Metti la creatività di giovani professionisti insieme alla passione, all’amore per la propria (e altrui) terra, condisci con tecnologica digitale e una spruzzata di genialità, ed ecco lo Slum Film Festival di Nairobi. Il festival quest’anno è alla sua terza edizione co-ospitato da Hot Sun Foundation e Slum-TV, due gruppi di informazione in Kenya.
Dal 26 agosto al 9 settembre le baraccopoli di Kibera e Mathare si trasformano in un enorme spazio di intrattenimento all’insegna dello slogan “African slums on the reel” con workshop specifici destinati a giovani produttori e registi delle bidonville di Nairobi programmati nella prima settimana, spettacoli di artisti locali e proiezioni cinematografiche provenienti dall’Africa Orientale e da tutto il continente africano in settembre, rigorosamente al calar del sole su schermi gonfiabili giganti.
“L’idea del festival ci è venuta quando abbiamo notato diversi giovani negli slum di Nairobi che producevano cortometraggi con la tecnologia digitale” racconta Federico Olivieri, cultural manager dell’evento che all’epoca lavorava per l’Ambasciata di Spagna a Nairobi come cultural cooperation officer.
“Raccontavano così le loro storie” prosegue Olivieri “che restavano lì, chiuse dentro la telecamera, pochissime avevano visibilità, così abbiamo pensato di creare uno spazio all’interno della comunità dove chi vive nella baraccopoli può far conoscere la propria storia, la propria vita. Parallelamente, il festival è un mezzo per abbattere gli stereotipi sulla gente che vi abita e favorire un’attenzione diversa da parte dei media proprio su queste realtà. Il cinema è uno strumento straordinario, è speciale nel presentare qualcosa di nuovo, ha un effetto particolare, potente, universale, apre una finestra sui luoghi meno conosciuti e lo fa in maniera diretta, realistica. Il racconto audiovisivo, l’immagine, oggi sono fondamentali per rappresentare il mondo reale, perciò promuovere una cinematografia sulle baraccopoli è un modo per rendere visibili queste storie invisibili“.
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Si stima che a Kibera e Mathare viva più un milione di persone e che il 60% della popolazione di Nairobi abiti negli insediamenti sorti tutto attorno al territorio urbano secondo UN Habitat, il programma delle Nazioni Unite per gli insediamenti umani. Ma le Nazioni Unite hanno fatto anche di più, nel 2000 i 191 Stati Membri hanno sottoscritto gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio da raggiungere entro il 2015, il primo è Sradicare la povertà estrema e la fame; seguono, fra gli altri, Ridurre la mortalità infantile e Combattere l’HIV/AIDS.
Paradossi difficili da spiegare e ancor più da accettare, di fronte a queste contraddizioni è inevitabile porsi delle domande: cosa non funziona nel sistema se decenni di aiuti non hanno fermato la povertà in questi Paesi che è, in alcuni casi, aumentata? A chi conviene che il Sud del mondo resti così?
Qualcosa deve cambiare ma per cominciare a cambiare sul serio bisogna prima far conoscere quella realtà. Ben venga, quindi, il cinema sugli slum fatto da chi ci abita. “È questo il valore di SFF” conclude Olivieri “rendere visibili queste storie che altrimenti restano sconosciute e allo stesso tempo promuovere il talento ridando dignità alle persone che vivono in questi agglomerati urbani“.
A proposito, Kibera significa “foresta” perché una volta lì c’erano i boschi. Il 7° Obiettivo della Dichiarazione del Millennio è Garantire la sostenibilità ambientale…