Programmi di sviluppo, se ci si aiuta con le proprie forze
[ Antonella Sinopoli, direttore responsabile di Voci Globali, vive tra l’Italia e il Ghana, nella Regione del Volta. Oltre che partecipare da lì alla vita della nostra redazione, contribuisce alla pagina con articoli e aggiornamenti sulla realtà del Paese in cui vive e sul continente africano.]
Il cambiamento – e la speranza nel cambiamento – non può mai venire dall’esterno, da qualcuno che vuole insegnartelo e magari non ti ha mai visto, né ha visto come e dove vivi. In questo credo profondamente ed ecco perché sono ipercritica sul ruolo delle ONG e dei vari organismi della comunità internazionale che propongono ricette per i Paesi in via di sviluppo. E sono sempre combattuta tra il fare o il lasciar fare. Sono combattuta nel mio ruolo di presidente di una Associazione che cerca di dare il suo contributo allo sviluppo in alcuni villaggi ghanesi.
Sono combattuta perché guardo cosa fa (e non fa) il Governo del Paese, perché vedo l’inappropriatezza degli interventi (quando ci sono), perché verifico i non risultati delle insulse politiche e programmi decisi a migliaia di chilometri di distanza.Sono combattuta perché ho esperienza di una desolazione e povertà che non si prova neanche a migliorare, perché osservo la ricchezza nelle mani di alcuni, la loro tracotanza, la loro mancanza di visione del futuro, la loro indifferenza – e spesso disprezzo – verso i loro stessi concittadini, quelli poveri. E, non ultimo, perché a volte gli sforzi che facciamo non portano ai successi splendenti che ci augureremmo. E mi domando: perché tanto sforzo se chi dovrebbe non fa nulla, perché impegnarsi mentre chi dovrebbe fare si riempie solo le tasche – e la bocca di parole e promesse inutili -? Perché, perché…
E poi, mentre mi sto domandando tutto questo, capita qualcosa che ti fa tornare la voglia di adoperarti e mette in secondo piano le critiche a questi stupidi e inetti politicanti e amministratori della vita altrui.
Sono stata ad Afram Plains, una località interna dell’Ashanti Region al confine con la Regione del Volta. Bellissima, verde, ospitale con gli stranieri. Ma completamente isolata. Senza elettricità, senza segnale telefonico, senza strade percorribili. E di una povertà eccesiva. Ci sono stata perché Ashanti Development ha avviato una collaborazione con una ONG locale – Mama Ye – su richiesta di questa stessa ONG. L’organizzazione lavora a progetti di educazione sanitaria e cura alle donne in stato di gravidanza, alle madri e ai bambini. E a stretto contatto con infermieri di frontiera, che vivono nello stesso isolamento dei loro pazienti.
Ce n’è bisogno estremo, in un Paese dove solo il 13,4% della spesa pubblica è usato perla Sanità (e in questa cifra dovrebbero essere compresi anche gli stipendi per il settore), dove si contano 39 ostetriche ogni 200.000 abitanti contro le 53 previste dal target nazionale. Un Paese dove ancora il 24% delle donne muore di emorragia post parto e il 15% per altre infezioni “non classificate”. Potete immaginare la situazione nei villaggi? Dove non ci sono scuole, figuriamoci adeguati servizi e informazione sanitari.
Nella mia visita da accompagnatrice ho potuto respirare l’aria diversa di chi si impegna davvero. Con me, ad incontrare gli infermieri che lavorano sul campo e con pochi mezzi a disposizione lavorano e vivono in quei villaggi, c’era una volontaria di Kumasi e Nicholas Aboagye – il capo progetto di Ashanti Development in Ghana. La “lezione” principale è stata questa: quando i rappresentanti del Governo e dei partiti verranno qui di nuovo in occasione delle prossime elezioni non accontentatevi di 2-3 Ghana cedi. Dite: vogliamo l’ambulanza, abbiamo bisogno di un’ambulanza. Non fatevi incantare, non fatevi comprare, loro hanno bisogno di voi, del vostro voto e allora alzate il prezzo. Dite: dateci un’ambulanza!
Ci vorranno decine e decine di incontri come questi per convincere queste donne, per aiutarle a capire che hanno un valore. Che possono giocare un ruolo importante nello sviluppo del loro territorio. Però è stata una bella esperienza assistere a un incontro dove persone dello stesso Paese sono impegnate a darsi una mano, a cercare di cambiare le cose.
Un altro importante – e non secondario – aspetto che si sta cercando di affrontare è la pianificazione familiare. Ci vorrà molto tempo, qui la “religione” rovina la vita e influenza l’esistenza di tutti. Ma qualcosa si muove, se ne parla, si spezza il velo dell’omertà e dell’ignoranza. Ogni tanto si fanno campagne e si distribuiscono condom – quelli locali che spesso si rompono durante l’uso… Ma prima o poi qualche buon risultato arriverà.
[Anche la foto di copertina è dell’autrice del pezzo ed è rilasciata in licenza CC BY-NC-ND]
Pingback: Programmi di sviluppo on the field | ghanaway...