“Un narratore che per raccontare storie usa la macchina fotografica invece che la penna”. Si definisce così Nana Kofi Acquah, artista ghanese che ha fatto della fotografia il mezzo per raccontare un’Africa personale e “africana”. L’Africa nera raccontata da un nero. Ne ha fatto la sua passione e il suo lavoro, pagato da committenti come l’UNESCO, il Guardian, il Financial Times, Geo France. Ma anche ONG come Care, ActionAid, WaterAid e perfino grandi aziende e multinazionali – perché il successo comincia dall’immagine – come Novartis Foundation, Philips, Vodafone, Nestlè. Tanto per citare qualcuno dei suoi clienti.
Guardare le sue immagini è come sfogliare un giornale con storie ed eventi quotidiani. Che accadono nel suo Paese, in Sierra Leone, Uganda, Angola, Mali, Liberia, Senegal…
“If you look through this window hard enough, you will see my soul” (Se guardi bene attraverso questa finestra, vedrai la mia anima) – scrive come saluto ai visitatori del suo blog, ma è l’anima delle persone che ha fermato con lo scatto ad entrare negli occhi di chi guarda. Sono storie – a colori o spesso in bianco e nero – disperate, dolorose. Di miseria, povertà, emarginazione. Ma non solo. Sono anche immagini di bellezza estrema, di stupore, di lavoro duro e di futuro. Che non lasciano indifferenti. Immagini legate a battaglie di sopravvivenza – di gente che usa droghe e liquori a basso costo e si prostituisce, di gente che lincia i ladri o presunti tali e poi li getta vivi in un putrido canale di scolo, di gente che non abbandona la tradizione neanche se sa usare e porta tra le mani computer e cellulare. Di gente – ancora – che vive in capanne e sogna di partire. O resta a ricordare chi è già andato.
E poi ci sono i progetti – e dunque le foto – legati a temi come la salute, la sicurezza alimentare, la conoscenza… Ci sono nomi grossi dietro che una volta tanto si affidano anche a qualcuno del posto per portare testimonianze e messaggi.
Questo fotografo/narratore di storie aiuta a conoscere tanti aspetti dell’Africa. Non in modo stereotipato, nonostante siano spesso storie che dall’Africa ci siano già arrivate, ma in maniera inusuale Con una sensibilità che nasce dal saper cogliere aspetti nuovi e profondi in una maniera che forse la penna non potrebbe fare.
Questo il suo sito.