Raccontare la Siria, il ruolo di social, reportage 2.0 e archivi

[Da quando è scoppiata la guerra in Siria – marzo 2011, a seguito delle proteste di piazza della popolazione siriana contro il presidente Bashar al-Assad – le notizie che abbiamo letto sulla stampa e i media occidentali sono state spesso frammentate e poco organiche. Per ricostruire un quadro quanto più possibile esaustivo del conflitto, delle sue tappe e degli attori in campo, è necessario leggere e mettere a confronto la stampa internazionale e le voci dirette di attivisti e giornalisti siriani. Per questo abbiamo ritenuto opportuno segnalare in questo articolo siti, giornali e piattaforme web che cercano di tenere viva la memoria storica di quanto sta accadendo, segnalando testimonianze e articoli giornalistici dal e sul Paese mediorientale afflitto da una guerra e da una violenza sui civili che somiglia sempre più a un massacro e di cui non si vede la fine.]

 

Farò del mio dolore inchiostro/e verserò righe di sentimento/e la paralisi dei miei gesti/si scontrerà/con la vita delle mie parole/Come un turbine/la guerra delle armi/la guerra del cuore.

La poesia “Inchiostro” è della giovane giornalista-scrittrice italo-siriana Asmae Dachan. Che, quando è iniziata la guerra in Siria, ha deciso “di dedicarsi anima e corpo alla questione siriana”.

Perché un’informazione ufficiale in Siria non esiste. E – ricorda Asmae – è importante il “lavoro dei giovani aspiranti giornalisti del luogo, che attraverso la Rete, riescono a raccontare cosa accade”.

Home Page del sito Syrian Prints Archive
Home Page del sito Syrian Prints Archive

Parlando dell’esperienza siriana, Domenico Quirico ha raccontato il fallimento del giornalismo: “Cosa ha fatto la stampa per la Siria? Nulla. Dopo anni di conflitto e migliaia di vittime, non siamo riusciti a mobilitare le persone. Neanche una manifestazione è stata fatta, nessuno che dicesse ‘non ci deve essere più nemmeno un morto’”.

Mentre Mimmo Candito, autore di “C’erano i reporter di guerra” (Baldini e Castoldi) ribadisce l’importanza di questa figura oggi apparentemente in crisi, che nel suo libro diventa il “simbolo della ricerca costante della verità in un territorio dove i pericoli, i rischi, le minacce, non sono soltanto quelli d’una cannonata o d’una mina, o d’una milizia jihadista di tagliagole invasati, ma riguardano le difficoltà di verifica delle informazioni e i tentativi sempre più sofisticati di disinformazione”.

De resto, l’Associazione dei giornalisti siriani (SJA) dall’inizio della rivoluzione siriana (metà marzo 2011) ha documentato l’uccisione di 420 attivisti di vario genere nel mondo dei media. Senza contare i ferimenti e le detenzioni.

Eppure, dopo lo scoppio della rivoluzione siriana, e poi del conflitto, diverse sono le testate del Paese che hanno provato a farsi spazio, nonostante i problemi legati alla continuità di pubblicazione e all’accessibilità delle piattaforme utilizzate (alcune di queste sono state divulgate soltanto attraverso la mail o Facebook).

Per questo, il sito Syrian Prints Archive, un progetto online indipendente, si è posto l’obiettivo di  mantenere la memoria delle diverse testate uscite in Siria (giornali, riviste, periodici) o che parlano della Siria. Classificando – rigorosamente in ordine alfabetico, in base al luogo e alla periodicità di emissione – le testate che sono apparse in tutte le fasi della rivoluzione siriana. E documentando così una parte importante della storia recente del Paese, narrata anche attraverso i suoi cambiamenti.

Peraltro, il sito dispone di un motore di ricerca interno per favorire il più possibile la fruizione di contenuti altrimenti difficilmente reperibili, dando voce al pluralismo politico e sociale espresso nei diversi media.

Searching for Syria, è invece il portale che l’UNHCR, l’agenzia ONU per i rifugiati, ha messo a punto per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema dei rifugiati.

La forza del portale è di essere in cinque lingue, e suddiviso in diverse macroaree tematiche e cronologiche per rendere più facilmente fruibile e interattivo lo storytelling attraverso testi, video, grafiche e approfondimenti in box.

Ancora, sul fronte del citizen journalism, Syria Tracker è una iniziativa frutto del crowdsourcing che, a partire dal 2011, si è incaricata di monitorare le notizie  e gli aggiornamenti pubblicati sui social media, puntando anche ad una intensa attività di fact-checking.

Anche una testata come il Time non si è sottratta alla forza dei social. Tanto da scegliere di puntare sul reportage sviluppato su Instagram, come per esempio Time Finding Home, in cui viene narrata la vita dei rifugiati arrivati in Europa dalla Siria.

Infine, il sito Syria Untold, che ha visto la luce nel 2012, si propone come piattaforma giornalistica online in arabo e in inglese per dare voce soprattutto alla vita della società civile in Siria dopo il 2011 e cercare di far comprendere questa realtà ad un pubblico quanto più possibile internazionale.

Elena Paparelli

Giornalista freelance, lavora attualmente in Rai. Ha pubblicato tra gli altri i libri “Technovintage-Storia romantica degli strumenti di comunicazione” e “Favole per (quasi) adulti dal mondo animale”.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *