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Razzismo, a Padova uno sportello per combatterlo

Oggi in Italia c’è un’emergenza razzismo? Il fenomeno, da molti considerato inaccettabile, nei fatti sembra essere tutt’altro che estraneo da pensieri e azioni quotidiane. Innanzitutto, la cronaca recente dimostra quanto il pregiudizio e la violenza etnico-religiosa, sia verbale che fisica, siano diffuse. Ecco alcuni fatti accaduti pochi mesi fa – per le notizie complete consultare Cronache di ordinario razzismo e Cirdi – :

aggressione per “futili motivi”ai danni di un giovane immigrato da parte di due italiani; violenza fisica e verbale di radice razzista nei confronti di un africano di 17 anni; lancio di una molotov contro un centro che ospita migranti; intimidazione per proprietario di B&B che vuole ospitare 7 migranti stranieri nella sua struttura; cittadini bengalesi picchiati in piazza; intimidazione a mano armato verso tre ragazzi centrafricani; insulti ed aggressioni a danno di tre giovani migranti da parte di un gruppo di italiani all’uscita di un supermercato.

La lista sarebbe ancora lunga e comprende fatti fin troppo noti come quelli accaduti a Macerata. Dal Nord al Sud d’Italia, senza confini, cittadini italiani si sono scagliati contro persone di colore, spesso migranti, con parole offensive, gesti di aggressione anche molto grave e atteggiamenti volutamente discriminatori.

Il fenomeno, dunque, esiste. Lo sanno bene alcuni giovani afro-italiani di Padova. Nati in Italia e i cui genitori provengono da differenti Paesi dell’Africa, hanno fondato l’associazione Arising Africans, per far sentire le proprie voci nella lotta contro stereotipi, che troppo spesso alimentano sentimenti razzisti.

La voglia di reagire in modo concreto per combattere false convinzioni e violenze è scattata dopo aver vissuto, direttamente e non, atti di discriminazione. Insulti razzisti, aggressioni fisiche gravi, offese vergognose come – per esempio – quelle subite da una donna di colore sull’autobus, chiamata “scimmia” dall’autista (il ricordo va alla frase di Calderoli contro la ministra di colore Kyenge, definita un “orango”) hanno reso consapevoli i giovani della necessità di attivarsi.

Dal sentimento frustrante di impotenza dinanzi a tanto ingiustificato odio si è passati all’azione. Oltre alle attività-laboratorio con i giovani e nelle scuole, Arising Africans ha appena inaugurato uno sportello contro discriminazioni e razzismo a Padova, disponibile tutti i giovedì.

Lo scopo è di offrire assistenza, accompagnamento, ascolto, tutela specializzata con operatori formati grazie a corsi dell’Osservatorio regionale, psicologi ed esperti legali. I destinatari dello sportello sono tutte le persone di colore che hanno subito soprusi fisici e verbali e che vogliono supporto, non sapendo come difendersi. Per questo l’iniziativa mira a creare una vera rete di sostegno, con un ruolo attivo anche degli operatori dell’associazione socio-culturale CATAI, importanti per l’ambito dello sfruttamento lavorativo.

Immagine tratta dalla pagina Facebook di Arising Africans

Ada Ugo Abara, di Arising Africans, sottolinea l’importanza di questo strumento. “L’obiettivo è rompere la catena viziosa che spesso proprio istituzioni e politici alimentano. Se, infatti, continua l’implicita accettazione da parte della classe governativa di qualsiasi frase o espressione offensiva contro migranti e persone di colore e, soprattutto, se si percepiscono gli stranieri come deboli, ignoranti e quindi incapaci di difendersi, il razzismo non cesserà“.

Lo sportello deve essere solo l’inizio di un cammino molto più lungo, in cui deve necessariamente entrare la politica. E l’educazione civica. Ada insiste sulle parole uguaglianza e inclusività. “Troppo diffusa è ancora l’idea imperialista di cittadinanze di serie A e B, per la quale i diritti non sono per tutti gli stessi perché escludono in base a quella che loro chiamano razza“.

Dare assistenza, quindi, e fornire conoscenza. Due priorità che viaggiano insieme. Per questo, lo sportello contro le discriminazioni si affianca alla costante attività di coinvolgimento dei ragazzi.
Ada spiega come uno degli strumenti più semplici per far crescere la consapevolezza dell’uguaglianza sia partire dalle domande dei giovani. “Cosa vorresti sapere su di me come straniero?“: un quesito che può aprire le strade della tolleranza e abbattere paura e odio.

I dati sugli episodi razzisti in Italia non sono confortanti. Secondo l’UNAR (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni razziali) nel 2016 si sono verificati 7 casi al giorno di insulti o aggressioni razziste. 2652 sono state le istruttorie per eventi di discriminazione ritenuti validi. Il 69% di questi hanno registrato motivazioni etnico-razziali.
Le Forze dell’Ordine, nel 2015, hanno segnalato 555 crimini d’odio, dei quali 369 con radici xenofobe e razziste.

La commissione d’indagine del Parlamento italiano su intolleranza, xenofobia, razzismo e fenomeni d’odio ha reso noto, nella relazione finale del 6 luglio 2017, l’esistenza di una vera piramide dell’odio. Quali sono le basi? Ignoranza, false rappresentazioni, stereotipi, linguaggio ostile normalizzato, diffusione incontrollata dell’hate speech.

Tra i dati emergenti c’è quello sugli italiani (la metà) convinti che la diversità etnica renda peggiore il posto in cui si vive, aumentando la criminalità. La maggior parte dei cittadini in Italia, inoltre, crede che gli immigrati residenti sul suolo nazionale siano il 30% della popolazione, invece che l’8% e che i musulmani ammontino al 20%, anziché al 4% reale. D’altronde Ipsos Mori ha rilevato qualche anno fa come il nostro Paese abbia il più alto tasso di ignoranza del mondo per quanto riguarda i temi migratori.

Quali le conseguenze comportamentali? Molte sono le persone che si rifugiano in atteggiamenti razzisti che, come sottolinea il report della Commissione, si affermano in modi nuovi. Il fenomeno del razzismo oggi non è tanto incentrato sulla “razza”, quanto piuttosto sulle diversità culturali. Modi di vivere diversi, origini differenti, culture non uguali alle nostre generano pregiudizio, discriminazione, separazione. Spesso le persone dichiarano “Io non sono razzista però“. Come sottolinea la commissione parlamentare:

Il “però” caratterizza il razzista contemporaneo anche quando non si accorge di essere tale ma di fatto squalifica persone o gruppi considerati diversi dal proprio, manifestando intolleranza e ostacolando la pacifica convivenza tra persone provenienti da Paesi e culture diverse.

Di conseguenza, la diffusione dello slogan “prima gli italiani” per quanto riguarda casa, lavoro e servizi sociali. Ignorando, anche in questo caso, dati reali come la produzione di 8,6% del PIL da parte degli stranieri per un introito di 3,9 miliardi di euro per lo Stato.

Campagna Conta fino a 10 – Amnesty International da pagina Twitter

È importante sottolineare, inoltre, quanto pericolosa sia la dilagante diffusione del linguaggio dell’odio. Amnesty International ha studiato i discorsi politici durante la campagna elettorale italiana e ha costruito un barometro dell’odio. Il razzismo non può che cibarsi di espressioni come “belve”, “vermi”, “assassini”, “portatori di malattie” riferiti a stranieri, profughi e immigrati nelle parole proprio dei politici.

Il circolo vizioso che Ada e Arising Africans vogliono rompere in nome di una vera giustizia parte da qui. Un augurio allo sportello antidiscriminazione: perché possa iniziare a educare le persone al rispetto.

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