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Smaltimento atomiche: guadagno per l’ambiente e per l’uomo

[Nota: Il Corso in Diritti Umani e Giornalismo Partecipativo tenuto al liceo Fermi di Bologna, ha previsto quest’anno una lezione/evento alla mostra Senzatomica – Trasformare lo spirito umano per un mondo libero dalle armi nucleari ospitata a Palazzo d’Accursio dall’11 ottobre al 3 novembre. È stata l’occasione per sviluppare insieme agli studenti una serie di temi inerenti il disarmo, la sicurezza degli esseri umani, la pace e i conflitti e le motivazioni che li scatenano.]

Eleonora Spurio 5^F

La bomba atomica, o bomba A, è un’arma nucleare, che sfrutta la fissione nucleare a catena incontrollata, sfruttando i nuclei pesanti di 235Ur (in percentuale maggiore rispetto agli altri elementi nella fissione, è detto uranio arricchito), 239Pu o 238Ur in una piccola percentuale.

La massa critica per ogni bomba è di 5 kg per il plutonio e di 10 kg per l’uranio arricchito.

Oggi nel mondo il numero di bombe atomiche presenti sfiora le 17.000, e il rischio di una guerra nucleare resta sempre sospeso: i danni causati dallo scoppio di una bomba atomica sono inimmaginabili e in seguito ad una guerra atomica non sarebbe da catastrofisti immaginare la fine del mondo, o quanto meno dell’uomo e della natura come la conosciamo oggi. Basti guardare i danni immensi provocati dallo scoppio delle bombe di Hyroshima e Nagasaki.

Sarebbe quindi auspicabile un totale smantellamento delle bombe atomiche, obiettivo presentato anche come obiettivo nel Trattato di non prolificazione nucleare (TNP). Il Trattato prevede tre punti focali sulle bombe atomiche: disarmo, non proliferazione e uso pacifico del nucleare. Fu sottoscritto da USA, Regno Unito e Unione Sovietica  ed entrò in vigore il 5 marzo 1970. Francia e Cina vi aderirono nel 1992 mentre la Corea del Nord lo sottoscrisse nel 1985 ma, sospettata di costruire ordigni atomici e rifiutando ispezioni, si ritirò definitivamente dal trattato nel 2001. Attualmente sono 189 gli Stati firmatari.

Una delle ultime bombe smantellate di cui si ha notizia è la bomba atomica B53 degli Stati Uniti, smaltita nel 2011.

Lo smaltimento di una bomba atomica prevede la separazione degli elementi radioattivi e l’esplosione del detonatore (rimasto inoffensivo per l’ambiente grazie alla perdita degli elementi che permettevano la fissione incontrollata).

Ma lo smaltimento degli elementi radioattivi presenta problemi gravi legati all’inquinamento da scorie radioattive: l’uranio 235 ha emivita (tempo di dimezzamento) di 7,038 × 108  anni mentre il plutonio ha un tempo di dimezzamento di 24.200 anni.

Lo stoccaggio della parte nucleare di una bomba atomica presenta diversi problemi:

Per quanto riguarda lo smaltimento dell’uranio arricchito, la soluzione è conveniente anche dal punto di vista economico: è possibile, tramite il rimescolamento dell’uranio arricchito con isotopi impoveriti, l’utilizzo dell’uranio in centrali nucleari per la produzione di energia alternativa, giustificando anche la produzione inevitabile di scorie senza produrne altre da materiali primi.

Per il plutonio questa soluzione non è possibile: mescere il plutonio 239 con isotopi meno radioattivi non annulla la sua radioattività.

Le soluzioni praticabili per lo smaltimento del plutonio sono quindi le seguenti:

(Dossier di Zona Nucleare.com)

La prima soluzione comporta i problemi legati allo stoccaggio delle scorie radioattive: il tempo di dimezzamento quasi infinito porta problemi molto gravi, quali l’inquinamento di acque sotterranee (se seppellito) o la possibilità di furto del plutonio per la ricostruzione di bombe atomiche.

Il mox (combustibile ossido misto), dopo il disastro di Fukushima, spaventa, ma se giustamente trattato può diventare una fonte energetica al pari dell’uranio.

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