Questo articolo è stato scritto da Irene Schoefberger ed è tratto da un più ampio reportage che è possibile leggere integralmente qui. Irene ha studiato Relazioni Internazionali e Antropologia. Frequenta un dottorato in Antropologia e Geografia presso la Albert-Ludwigs-Universität di Freiburg e si occupa dello studio di approcci per uno sviluppo sostenibile e partecipativo. Si è anche occupata della “costruzione di identità” in contesti di incontro-scontro culturale. Su tale tema ha svolto ricerche soprattutto a Bilbao, tra gli adolescenti della comunità gitana locale, e a Santiago del Cile, nell’ambito di un esperimento d’integrazione tra medicina indigena mapuche e medicina “occidentale”.
Oltre a molte abitazioni private, sono stati danneggiati anche vari edifici pubblici, tra cui l’ospedale, ventisei scuole e diciassette monumenti nazionali. Tra questi anche il mercado central, che è stato dichiarato inagibile. Le persone che vi lavoravano hanno così perso il loro impiego.
Pochi mesi prima, la Banca Interamericana di Sviluppo aveva stanziato dei fondi per la ristrutturazione dell’immobile, risalente all’800. Dopo il terremoto, un’impresa – Corpgroup Inmobiliarios – ha offerto all’amministrazione comunale di occuparsi della ristrutturazione del mercato, in cambio della sua gestione. Il sindaco ha accettato l’offerta e ha rinunciato ai fondi della BIS.
Quando l’hanno saputo, i commercianti che lavoravano nel mercato hanno deciso di occupare quello che era il suo parcheggio.
Le prime ad arrivare sono state le donne delle cocinerias, i piccoli locali che vendevano pietanze di frutti di mare. “Ci siamo unite e abbiamo deciso di occupare questo spazio … perché è stata un’occupazione! Siamo venute qui di notte con una bandiera cilena”, ricorda una di loro. Hanno portato sedie e tavolini, piantato ombrelloni contro le intemperie. Poco a poco sono tornati anche gli altri: le fioraie, l’orologiaio, il lustrascarpe, i rigattieri e le contadine.
Era trascorso un anno dal giorno del terremoto. Il loro sindacato aveva chiesto a più riprese uno spazio di lavoro alternativo, ma da parte della municipalidad, proprietaria dell’immobile, nessuna risposta. Alcuni ex locatari avevano iniziato a lavorare per strada, ma la maggior parte non era ancora riuscita a riprendere l’attività.
Mancanza di entrate economiche, depressione e perdita di coraggio sono espressioni ricorrenti nei racconti relativi ai sei mesi successivi al sisma. L’occupazione del parcheggio ha significato per molti di loro una ripresa non soltanto economica, ma anche psicologica.
È passato un altro anno e sono ancora lì. Ma l’occupazione è illegale, le condizioni di lavoro precarie e il futuro incerto.
Il mercado central si trova nel centro della città, di cui occupa uno dei terreni più pregiati. Ha svolto a lungo un ruolo cruciale nei rapporti tra Talca, capoluogo dal carattere rurale di una regione fortemente agricola, e i paesi del circondario. Costituiva una tappa di rito del passaggio in città dei campesinos, ma era anche un punto d’incontro e di scambio tra cittadini, contadini e allevatori.
Molti dei locatarios hanno ereditato l’attività dai loro genitori e nonni. Lavorano al mercato fin dall’infanzia e a questo spazio sono legati molti episodi salienti delle loro vite.
Secondo l’amministrazione comunale, è necessario che Talca assuma presto le caratteristiche di una città moderna. Sarebbero due i suoi punti di forza: la sua posizione intermedia tra Santiago e Concepción, le due città principali del paese, e la prossima apertura del vicino passo Pehuenches, che presto inaugurerà un consistente flusso di trasporti e comunicazioni tra Cile e Argentina.
In Cile il mercato centrale funge spesso da attrazione commerciale e turistica primaria. La trasformazione di una città rurale in una città moderna non può dunque prescindere dalla ristrutturazione del suo mercato.
Le forme di tale ristrutturazione sono oggetto di discussione già da alcuni decenni. Negli anni Novanta un progetto di conversione della struttura in centro commerciale aveva indotto i locatari a unirsi agli abitanti della città nel richiedere (e ottenere) che venisse dichiarato monumento storico nazionale. Nella legge di protezione di tali monumenti è stato recentemente introdotto un richiamo al patrimonio culturale immateriale, ma per ora essa protegge formalmente soltanto gli elementi architettonici. E l’emergenza della ricostruzione ha portato a prendere nuovamente in considerazione l’intervento di un attore privato.
Nell’autunno del 2011 Corpgroup ha affidato a un architetto il compito di stabilire un contatto con gli occupanti. Questi ha mostrato loro immagini di mercati di Madrid, Amsterdam e New York. Nei países desarrollados, ha spiegato, il concetto di mercato sta tornando di moda, dimostrando che è possibile vendere prodotti tradizionali attraverso modelli commerciali moderni. Ai locatarios si sta offrendo un modello di mercato da primo mondo, spiega un portavoce dell’impresa.
Tutti gli attori sociali coinvolti vorrebbero, per il futuro, un mercato che mantenga una forte connessione alla tradizione. Ma secondo i locatarios tale tradizione coincide con i prodotti, le abitudini e le relazioni che negli anni hanno unito le loro vite a quelle del mercato. “Il mercato siamo noi, non è la parte fisica, è … tutti noi che vi lavoriamo”. Secondo gli altri, invece, è necessario selezionare e in parte introdurre soluzioni nuove, più efficaci per il turismo e il commercio. I primi fanno riferimento alle loro esperienze di vita, i secondi all’applicazione di un modello risultato efficace in Europa e negli Stati Uniti.
Corpgroup sta assumendo un ruolo da protagonista nella riformulazione dei contenuti e degli obiettivi del mercato. I locatarios temono che affidare a un privato la ricostruzione del mercado central – spazio pubblico di importanza primaria – lo converta in uno spazio commerciale controllato dall’impresa.
Si prevede che i lavori di ristrutturazione del mercato inizino nel 2013. Dovrebbero terminare a fine 2014.
Che i suoi protagonisti non perdano il diritto a partecipare alla definizione delle sue forme e dei suoi contenuti: sembra essere questa la sfida più grande.