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Passaporto africano, utopia o concreta possibilità?

Un passaporto “africano”, che permetterà a tutti i cittadini di muoversi da un posto all’altro di questo immenso continente attraversandone senza difficoltà i confini. È lo scopo del documento rilasciato – per ora come atto simbolico di pan-africanismo – dall’Unione Africana al termine del recente summit ospitato a Kigali.

Utopia o concreta possibilità?

Per cominciare, sembra che il passaporto africano sarà disponibile per ministri degli Esteri e corpo diplomatico, ma entro il 2018 dovrebbe essere esteso a tutti i cittadini. Considerando però le lentezze amministrative di molti Stati africani ci si domanda come sarà possibile implementare tale importante documento nel giro di appena due anni…

Dopo l’ECOWAS – che riguarda i 16 Paesi membri della Comunità economica dell’Africa occidentale – e l’EAC – che comprende 6 Paesi dell’Africa orientale, il passaporto africano avrebbe lo scopo di abbattere le barriere di circolazione per persone e merci.

Da una parte, dunque, una maggiore integrazione e facilità di movimento per milioni di cittadini africani, dall’altro sviluppo e ampliamento dei rapporti commerciali e di scambio ad ogni livello.

Urge, comunque, usare il condizionale. ECOWAS e EAC non hanno impedito il proliferare di corruzione e cattivo governo nella politica dei passaggi alle frontiere. Lo sanno bene tutti gli africani che ogni giorno subiscono vessazioni, abusi e richieste di denaro da ufficiali in servizio ai confini.

I capi di Stato africani non possono non essere al corrente di questo e, dunque, non possono non sapere che nessun “libero passaporto” cambierà queste “abitudini”, a meno che non si comincino a prendere decisioni serie per eliminarle.

Solo così un documento così importante e denso di significato, atto politico partorito dall’Unione Africana, avrà senso. Sarà il passaporto degli Stati Uniti d’Africa.

 

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