Sono passati trent’anni da Decolonising the Mind: the Politics of Language in African Literature (“Decolonizzare la mente: le politiche del linguaggio nella letteratura africana“). Da quella sorta di manifesto sulla decolonizzazione linguistica, il suo autore, lo scrittore keniota Ngũgĩ wa Thiong’o, non ha mai smesso di produrre nella sua lingua madre, il Kikuyu. E non ha mai smesso di stimolare il dibattito, ma soprattutto la coscienza civile e intellettuale africana sulla necessità di affrancarsi dalle sottili logiche mentali radicate dai tempi del colonialismo – e prima ancor dai tempi della schiavitù. A partire dall’uso della lingua che – ovviamente – non è solo fatta di parole e frasi, ma stabilisce relazioni e anche meccanismi di potere. Usare la lingua madre rappresentava per lo scrittore attivista, un modo primario (non secondario o successivo) per combattere l’imperialismo e quella che lui definisce “alienazione coloniale” e – oggi – il neo-colonialismo. Così si legge nel testo:
L’alienazione culturale è come separare la mente dal corpo in modo che queste occupino due distinte sfere linguistiche nella stessa persona. Su scala più ampia è come creare una società di teste prive di corpo o di corpi privi di teste.
E ancora:
Questo libro sulle politiche del linguaggio nella letteratura africana, riguarda in realtà questo: la liberazione nazionale, democratica e dell’essere umano. Un appello alla riscoperta e al riutilizzo dei nostri linguaggi, un appello a ricongiungere e rigenerare milioni di lingue rivoluzionarie in Africa e nel mondo, quei milioni di persone che chiedono di liberarsi. L’appello alla riscoperta del linguaggio reale dell’umanità: il linguaggio della lotta.
Dopo trent’anni questa lotta è ancora in corso. Ngũgĩ wa Thiong’o continua a scrivere nella sua lingua, lasciando l’inglese per conferenze, le lezioni universitarie negli States e – per questioni strategiche – per i saggi come, appunto, Decolonising the Mind (tradotto solo lo corso anno in italiano dalla Jaca Book). La sfida è dare spazio e dignità alla maggior parte delle lingue africane che, come dicevamo, raccolgono e trasmettono storia, cultura, sentimenti. Non semplici parole.
Si calcolano circa 2000 lingue in Africa. Lingue vive, non morte. In trenta di queste lingue è stata tradotta The Upright Revolution: Or Why Humans Walk Upright, una breve fiaba che racconta di come, tanto tanto tempo fa, anche gli uomini camminassero a quattro zampe e come poi è accaduto che cominciassero a usare due gambe e stare dritti. Si tratta di un vero e proprio record, una fiaba tradotta online già in trenta lingue africane.
Il progetto è raccolto su Jalada, un collettivo di scrittrici e scrittori pan-africani, il cui obiettivo è pubblicare – e aiutare a pubblicare – opere di autori africani. Queste le lingue in cui, finora, è stata tradotta la favola di wa Thiong’o: Amharic, Dholuo, Kamba, Lwisukha (Luhya), Kipsigis, Kinyarwanda, French, Arabic, Luganda, Kiswahili, Afrikaans, Hausa, Meru, Lingala, IsiZulu, Igbo, Ibibio, isiNdebele, XiTsonga, Nandi (Kalenjin), Rukiga, Bamanankan, Lugbara, Lubukusu, Kimaragoli, Giriama, Sheng, Ewe, Naija Langwej. E non si tratta solo del testo scritto, ogni traduzione è accompagnata anche dall’audio. Un modo per diffondere molto di più, non solo la favola in sè a livello didattico e divulgativo, ma il concetto profondo che accompagna queste traduzioni.
Ed è così che l’Africa e i suoi racconti varcano i confini del continente. Le traduzioni, infatti, non si stanno fermando alle lingue africane. Il testo è già stato tradotto in una delle lingue dravidiche parlate in molta parte del Sud Asia. Russo, mandarino, portoghese e spagnolo sono altre traduzioni in corso. I traduttori possono farsi avanti. Si tratta infatti di un progetto volontario che sta unendo persone non solo da tutto il continente africano, ma da tutto il mondo.
A qualcuno è nel frattempo venuta voglia di conoscere e leggere letteratura africana? Potete cominciare consultando la bibliografia online dei 100 migliori libri (ma sono molti di più) fino al xx secolo. Dà la misura di quanto massiccia, ricca, eccellente sia la produzione letteraria del continente africano. Molto da leggere, molto da imparare, molto da capire.