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Napoli e il social che diventa passione


Una delle tante immagini diffuse su Facebook durante la serata in Piazza del Plebiscito, licenza CC.

Migliaia di persone che si ritrovano in piazza per condividere un momento storico, un’emozione, una canzone… Quello che è accaduto a Napoli qualche sera fa in Piazza del Plebiscito ha una doppia dimensione: pubblica e privata. Trovarsi per ricordare un gigante della musica italiana, quale era Pino Daniele, è stato un gesto d’affetto impulsivo, passionale, incontrollato. E, nonostante fosse un gesto collettivo, era anche un evento privato. Un evento di ciascuno.

Poi c’è la parte pubblica, che non è solo quella dello stare insieme a cantare nella stessa piazza le canzoni di Pino. La parte pubblica erano tutti quei flash e quelle luci di telefonini e smartphone puntati a riprendere l’evento. Non tanto per conservarlo per sé, ma per trasmetterlo agli altri. Quelli che erano rimasti a casa, ma soprattutto quelli che non erano a Napoli. Con quei video e quelle foto, postati in diretta sui social media, tutti erano lì. Tutti coloro che volevano esserci…

Non risulta ci sia stata una mobilitazione in Rete per darsi appuntamento in Piazza. Semmai la Rete ha fatto da cassa di risonanza, da legame tra quanto accadeva e chi voleva che accadesse. Un esempio che è ancora il cuore a mettere insieme la gente, a farla sentire una parte dell’altra. Un esempio di efficace comunicazione. Di un popolo che si dà voce senza aspettare che sia una televisione o una testata a dargliela.

La partecipazione alle rivoluzioni arabe, le proteste di questi ultimi anni, sono state a volte interpretate come risultato di passaparola. In una spesso inutile disquisizione sul ruolo che i social media giocano in certe occasioni. A noi di Voci Globali, l’esempio di Napoli mostra qualcosa di più. Che sono le emozioni a rendere utili i social media e non il contrario.

Grazie Napoli, per questa lezione. Una lezione di comunicazione per noi giornalisti, una lezione per gli analisti della comunicazione nell’era dei social. In questo caso il sociale è diventato media e non viceversa. E grazie per esserti contrapposta – per qualche giorno – alle immagini dei tagliatori di teste, degli attentati, delle tragedie. E di tutti coloro che odiano per professione.

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