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Italia: Mutoid, cultura del riciclo e riuso creativo

[Traduzione e sintesi a cura di Davide Galati e Daniela Versace del post originale pubblicato su PocketCultures. La Mutoid Waste Community è una comunità di creativi, tra cui molti inglesi e alcuni italiani, che ha sede in Romagna ed è sotto minaccia di sfratto. La campagna pro Mutoid ha avuto vasta eco sui media italiani: Lucy Chatburn di PocketCultures è andata a intervistarli.
In questa storia ci piace l’accento sul tema del riciclo e riuso, che vediamo in parallelo con l’ambito dei social media, dove spesso gli utenti stessi di questi mezzi di comunicazione diventano produttori attraverso la trasformazione o il remix di contenuti altrui. Richiamando l’opera di Lawrence Lessig auspichiamo che nell’online il concetto tradizionale del copyright venga modificato al fine di favorire lo sviluppo di queste forme di espressione collettiva e di condivisione sociale.
]

Mutoid must stay [I Mutoid devono restare]. Il manifesto era affisso sulla vetrina di una piccola libreria di Santarcangelo di Romagna, città natale di mio marito, in Italia.
Camminando nell’area pedonale del centro, abbiamo notato lo stesso manifesto in un bar, poi in un negozio e quindi in un altro: era evidente che stava succedendo qualcosa!
I Mutoid sono da anni parte integrante della vita di Santarcangelo ma non sono mai stati così visibili prima d’ora. Chiedendo in giro, abbiamo scoperto che rischiano di subire uno sfratto dall’area in cui si sono stabiliti e per tale ragione la gente di Santarcangelo si è mobilitata per sostenerli.

Una scultura di rottami fuori dal laboratorio dei Mutoid a Santarcangelo. Foto di Marcello Boschetti.

Non tutte le città accetterebbero una comunità di controcultura al suo interno, ma Santarcangelo non è una città qualsiasi. Potrà anche essere considerato un piccolo centro, distante chilometri da Roma o Milano, ma non può per nulla essere considerata una retroguardia. Rappresenta la dimora di un numero impressionante di artisti e scrittori e di frequente vi si organizzano eventi culturali: letture, laboratori, mostre di arte, degustazioni di vini. L’ospitalità della Romagna è famosa in tutt’italia, e gli stranieri sono accettati nelle comunità senza alcun problema.
I Mutoid sono un ampio collettivo di artisti, scultori, performer, o altri creativi che hanno fatto di Santarcangelo la loro casa. Quello che li rende speciali è che i loro prodotti sono creati con materiale di scarto: quello che noi decidiamo di buttare. Non perché, attualmente, il riciclo sia oramai di moda in Europa, ma  per un desiderio di limitare i rifiuti, per dare nuova vita agli oggetti. Ascoltando la loro storia, mi sono trovata a tracciare paralleli con certi musicisti impegnati nel recupero ossessivo di pezzi ormai completamente dimenticati del funk anni ’70 per campionarli nei loro remix.
Originari di Londra, i Mutoid sono stati invitati a prendere parte ad un Festival che si tiene ogni anno a Santarcangelo, e da quel momento, una parte del gruppo, ha deciso (con il beneplacito del sindaco) di rimanere per un po’. Vent’anni dopo, sono ancora lì. La loro comunità vive al di fuori delle normali regole sociali, ma questo non ha impedito loro di integrarsi, nel corso degli anni, nel tessuto sociale di Santarcangelo. Collaborano peraltro con il Comune, tenendo dei laboratori sulla creatività e sul riciclo nelle scuole locali e negli asili. Negli scorsi tre anni i Mutoid hanno allestito anche le decorazioni natalizie di Santarcangelo: dei pezzi originali splendidi, fatti con plastica usata e altri oggetti che verrebbero comunemente considerati immondizia.

San Marino sullo sfondo, attraverso uno spazio tra gli alberi. Foto di Marcello Boschetti.

Quando siamo arrivati a “Mutonia”, la località sembrava deserta. La casa dei Mutoid è un’ex cava estrattiva sul fiume Marecchia. E’ un grande spazio aperto circondato da alberi. Scesi dalla macchina, abbiamo iniziato ad aggirarci tra le massicce strutture metalliche che ornano il sito. Un cavallo, realizzato con vecchi tubi di metallo e ruote di bicicletta. Figure simili a Hulk assemblate con rottami metallici e verniciate a spray. Tre lavatrici allineate davanti a una specie di latrina, perché i Mutoid fanno il bucato come tutti noi, anche se -chi lo sa- forse erano in attesa di essere smontate per ottenerne dei pezzi. Altre sculture realizzate da vecchi camion, un’arrugginita Fiat 500, una vettura dei Carabinieri. Da un laboratorio è arrivato il suono di una sega per metalli, da un altro il debole suono di un brano musicale. Alcune roulotte e, guardando più da vicino, capanne mimetizzate tra gli alberi, segni discreti di abitazioni umane.
Troviamo Silvia mentre taglia delle verdure in un laboratorio-cucina all’aperto. Tutto nella stanza sembra essere stato recuperato da un cassonetto, a parte un piccolo lettore musicale Sony nero appoggiato sul bancone (ecco che il parallelo con i remix digitali si conclude: poiché non c’è copyright sui materiali utilizzati, i Mutoid possono vendere le loro creazioni senza rischiare una causa legale).
Lasciati i preparativi per la cena, Silvia ci racconta la storia del movimento Mutoid e di come sono venuti a stabilirsi a Santarcangelo. Lei è parte della comunità da sette anni e si considera ancora una nuova arrivata: originaria di Milano, proviene da una famiglia di sarte. Dopo otto anni di lavoro presso un’agenzia di pubblicità, sentiva la necessità di trovare uno sbocco per la sua creatività. Quando ebbe l’opportunità di aderire a questa comunità fece subito le valigie.
Siccome ho incontrato molte persone che tengono celata la propria creatività perché si preoccupano di non riuscire a guadagnare abbastanza per sopravvivere, ero curiosa di sapere se avesse avuto qualche dubbio prima di fare il salto. Lei mi fissa con uno sguardo franco e aperto, e mi dice:
“Tutti mi dicono che è stata una decisione coraggiosa.‬ ‪Per me no.‬ ‪E ‘stata una decisione basata sull’entusiasmo.‬ ‪Era una cosa che dovevo fare.”

I Mutoid sfidano molti stereotipi della comunità controculturali: collaborativi piuttosto che conflittuali, educativi piuttosto che combattivi, attenti a non essere troppo critici dell’industria locale. Ciò nonostante, attualmente sono al centro di una battaglia legislativa tristemente stereotipata. Anche se soggiornano con l’accordo delle autorità locali, non è mai stato loro concesso un permesso ufficiale, e ultimamente il loro diritto di soggiorno è stato contestato da un vicino di casa. Da qui le locandine. La comunità locale ha reagito a questa loro situazione con un sostegno feroce; la campagna “Mutoid must stay” ha attirato l’attenzione dei media di tutta Italia. La pagina Facebook Pro Mutoid ha raggiunto 20.000 fan in poco meno di un mese. Non è la prima volta che la comunità deve affrontare sfide legislative, ma questa è la più grande che abbiano incontrato finora. Silvia ammette di essere sorpresa, perché sono sempre riusciti a superare simili difficoltà in passato. Questo è il motivo per cui la loro comunità è passata dai toni normalmente dimessi alla conduzione di una campagna su così larga scala, nel disperato tentativo di preservare questo luogo di così grande ispirazione creativa per i suoi abitanti.
“Se ci si trasferiscono in condomini la creatività morirà”, sostiene Silvia.
E’ più probabile che non accettino una proposta del genere: guarderebbero avanti cercando una nuova collocazione da qualche altra parte. Ma ci sono molte persone del posto che non vogliono questo. La loro campagna ha raggiunto Bologna, dove i funzionari stanno cercando di trovare una soluzione che consenta loro di rimanere. Una possibilità è quella di designare Mutonia come Sito di Interesse Culturale. Nel frattempo, il sostegno dei locali continua. Forse il miglior esempio di spirito romagnolo è dimostrato dalla risposta di questa comunità alla situazione dei Mutoid. Secondo Silvia, quando le è stato chiesto perché ai Mutoid dovrebbe essere consentito di rimanere, la risposta più comune che si può incontrare è “Perché no?”‬

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