9 Novembre 2024

Antisemitismo, la forma d’odio più antica della storia

[Traduzione a cura di Anna Corsanello, dall’articolo originale di Gervase Phillips pubblicato su The Conversation]

L’antisemitismo è in marcia. Lo vediamo nei dimostranti di estrema destra a Charlottesville, in Virginia, con lo slogan “sangue e terra” e i cartelli “gli Ebrei non ci rimpiazzeranno”, negli attacchi alle sinagoghe in Svezia, negli incendi dolosi dei ristoranti kosher in Francia e nell’impennata dei crimini d’odio contro gli Ebrei nel Regno Unito. L’antisemitismo sembra avere trovato una rinnovata voglia di vivere.

I conflitti apparentemente infiniti nel Medio Oriente hanno peggiorato il problema, dal momento che generano in Occidente politiche interne che dividono. Si può attribuire l’avanzata dell’antisemitismo all’ascesa del populismo di destra o all’influenza del fondamentalismo islamico? Una cosa è chiara: l’antisemitismo è qui e sta peggiorando.

L’antisemitismo solleva la sua minacciosa testa in ogni ambito della vita pubblica, che si tratti di dibattiti all’interno dei partiti politici o di accuse di reti o trame cospiratorie nella politica e negli affari. O persino nelle accuse che il comportamento da predatore sessuale del magnate di Hollywood Harvey Weinstein sia in qualche modo collegato alle sue origini ebraiche.

Tuttavia, concentrandoci esclusivamente sul contesto contemporaneo dell’antisemitismo moderno, ci sfugge una realtà fondamentale, anche se molto scoraggiante. Jeffrey Goldberg, editore della rivista The Atlantic non sbaglia quando afferma che stiamo assistendo al riemergere di un’ostilità antica e profondamente radicata nei confronti degli Ebrei, mentre gli eventi barbarici della Seconda guerra mondiale svaniscono dalla memoria collettiva.

Goldberg afferma che per 70 anni, all’ombra dei campi di morte, l’antisemitismo è stato culturalmente, politicamente e intellettualmente inaccettabile, ma ora “stiamo assistendo… all’epilogo di un’epoca insolita nella vita europea, l’era della dispensa ebraica post-Olocausto“. Senza la comprensione delle profonde radici dell’antisemitismo, il significato oscuro dell’attuale tendenza potrebbe non essere capito del tutto e l’odio potrebbe influenzare incontrastato l’opinione popolare.

L’antisemitismo è stato denominato la forma d’odio più antica della Storia e ha dimostrato un’incredibile capacità di adattamento. Deriva, ed è sostenuto, da forti precedenti e da stereotipi ereditati, ma sa anche assumere forme variabili per riflettere i timori contingenti e le ansie di un mondo in continua evoluzione. In questo senso, è la manifestazione moderna di un pregiudizio antico, che alcuni studiosi credono risalire all’Antichità e al Medioevo.

Un’antica tradizione di odio

La parola “antisemitismo” fu resa popolare dal giornalista tedesco Wilhelm Marr, il cui opuscolo Der Sieg des Judenthums über das Germenthum [La vittoria del Giudaismo sul Germanismo], fu pubblicato nel 1879. In apparenza, Marr era un uomo moderno e laico. Respinse esplicitamente le antiche ma infondate accuse cristiane da tempo rivolte contro gli Ebrei, secondo cui questi ultimi sarebbero deicidi e coinvolti nell’uccisione rituale di bambini cristiani. Invece, si avvicinò alle teorie alla moda dell’accademico francese Ernest Renan (che considerava la Storia come una gara modellante il mondo tra gli Ebrei Semiti e gli Indoeuropei Ariani). Marr insinuò che la minaccia ebraica alla Germania fosse di tipo razziale, derivante dalla loro natura immutabile e distruttiva, dalle loro “caratteristiche tribali” e “dall’essenza straniera”.

Gli antisemiti come Marr si sono battuti per la dignità intellettuale negando qualsiasi connessione tra la loro ideologia moderna e laica e l’irrazionale, superstizioso bigottismo del passato. È una tattica che viene impiegata da alcuni antisemiti contemporanei che si allineano all‘antisionismo, un’ideologia la cui definizione precisa provoca di conseguenza notevoli controversie. Tuttavia, questa incessante ostilità verso gli Ebrei dai tempi premoderni ai tempi moderni è evidente a molti.

Lo storico americano Joshua Trachtenber, durante la Seconda guerra mondiale, appuntava:

L’antisemitismo moderno cosiddetto “scientifico” non è un’invenzione di Hitler… è fiorito principalmente nell’Europa centrale e orientale, dove idee e condizioni medievali hanno persistito fino ad oggi e dove la concezione medievale dell’Ebreo che sottende la prevalente antipatia emotiva verso di lui era ed è ancora, profondamente radicata.

Sito dell’Olocausto, Auschwitz, Polonia

In realtà, fino all’Olocausto, l’antisemitismo si è diffuso in Europa occidentale come in Europa centrale o orientale. Si consideri, per esempio, come la società francese fosse tristemente divisa negli anni 1894-1906, dopo che il capitano Alfred Dreyfus, ufficiale ebreo dell’esercito, fu erroneamente accusato e condannato di essere una spia per conto della Germania. I conservatori si schierarono contro i liberali e i socialisti, e i cattolici contro gli ebrei.

Trachtenberg, tuttavia, senza dubbio non sbagliava nel suggerire che molti di coloro che hanno plasmato l’antisemitismo moderno siano stati profondamente influenzati dalla più vecchia tradizione “medievale” di fanatismo religioso. L’autore russo dei famigerati Protocolli di Sion – una falsificazione grezza e sgradevole, ma tragicamente influente, che sostiene una cospirazione mondiale degli Ebrei – è il reazionario politico, ultra-ortodosso e sedicente mistico Sergej Nilus.

Influenzato dal timore e dal risentimento per le sfide poste dalla modernità alla religione tradizionale, alle gerarchie sociali e alla cultura, Nilus era convinto che la venuta dell’Anticristo fosse imminente e che coloro che non credevano nell’esistenza “dei savi di Sion” fossero semplicemente vittime “del più grande inganno di Satana”.

Di conseguenza l’antisemitismo moderno non può essere separato facilmente dai suoi antecedenti premoderni. La teologa cattolica Rosemary Ruether ha osservato:

L’Ebreo del mito, che è l’eterno nemico cospiratore della fede cristiana, della spiritualità e della redenzione, è stato … creato per fungere da capro espiatorio per [i mali della] società industriale secolare.

Antisemitismo nell’Antichità?

Alcuni studiosi guardano al mondo pre-Cristiano e vedono negli atteggiamenti degli Antichi Greci e Romani le origini di un’ostilità persistente. L’esperto di studi religiosi Peter Schäfer crede che la natura esclusiva della fede ebraica monoteistica, l’apparente arroganza di sentirsi un popolo scelto, il rifiuto dei matrimoni misti, il rispetto del Sabbath e la pratica della circoncisione abbiano marcato gli Ebrei nell’antichità provocando un particolare astio.

Cicerone, politico romano

Non è difficile trovare esempi di ostilità verso gli Ebrei nelle fonti classiche. Il politico e avvocato Cicerone (106-43 a.C.) una volta ha ricordato a una giuria “l’odio per l’oro ebraico” e come “[restano uniti]” e sono “influenti nelle assemblee informali“. Lo storico romano Tacito (ca. 56-120 d.C.) era sprezzante delle “rozze e abominevoli” abitudini ebraiche ed era profondamente turbato dai suoi compatrioti che avevano rinunciato agli dei ancestrali e si erano convertiti all’Ebraismo. Il poeta e autore satirico romano Giovenale (ca.55-130 d.C.) ha condiviso la sua repulsione nei confronti del comportamento dei convertiti all’Ebraismo oltre ad accusare in generale gli Ebrei di essere chiassosi e ubriaconi.

Questi pochi esempi possono denotare l’esistenza dell’antisemitismo nell’Antichità, ma non c’è motivo di credere che gli Ebrei fossero oggetto di un pregiudizio specifico oltre al disprezzo generalizzato che sia Greci che Romani dimostravano verso i “barbari” – soprattutto nei confronti di popoli conquistati e colonizzati. Giovenale era altrettanto irrispettoso riguardo ai Greci e agli altri stranieri a Roma, quanto lo era nei confronti degli Ebrei. Si lamentava violentemente: “Non posso sopportare…una città di Roma greca. E poi quale parte della feccia arriva dalla Grecia?” Una volta riconosciuta la piena portata del pregiudizio di Giovenale, le sue osservazioni maligne sugli Ebrei potrebbero essere intese più come indicative di una xenofobia complessivamente più radicale.

Gli “assassini di Cristo”

Le basi più evidenti dell’antisemitismo si ritrovano nella teologia dei primi Cristiani. La tradizione dell’Adversus Judaeos [Omelie contro gli Ebrei] è stata instaurata presto nella storia della religione. A un certo punto, intorno al 140 d.C., l’apologeta cristiano Giustino Martire insegnava a Roma. Nella sua opera più famosa, Dialogo con Trifone il Giudeo, Giustino si sforza di rispondere a Trifone quando quest’ultimo indica la posizione contraddittoria dei Cristiani che avevano affermato di accettare la scrittura ebraica ma si rifiutavano di seguire la Torah (la legge ebraica).

Giustino risponde che le richieste della legge ebraica erano destinate solo agli Ebrei come punizione divina. Pur accettando ancora una possibilità di salvezza per gli Ebrei, sosteneva che la vecchia alleanza era finita, dicendo a Trifone: “Dovresti capire che [i doni della grazia di Dio] precedentemente tra la vostra nazione sono stati trasferiti a noi.” Giustino, tuttavia, non si preoccupava esattamente per gli Ebrei, ma per i suoi compagni Cristiani. In un’era in cui la distinzione fra Ebraismo e Cristianesimo era ancora vaga e fazioni rivali si contendevano i seguaci, Giustino si sforzava di evitare che i gentili convertiti al Cristianesimo osservassero la Torah, per timore che fossero accolti completamente dall’Ebraismo.

Denigrare gli Ebrei era una parte fondamentale della strategia retorica di Giustino. Asseriva che erano colpevoli di perseguitare i Cristiani e avevano fatto così sin da quando “avevano ucciso il Cristo”. Si trattava di un’accusa pesante, presto utilizzata nuovamente nelle opere di altri padri della Chiesa come Tertulliano (ca.160-225 d.C.) che si riferisce alle “sinagoghe dei Giudei” come “fontane di persecuzione“.

Lo scopo di utilizzare tali invettive era quello di stabilizzare i dibattiti interni alle congregazioni cristiane. “Gli Ebrei” in questi testi erano un simbolo. Le accuse non riflettevano il comportamento o le credenze reali degli Ebrei. Quando Tertulliano tenta di confutare gli insegnamenti dualisti dell’eretico cristiano Marcione (ca. 144 d.C.), deve dimostrare che il Dio vendicativo del Vecchio Testamento è effettivamente lo stesso Dio compassionevole e misericordioso del Nuovo Testamento cristiano. Ci riesce presentando gli Ebrei come particolarmente malvagi e particolarmente meritevoli di una rabbia motivata; è in questo modo, sostiene Tertulliano, che i comportamenti ebraici e i peccati ebraici spiegano il contrasto fra il Vecchio e il Nuovo Testamento.

Ritratto di Martin Lutero di Lucas Cranach, 1529

Per dimostrare questa particolare malevolenza, Tertulliano descrive gli Ebrei affermando che negano i profeti, respingono Gesù, perseguitano i Cristiani e si ribellano a Dio. Questi stereotipi hanno modellato gli atteggiamenti cristiani nei confronti degli Ebrei dalla tarda Antichità fino al periodo medievale, lasciando le comunità ebraiche vulnerabili a periodici scoppi di persecuzione, dai massacri, come avvenne a York nel 1190, “alla pulizia etnica”, alle espulsioni dall’Inghilterra nel 1290, dalla Francia nel 1306 e dalla Spagna nel 1492.

Nonostante a soffrire siano state spesso persone reali a causa di questo sgradevole pregiudizio, l’antisemitismo come concetto deve la sua longevità in gran parte al suo potere simbolico e retorico. Lo storico americano David Nirenberg conclude che “l’antigiudaismo era uno strumento che poteva essere utilmente impiegato in quasi tutti i problemi, un’arma che poteva essere schierata su quasi tutti i fronti“. E quest’arma è stata brandita con effetti devastanti per secoli. Quando Martin Lutero tuonò contro il papato nel 1543, denunciò la Chiesa romana come “la Sinagoga del diavolo” e l’ortodossia cattolica come “ebraica” per la sua avidità e il suo materialismo. Nel 1790, il conservatore Anglo-Irlandese Edmund Burke pubblicò il suo manifesto, Riflessioni sulla rivoluzione in Francia e condannò i rivoluzionari definendoli “agenti di cambio Giudei” e parlando di “vecchio ghetto”.

Dal marxismo a Hollywood

Nonostante l’ascendenza ebraica di Karl Marx, il marxismo è stato contaminato sin dalla sua nascita dall’antisemitismo. Nel 1843 Karl Marx identificò il capitalismo moderno come il risultato della “Giudaizzazione” del Cristiano:

L’Ebreo si è emancipato in modo giudaico non solo in quanto si è appropriato della potenza del denaro, ma altresì in quanto il denaro per mezzo di lui e senza di lui è diventato una potenza mondiale, e lo spirito pratico dell’Ebreo è diventato lo spirito pratico dei popoli cristiani. Gli Ebrei si sono emancipati nella misura in cui i Cristiani sono diventati Ebrei… Il denaro è il geloso Dio d’Israele, di fronte al quale nessun altro Dio può esistere… Il Dio degli Ebrei si è secolarizzato, è divenuto un Dio mondano.

Dall’altro lato dello spettro politico ci sono coloro che sono ancora pronti a schierare nelle dissertazioni politiche occidentali ciò a cui Nirenberg si è riferito come “il linguaggio del vituperio più potente disponibile”, usando comunemente la lingua della cospirazione, delle reti e degli  intrecci. Nel 2002, il giornale di sinistra New Statesman ha pubblicato articoli di Dennis Sewell e di John Pilger, che esaminavano l’esistenza di una “lobby pro-Israele” in Gran Bretagna. I loro articoli, tuttavia, si sono rivelati meno controversi dell’illustrazione di copertina scelta per introdurre il tema, che attirava l’attenzione sugli stereotipi familiari delle segrete macchinazioni ebraiche e del loro dominio sugli interessi nazionali: una stella di Davide dorata sulla Union Jack e il titolo “Una cospirazione kosher?”. L’anno successivo il deputato veterano laburista Tam Dalyell ha accusato l’allora primo ministro Tony Blair di “essere eccessivamente influenzato da una congrega di consiglieri ebrei”. Ancora una volta è la lingua ad essere usata.

 

All’estrema destra, i suprematisti bianchi si sono affrettati a mostrare le proprie fantasie radicate nel tempo sul potere e sugli illeciti ebraici riguardo agli eventi contemporanei, anche se apparentemente irrilevanti. È stato subito evidente nell’agosto del 2017, quando il futuro dei memoriali in onore di coloro che si erano ribellati all’Unione e avevano difeso la schiavitù durante la guerra civile americana divenne il centro di un intenso dibattito negli Stati Uniti. A Charlottesville, in Virginia, dei dimostranti che protestavano contro la rimozione di una statua del Generale Confederato Robert E. Lee, hanno cominciato a ripetere lo slogan “gli Ebrei non ci rimpiazzeranno“. Quando la giornalista Elspeth Reeve ha chiesto a uno di loro perché, quest’ultimo ha risposto che la città era “gestita da Ebrei comunisti“.

Quando le gravi accuse di cattiva condotta sessuale contro Weinstein sono state pubblicate dal New York Times nell’ottobre 2017, è stato subito scelto dall’estrema destra come rappresentante “dell’eterno nemico cospirativo” della società americana nel suo complesso. David Duke, ex capo del Ku Klux Klan, avrebbe scritto sul suo sito web che la “storia di Harvey Weinstein … è un caso di studio nella natura corrosiva della dominazione ebraica dei media e delle industrie culturali“.

Le forme d’odio del nostro tempo

Graffiti con scritto “Israhell” (gioco di parole tra Israele e Hell =inferno) accanto a una svastica su un muro a Victoria, Londra, nell’aprile 2017

Per rispondere a questo linguaggio, Emma Green di The Atlantic ha commentato in modo arguto su come “la permanenza degli stereotipi antisemiti e la facilità con cui si infilano in tutte le manifestazioni di fanatismo, è un terrificante promemoria di come le forme d’odio del nostro tempo intreccino rime con la Storia e siano facilmente convogliate attraverso menzogne antisemite senza tempo“.

Come mostra la crescita del numero di crimini d’odio antisemita, il pericolo è reale. Questo modo particolare di considerare il mondo ha sempre mantenuto il potenziale di trasformare l’odio per l’Ebreo simbolo nella reale persecuzione di veri Ebrei. Data la marcata crescita di incidenti antisemiti registrata nel 2017, siamo ora di fronte all’inquietante prospettiva che questo fanatismo diventi “normale”.

Il Congresso ebraico europeo, ad esempio, ha espresso “seria preoccupazione” sull’aumento di azioni antisemite in Polonia sotto il governo di destra che ha vinto le elezioni parlamentari del 2015 con la maggioranza assoluta. Il gruppo ha affermato che il Governo stava “chiudendo… le comunicazioni con i rappresentanti ufficiali della comunità ebraica” e c’era “una proliferazione degli slogan fascisti e di commenti sconvolgenti sui social media e in televisione, come pure l’esposizione di bandiere del gruppo nazionalista alle cerimonie di Stato“.

In risposta a questi timori, nel 2018 l’Agenzia dell’Unione Europea per i diritti fondamentali condurrà un’indagine sull’antisemitismo nell’Unione Europea. Il direttore dell’agenzia, Michael O’Flaherty, ha commentato, correttamente: “L’antisemitismo rimane una seria preoccupazione in tutta Europa nonostante i ripetuti sforzi per eliminare questi pregiudizi secolari.

Date le profonde radici storiche del fenomeno e la sua capacità di sfidare le epoche reinventandosi, sarebbe facile essere pessimisti circa la prospettiva di un altro sforzo per “soffocarlo”. Tuttavia, una consapevolezza storica della natura dell’antisemitismo può dimostrarsi un alleato potente per coloro che sfiderebbero il pregiudizio. Gli stereotipi e le offese passate possono celarsi dietro vesti moderne, ma anche deboli accuse di lobby cospiratorie e congreghe dovrebbero essere riconosciute per quello che sono: la mobilitazione di un linguaggio e di un’ideologia di avversione antiche per cui non ci dovrebbe essere posto nel nostro tempo.

Anna Corsanello

Traduttrice dall’inglese e dal russo per professione e per passione. Ama il suo lavoro perché le permette di imparare sempre qualcosa di nuovo e di mettere a disposizione degli altri questa conoscenza.

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