Swaziland, le elezioni politiche all’ombra del potere del re

[Traduzione a cura di Luciana Buttini dall’articolo originale di Peter Kenworthy pubblicato su Pambazuka]

Gli elettori in fila per esprimere il voto nel collegio elettorale di Motstane. Swaziland, 1 ottobre 2008. Immagine ripresa da <a href="https://www.flickr.com/photos/ipsnews/8027196369/in/photolist-f4dTKu-7J8ehH-51Hci3-7K1eQf-XhnzbL-NQRoqo-7b9Hcw-7b5TqD-4pZn3k-7b9HX1-dektPp-5AXSon-8x2jNr-8NvvWy-VCmH86-F6FUQ3-GrdQyb" target="_blank" rel="noopener">Flickr/News Agency</a> in licenza CC.
Gli elettori in fila per esprimere il voto nel collegio elettorale di Motstane. Swaziland, 1 ottobre 2008. Immagine ripresa da Flickr/News Agency in licenza CC.

Lo scorso luglio Richard Rooney, giornalista ed ex professore associato presso l’Università dello Swaziland, ha pubblicato un nuovo studio, Organised Certainty, nel quale conclude che le ultime elezioni nazionali, tenutesi nel 2013, “non sono state democratiche” e che “il sistema politico serve solo per mantenere al potere la monarchia assoluta dominante.

Secondo Rooney, durante le elezioni del 2013 la corruzione e i brogli elettorali sono stati dilaganti; alle donne era stato imposto il divieto di indossare i pantaloni, la polizia e le forze di Stato avevano represso il dissenso politico e sociale pacifico, la copertura mediatica nei media swazilandesi non era riuscita a riportare i pareri dell’opposizione, e alla fine alla Commissione elettorale sono serviti tre anni per comunicare ufficialmente i risultati delle elezioni.

Alle elezioni nazionali del prossimo 21 settembre, gli elettori eleggeranno 59 dei 69 membri della Camera. Toccherà poi al monarca assoluto, il Re Mswati III, scegliere i restanti dieci, così come la maggioranza del Senato, il Primo ministro e il Consiglio dei ministri. I partiti politici, invece, non possono prendere parte alle elezioni.

Il Re al di sopra della legge

La mancanza di democrazia nello Swaziland è ben nota“, scrive Rooney nel suo rapporto. Molte altre analisi sottolineano questo aspetto, così come l’aumento della repressione e delle violazioni dei diritti umani nei confronti di coloro a favore del boicottaggio delle elezioni e della campagna per la costituzione di una democrazia multipartitica.

Le elezioni nello Swaziland sono “diventate sempre di più arene di competizione clientelare e non politica”, ha scritto in un rapporto l’Istituto per gli studi sulla sicurezza, un’organizzazione non governativa africana, prima delle ultime elezioni nazionali del 2013.

In un altro lavoro reso noto dal gruppo del Commonwealth Observer Mission, che durante le elezioni del 2013 ha inviato circa 400 osservatori internazionali e locali per monitorarle, si legge che le elezioni hanno presentato “rilevanti deficit democratici” tra le altre cose perché “i poteri dei parlamentari continuano ad essere estremamente limitati, e la presenza di partiti politici continua a essere bandita… c’è, dunque, molto spazio per migliorare il sistema democratico.

La missione di esperti elettorali dell’Unione Europea, che ha inviato circa 150 osservatori, ha affermato che l’esito delle ultime elezioni ha dimostrato quanto lo Stato africano fosse restio nell’affrontare “i problemi fondamentali riguardanti il sistema di governo, il rispetto dei principi di separazione dei poteri, lo Stato di diritto e l’indipendenza della magistratura”.

Questi problemi comprendevano il fatto che “il Re avesse il potere assoluto e fosse considerato al di sopra della legge e che “un disegno di legge non diventasse legge a meno che il Re non l’avesse approvata”, ha poi concluso la missione di esperti elettorali.

L’ultimo rapporto annuale Freedom in the World, pubblicato da Freedom House, un’organizzazione indipendente di controllo in materia di diritti politici, attribuisce allo Swaziland il punteggio più basso (sette). Il rapporto termina dicendo che “il dissenso politico e l’attivismo civico o lavorativo sono soggetti a condanne severe in base alle leggi sulla sedizione e altri reati. Chi critica la monarchia può trovarsi a fare i conti con l’esclusione dai sistemi clientelari tradizionali“.

Anche Human Rights Watch nel suo rapporto del 2017 ha concluso che “durante tutto lo scorso anno lo Swaziland ha continuato a reprimere il dissenso politico e a trascurare i diritti umani e lo Stato di diritto“.

Sempre più insoddisfatti

Molti cittadini stanno diventando sempre più insoddisfatti del loro sistema politico.

In un sondaggio condotto nel 2015 dall’Istituto panafricano di ricerca indipendente Afrobarometer traspare che soltanto un terzo della popolazione ha giudicato il sistema politico del Paese come democratico, e solo il 28 percento appariva abbastanza, o molto, soddisfatto del funzionamento della democrazia nello Swaziland (cifra che nel 2013 si aggirava intorno al 36 percento).

Un altro sondaggio di Afrobarometer del 2016 ha rivelato che lo Swaziland è uno dei 36 Paesi africani analizzati ad aver visto, nei cinque anni precedenti, il più grande cambiamento positivo a favore della democrazia. A luglio, un altro sondaggio ha constatato che meno di quattro Swazilandesi su dieci approvano l’attività del Primo ministro e dei membri del Parlamento.

Le attuali elezioni legittimano il governo del Re

Il coordinatore politico del Fronte democratico unito, Wandile Dludlu, è fermamente convinto che le prossime elezioni serviranno, in realtà, solo a legittimare il potere del monarca assoluto del Paese, il Re Mswati III.

Il potere di governare e determinare il destino dello Swaziland dipende dal Re e, pertanto, Mswati sarà sempre il vincitore in ogni elezione”, dichiara.

Stando ad un rapporto pubblicato dalla Commissione elettorale si evince che solo il 41 percento dei circa 600.000 abitanti aventi il diritto di iscriversi nelle liste elettorali ha effettivamente votato nelle elezioni del 2013. Il 47 percento in meno rispetto al 2008.

Per cambiare tale traiettoria discendente, il Paese necessita di una riforma democratica, afferma il redattore in esilio dello Swaziland News, Zweli Martin Dlamini.

Queste elezioni sono insensate e fintanto che i poteri assoluti saranno ancora nelle mani del Re, nel Paese non vi saranno cambiamenti. I votanti eleggeranno i parlamentari che saranno responsabili nei confronti del Re e non dei cittadini, e fino a quando non adotteremo riforme democratiche, non cambierà nulla”, conclude Zweli Martin Dlamini.

Secondo Bheki Dlamini, presidente dello Swaziland Youth Congress, ala giovanile del principale partito di opposizione, un numero così ingente di persone aventi diritto al voto denota semplicemente che i cittadini hanno paura.

Le elezioni nello Swaziland non permettono di attuare alcun tipo di cambiamento circa la distribuzione del potere politico. Sempre più persone sono consapevoli dell’inutilità delle elezioni, ma per paura di rappresaglie da parte degli agenti del regime continuano a iscriversi nelle liste elettorali, afferma Bheki Dlamini.

Luciana Buttini

Laureata in Scienze della Mediazione Linguistica e Specializzata in Lingue per la cooperazione e la collaborazione internazionale, lavora come traduttrice freelance dal francese e dall'inglese in vari ambiti.

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