.

Anche se risulta buona anche la crescita della percentuale di energia in fonti rinnovabili dalla quota lorda di energia registrata dall’Italia (17.4% del 2016).

Del resto, fu sempre la Svezia che, all’inizio del millennio, fu fautore di un altro importante progresso in chiave green, grazie alla pubblicazione delle linee guida per rendere più spedito lo sviluppo delle fonti rinnovabili

Oggi, l’ambizione a diventare fra i primi Paesi del pianeta che dipende totalmente da energia rinnovabile e green si sposa con obiettivi concreti: dopo gli ottimi risultati raggiunti finora, frutto di investimenti intelligenti, è adesso arrivato il momento, per la Svezia, di puntare al traguardo di “carbon free” a partire dal 2045.

La sfida è alta ma lo scenario globale induce a un ragionevole ottimismo: secondo il Rapporto New Energy Outlook 2018 (Neo 2018) di Bloomberg New energy finance (Nef) a livello globale fra il 2018 e il 2050 verranno investiti nel mondo 11.500 miliardi di dollari in nuova generazione elettrica (8.400 per vento e sole e 1.500 per altre tecnologie carbon free).

E se il carbone copre oggi circa un terzo dell’intera capacità installata a livello globale, si prevede che nel 2050 potrebbe coprire appena il 5%.

Intanto però – secondo i dati contenuti nel Rapporto Global trends in renewable Energy investment 2018 redatto da Frankfurt School, il Centro di ricerca del Programma Ambientale delle Nazioni Unite (UNEP), insieme a Bloomberg New Energy Finance, nel 2017 gli investimenti globali in energia green hanno toccato quota 279,8 miliardi di dollari, in calo rispetto al 2015 dove gli investimenti superavano i 300 miliardi.

Nella sola Europa si parla di un calo significativo (-36%).

Ma anche nel 2017, la Svezia spicca per investimenti, avendoli aumentati del 127% e portati a $ 3,7 miliardi, insieme ad Australia (+147%) e Messico (+810%).

In Italia, nel 2017 le rinnovabili sono cresciute del 15% rispetto al 2016.

Ma – secondo i dati emersi dal Renewable Energy Report 2018 dell’Energy & Strategy Group della School of Management del Politecnico di Milano -, per centrare gli obiettivi 2030 sarebbero necessari ben 60 miliardi di investimenti.

Elena Paparelli

Giornalista freelance, lavora attualmente in Rai. Ha pubblicato tra gli altri i libri “Technovintage-Storia romantica degli strumenti di comunicazione” e “Favole per (quasi) adulti dal mondo animale”.

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