19 Aprile 2024

Corno d’Africa: Dancalia, il nuovo turismo nella terra del sale

[Parte II del reportage di Angelo Calianno dal Corno d’Africa. Prima parte qui.]

Nel complicatissimo versante Est dell’Africa, tra conflitti ancora vivi e golfi solcati da pirati, alcune zone dell’Etiopia regalano scenari unici al mondo.
L’Etiopia è un Paese splendido dal punto di vista naturalistico, un terzo dei vulcani attivi africani si trova qui, a Nord nella zona della Dancalia, dove i miliziani accecati dai bianchi deserti di sale mi chiedono disperatamente un paio di occhiali da sole.


Scorcio del deserto della Dancalia - Foto di Angelo Calianno

Ci troviamo nel punto considerato il più basso al mondo a -118 metri sotto il livello del mare: il calore della terra bolle tra zolfo e immense distese di sale.
In un contrasto di giallo e bianco questa zona raggiunge i 50 gradi nella stagione fredda e i 75 in quella calda, periodo inaccessibile quest’ ultimo.
Attraversare queste lande desolate non è una passeggiata, bisogna essere fisicamente preparati, fa così caldo che spesso alcuni uccelli migratori muoiono in volo su queste terre.

Impossibile viverci per tutti, tranne che per gli Afar, nobile tribù nomade dagli incisivi limati a punta che in passato servivano a spaventare i nemici.
Gli Afar vivono queste zone raccogliendo sale e trasportandolo sul dorso di cammelli in tutta la regione del Nord: la raccolta avviene ancora a mano poiché – dicono – l’uso delle macchine porterebbe sfortuna e carestia.
Nel recente passato, solo cinquanta anni fa, venivano descritti come una delle tribù più feroci della terra, dediti a tagliare scroto e pene ai nemici dopo la vittoria; gli Afar sono anche rivali tra clan e ancora oggi girano armati di spade ricurve e alcuni anche di kalashnikov, armi che è possibile reperire ovunque nel Paese.

Le colonne di cammelli si perdono verso la linea dell’orizzonte, questi incredibili animali riescono a trasportare anche 200 kg di sale e le carovane percorrono 3-4 giorni di viaggio vendendo “l’oro bianco” in tutta la zona.


Cammelli utilizzati per il trasporto del sale - Foto di Angelo Calianno

Un vecchio Afar con una kefiah al collo mi racconta:

“Una nostra antica leggenda dice che queste terre erano stracolme d’oro più che in ogni altro luogo del mondo. Gli uomini però diventarono avidi, allora Dio li punì trasformando tutto in sale. Il giorno in cui l’uomo imparerà a vivere senza avarizia Dio restituirà l’oro a queste terre.”

Per qualche “regola di viaggio” mai scritta la gente è più cordiale e ospitale proprio nei luoghi non ancora raggiunti dai turisti e dal progresso, un gruppo di insegnanti dell’Etiopia occidentale, qui nelle terre Afar per un programma di alfabetizzazione, mi invita a sedermi in una casupola. All’interno la temperatura sfiora i 50 gradi, loro masticano chat (la droga locale in foglie che arriva dall’Est) e bevono caffè. Dopo avermi chiesto qualche parere sul calcio etiope mi raccontano:

“Non siamo abituati a queste temperature anche se siamo etiopi, gli Afar sono cordiali con noi, la situazione però a volte può esplodere in scontri violenti contro gli eritrei.”

La Dancalia sul versante eritreo è solo una striscia di 50 km e il fatto che ora la parte etiope, molto più grande, sia diventata un’attrazione ambita ha fatto aumentare le tensioni tra i due popoli e tra i vari clan Afar.
La Dancalia è circondata anche da “Scout Afar”, soldati che presidiano montagne e colline e su questi confini solo qualche anno fa si sono registrati diversi rapimenti a scopo di estorsione.
L’unico modo di arrivarci è noleggiare, tramite un’agenzia, una jeep con autista, meglio se nella città di Makele a Nord dove si risparmia molto. Quasi tutti i turisti però organizzano questo viaggio ad Addis Abeba cedendo alle proposte dei procacciatori d’affari ma pagando così anche 3 volte in più il  giusto prezzo.

A parte gli Afar, in Etiopia sono molte le tribù locali che mostrano una grande ospitalità, come nella valle dell’Omo a Sud e nell’antichissima Harar a Est. Generosità e povertà abitano molti luoghi remoti del Paese il cui accesso però, da una decina d’anni a questa parte, può avvenire quasi esclusivamente con i tour operator che d’accordo con lo Stato hanno “legalizzato” il passaggio di alcuni confini che ora può avvenire solo tramite agenzie turistiche.


Uomini Afar - Foto di Angelo Calianno

Irda lavora per un tour operator locale che si occupa appunto del deserto della Dancalia:

“Negli ultimi anni – mi racconta– gli etiopi  hanno scoperto di avere un patrimonio enorme, qualcosa che la gente vuole vistare e allora sia noi che lo Stato ne abbiamo tratto vantaggio. È impossibile entrare in questi luoghi senza pagare una guida, un gruppo di soldati di scorta e almeno due jeep perché farlo con una sola sarebbe un suicidio. Credo che molti Afar si chiedano ancora perché la gente abbia voglia di vedere solo distese di sale e zolfo.”

“Si però dimmi la verità, alle persone che vivono nei villaggi dove fate fermare i turisti, quanto va davvero?”.

“Amico mio, sinceramente noi non diamo niente, parte delle tasse che si pagano per entrare in questi luoghi vengono date al capo villaggio oppure al controllo militare ma non sappiamo davvero quanto arriva a questa gente, molti di loro come vedi hanno smesso di essere nomadi per provare a guadagnare qualcosa con i turisti, per gli anziani questo è triste e disonorevole.”

Lo stesso purtroppo avviene per i safari in Tanzania, in Botswana, Kenya, Madagascar e per gli antichi villaggi in Namibia.
Siamo abituati a vedere documentari che ci mostrano spazi immensi e selvaggi, nessuno ci dice però quanto quei documentaristi devono pagare per accedere a quei luoghi, quante telecamere ci sono, mezzi, cuochi e portatori.
Spesso vediamo documentari dove un uomo solo attraversa un deserto o una montagna mostrando le sue capacità di sopravvivenza e finti incontri con la gente locale. In realtà dietro la telecamere ci sono troupe grandi quasi come quelle cinematografiche.
Ci vengono mostrati luoghi incontaminati dove potersi perdere splendidamente ma nessuno ci dice mai a quale costo. Molti dei documentaristi che vediamo in tv a fine giornata dormono in lodge da 300 dollari a notte. Per riuscire ad andare ad esplorare da solo con il mio zaino parte delle montagne etiopi al confine con il Sudan ho dovuto faticare non poco, rifiutandomi di noleggiare una cordata di insistenti guide e portatori al seguito.

Questo è ciò che sta portando il progresso in questa parte del mondo: fornisce ad antichi e fieri popoli una versione distorta dell’occidente mentre a noi viene data un’immagine confezionata da un’informazione superficiale e ingannevole. Impariamo a conoscere il vero lato della medaglia di questo continente, il lato che da troppo tempo ci viene nascosto.

Angelo Calianno

Giornalista freelance, esperto in Storia - soprattutto quella legata all' influenza islamica nel mondo - negli ultimi 14 anni ha scritto e scrive di conflitti e storie in diversi Stati di Africa, Asia, Medio Oriente e Sud America. Ha pubblicato reportage e racconti in zone devastate dalla guerra, le ultime in ordine di tempo da Afghanistan e Iraq. Una sua mostra fotografica gira l'Italia e l' Europa raccontando le sue storie anche con le immagini.

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