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Change.org, l’attivismo a portata di click

Con 2 milioni e 700 mila utenti, una media di 600 petizioni al mese, 15.000 lanciate dall’esordio della piattaforma nel luglio 2012, Change.org (Italia) avanza spedita nell’obiettivo di fornire a chiunque voglia portare avanti una battaglia, un’idea, una proposta, un luogo virtuale per ottenere risultati reali.

Nata a San Francisco nel 2007 la piattaforma si è poi diffusa in 18 Paesi del mondo, approdando in Italia nel luglio 2012. Si continuerà a crescere e in programma c’è anche l’apertura in qualche Paese africano, a cominciare – si vocifera – dal Kenya.

Salvatore Barbera, direttore delle campagne in Italia non vuol sentire parlare del termine slackactivismclicktivism, quella sorta di attivismo pigro che consente, attraverso un click – appunto – di lavarsi la coscienza e pensare di aver davvero contribuito a cambiare il mondo. “Già qualche anno fa – dice Barbera a Voci Globali – è stata presentata una ricerca che dimostrava che le persone che partecipano alle petizioni online sono anche quelle che di solito scendono nelle strade“.

In ogni caso, visto che al momento non riusciamo a fornire altri dati, tranne ricordare quello che diceva Evgeny Morozov, che ha appunto coniato il termine, occorre concentrarsi sui risultati portati a casa finora.

Sulle 15.000 petizioni lanciate finora ne sono andate in porto 350. Tante, poche?Sfido qualunque organizzazone – dice Barbera – a vincere 350 campagne in soli due anni di vita“. Il direttore della piattaforma italiana sottolinea l’importanza della possibilità di interazione, data da un progetto come Change.org, capace di generare processi di cambiamento e di fare lobbying su temi di natura sociale e che spesso investono la qualità della vita i tutti i giorni o i diritti umani di milioni di persone. “Quello che è importante – dice Barbera – è che tutti, potenzialmente, oggi abbiano la possibilità di farsi sentire. Il web è uno strumento eccezionale, ma non è un’astrazione, sono le persone che lo usano e sta alle persone trarne il meglio. Ad usarlo è una creatura umana, il risultato dipenderà da questa creatura. Le risposte vengono dalle interazioni che le persone sono in grado di creare“.

Barbera ricorda che la piattaforma ha la caratteristica di essere aperta e “pluralista” nel senso che non ci sono idee, né persone, né situazioni che sono soggette a controllo e censura. “Le uniche situazioni in cui siamo intervenuti sono state dei ‘tentativi’ di aprire campagne da ragazzi molto giovani. Le proposte erano davvero troppo infantili per poter avere un seguito“.

Screenshot della Home Page di Change.org Italia

Ma quali sono stai i successi più importanti? Barbera cita il caso di Giorgia Ramos e di suo figlio Cristian Ramos, un ragazzo con sindrome di Down. Al ragazzo, pur essendo nato e cresciuto in Italia, non veniva concessa la cittadinanza italiana poichè la madre è colombiana e il padre italiano non lo ha riconosciuto alla nascita. Aprire una raccolta firma su Change.org ha voluto dire mobilitare gli attivisti online e scuotere le istituzioni. Oggi Cristian è italiano. La forza del web e dei social media si dimostra anche in casi come la petizione per intitolare una piazza a Milano a Enzo Baldoni, il giornalista rapito e ucciso in Iraq nel 2004. Il sindaco di Milano ha scelto Facebook per annunciare la decisione presa. E poi ricordate Meriem, la giovane condannata a morte in Sudan per apostasia, la sospensione della trattenuta del 20% per i bonifici esteri, l’abolizione del reato di clandestinità, la candidatura di Malala per il Nobel della pace… Le trovate qui, tutte le petizioni vinte. Tutti quei click che hanno portato a un cambiamento.

A fronte di queste ce n’è qualcuna che ha lasciato l’amaro in bocca. Come quella che riguarda i ragazzi di Radio Kaos Italis, prima radio per sordi e gestita da sordi. Un progetto unico, in Italia e nel mondo. Da un anno hanno aperto la petizione per il riconoscimento legale della lingua dei segni – la LIS – ma le cose sono ancora in stallo.

Comunque Change.org prosegue la sua marcia. Nel mondo, con uno staff di 180 dipendenti, in Italia con un team è di tre persone ma sostenitori come Unicef, Greenpeace, Medici senza frontiere, Amnesty international. E continua a mobilitare migliaia e migliaia di persone. Soprattutto – secondo le analis dei dati – quelle tra i 45 e i 65 anni di età.

 

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