Stavolta si parte dall’ultim’ora: le reazioni all’imminente avvio dell’iter legale contro WikiLeaks e Julian Assange da parte delle autorità Usa e all’incontro fra Donald Trump e il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni. Rispetto al primo evento, forte l’eco su testate progressiste e sui social media, dove si sottolinea un punto cruciale: “Assange potrebbe diventare il primo giornalista dell’epoca moderna a essere processato dai giudici americani per aver pubblicato informazioni segrete”, scrive Wired interpretando il sentimento generale. Da cui l’inevitabile corollario, cioè che la manovra potrebbe rivelarsi una seria minaccia alla libertà di stampa nel suo insieme – come non manca di sottolineare pure Edward Snowden.
Mentre James Goodale, avvocato difensore del New York Times nel processo dei Pentagon Papers del 1971, ritiene che il Dipartimento di Giustizia non abbia elementi probatori per l’incriminazione, su Twitter la gran parte degli interventi è decisamente a favore di WikiLeaks e contro l’eventuale estradizione di Assange. Il caso è appena agli inizi, anzi neppure formalmente aperto, ma di certo opinione pubblica e media ne seguiranno gli sviluppi con molta attenzione.
Rispetto invece al secondo evento, a dire il vero qui se ne è parlato assai poco. Pur se la Casa Bianca sembra aver promesso un maggior impegno della Nato sui flussi dei migranti, oltre ad aver discusso di lotta al terrorismo, Siria e Corea, il cosiddetto “vertice Trump-Gentiloni” ha avuto scarsa eco perfino sui social media. A parte ovviamente i rilanci dell’account ufficiale @POTUS e più di qualche battuta sarcastica (come il tweet qui sopra).
Tornando alla #TaxMarch di sabato 15 aprile, si stimano in oltre 125.000 le persone scese in piazza (tra l’evento nazionale a Washington, altri sparsi a livello locale e altri ancora in varie città del mondo), hanno ribadito la centralità della trasparenza sui conflitti d’interessi di Trump e la diffusione della sua dichiarazione dei redditi. Eppure quest’ultimo non ha perso occasione per (far finta di) ignorare nuovamente le richieste dei cittadini, considerando la questione ormai superata e urlando anzi su Twitter che “la campagna elettorale è finita!”.
Neppure sembra interessarsi alla costante picchiata degli indici di gradimento: secondo l’ultimo poll della Gallup. Avvicinandosi ai fatidici 100 giorni dalla sua investitura, soltanto il 45 per cento dei cittadini ritiene che Trump stia mantenendo le sue promesse, rispetto al 62 per cento registrato in febbraio – un caduta di 16 punti percentuali nel giro di due mesi. Trend analogo perfino tra gli interpellati che lo hanno votato: meno 11 punti tra i Repubblicani e meno 9 punti nel fronte conservatore. E rispetto alla sua onestà e affidabilità in generale, il calo va dal 42 per cento al 36 per cento.
Riguardo anzi alla convinzione dell’Amministrazione di “aver fatto più di F.D. Roosevelt” nel suo primo cruciale periodo, il Washington Post propone un dettagliato fact-checking (che merita attenta lettura e riflessione) da cui emerge l’esatto
Intanto si lavora alla preparazione della prossima protesta nazionale nella capitale, sabato 22 aprile: la March for Science. È anzi un evento internazionale (sotto l’hastag #GlobalScienceMarch) teso a mettere in luce la necessità di decisioni basate su prove concrete. (Prevista una manifestazione nella mattinata anche a Milano, davanti al Consolato Usa). Obiettivo primario è l’esplicito atteggiamento della nuova Amministrazione contro il cambiamento climatico e le numerose ricerche e dati scientifici che lo confermano, Come sintetizza l’omonimo sitoweb:
È il primo passo del movimento globale per tutelare il ruolo vitale svolto dalla scienza in settori quali salute, sicurezza, economia, governo…. Siamo uniti come gruppo non-partitico e a sostegno della scienza per il bene pubblico e per fornire a leader politici e policy-maker le prove necessarie per emanare policy di interesse pubblico.
Nel frattempo, su un altro fronte caldo, quello dell’istruzione, Bernie Sanders ha presentato (co-firmatari Elizabeth Warren e 14 deputati democratici alla Camera)rendere gratuito college e università a studenti di famiglie con reddito annuale inferiore ai 125.000 dollari. Il “College for All Act” concretizza uno dei pilastri della sua campagna per la candidatura presidenziale dello scorso anno, nelle cui primarie raccolse il voto di quasi i 3/4 degli elettori democratici sotto i 35 anni. Secondo Sanders, si tratta anzi di un importante strumento di attivismo e partecipazione nell’odierna fase di taglio ai programmi sociali:
Il nostro compito è far avanzare l’agenda progressista. Il nostro impegno è quello di essere presenti in ogni Stato del Paese… Possiamo vincere questa battaglia se milioni di americani si faranno avanti a sostegno della legge…
apposita tassa sulle speculazioni di Wall Street.
un’Altra iniziativa importante, anche in risposta all’ondata di fake news e disinformazione che caratterizzano la gestione Trump, è USAFacts: il ritratto della popolazione americana basato su dati e fonti governative, mirato in particolare a renderne pubblico finanze e investimenti, spese e attività imprenditoriali. Il progetto (voluto e finanziato da Steve Ballmer, ex CEO di Microsoft, e curato da un piccolo gruppo di esperti e ricercatori) vuole indagare l’applicazione del dettato costituzionale rispetto alle attività governative.
Una non-profit a favore della trasparenza e dell’interesse pubblico, senza prendere posizione, ma lasciando decidere ai cittadini se il “governo spende in modo saggio o meno, se la qualità della vita va migliorando o peggiorando“. Altro punto qualificante, si proverà a capire chi è davvero “the people” oggi, fornendo dati accurati sull’andamento di famiglie e individui, sui dettagli demografici di un’ampia popolazione (oltre 325 milioni) in perenne cambiamento.
Nello stesso ambito, parte poi un progetto mirato a “contrastare la crescente sfiducia nelle testate mediatiche e incrementare l’alfabetizzazione sull’informazione“. Grazie a ai 14 milioni di dollari stanziati da 19 partner internazionali, inclusi nomi quali Craig Newmark (Craigslist), Facebook e Mozilla, la News Integrity Initiative sarà gestita dalla CUNY Graduate School of Journalism sotto l’egida di Jeff Jarvis, noto giornalista e docente. Si punta a lavorare con le redazioni per assicurare veridicità e qualità delle notizie e per “offrire agli utenti gli strumenti necessari per saper discernere l’informazione che circola online“, aggiunge Campbell Brown,
Queste (e altre) iniziative in corso confermano dunque la presenza di un forte movimento di resistenza. Ma quanto riuscirà a tener duro? È la domanda-chiave che emerge all’approssimarsi della scadenza simbolica ma significativa dei primi 100 giorni dell’era Trump (quando si chiuderà anche questa nostra rubrica sull’altrAmerica, sabato prossimo 29 aprile). Molti sono convinti che l’impegno rimarrà costante, e anzi in futuro non potrà che aumentare e diversificarsi ulteriormente. La pensa così pure il senatore Al Franken, che (tramite Moveon.org) lancia un appello a non demordere: “Trump governa tramite il caos. Vuole sfiancarci e farci rallentare, ma non riuscirà ad avere partita vinta“.