Voci Globali

Razzismo in Europa: riforme strutturali per i Rom

[Nota: Traduzione di Giorgio Guzzetta dall’articolo originale di Valeriu Nicolaeu per openDemocracy.net]

Quando si parla di Rom, l’Unione Europea mostra segni evidenti di razzismo strutturale. Le politiche che dovrebbero favorire la tolleranza e l’accoglienza, a livello sia europeo sia nazionale, in realtà sono confuse ed incoerenti, e provocano fenomeni di rifiuto, di esclusione, oltre a una pericolosa radicalizzazione dei rapporti tra la maggioranza della popolazione e le comunità Rom.

Ho già scritto in passato di questa incombente crisi ma adesso voglio cercare una soluzione che possa rimediare ai danni provocati dall’irresponsabilità dei funzionari incaricati di prendere decisioni riguardanti i Rom e i non-Rom.  La richiesta di un esame critico dell’operato della Commissione Europea nei confronti dei Rom negli ultimi venti anni potrebbe essere la soluzione. Questo esame dovrebbe essere richiesto dal Parlamento Europeo e potrebbe portare a riforme incisive e fortemente necessarie, migliorando sia le politiche adottate sia la consapevolezza delle istituzioni, europee ma anche nazionali.

Incoerenza

La Commissione Europea è di gran lunga il maggior finanziatore di progetti per favorire l’integrazione dei Rom. In minima parte il denaro viene  distribuito direttamente a livello comunitario.  La maggior parte dei soldi è gestita dagli stati membri in accordo con la Commissione.

Le linee-guida su come distribuire i fondi sono stabilite a Bruxelles sulla base di consultazioni a livello nazionale. Il processo è macchinoso e per nulla efficace. I governi preferiscono coinvolgere finanziatori accondiscendenti in queste consultazioni e promuovere la loro agenda politica, che il più delle volte non è altro che un esercizio diplomatico per salvare la faccia. Non si riesce a fare nulla di serio riguardo al problema dell’integrazione dei Rom. La mancanza assoluta di expertise nella Commissione, e le scarse competenze a livello di governi nazionali, fanno sì che i finanziamenti stanziati servano a poco e le politiche adottate siano prive di senso.

ONG senza esperienza sui problemi che la UE dichiara di voler affrontare e risolvere vengono finanziate sulla base di progetti che non sono in grado di gestire in maniera efficace. Tutto questo finisce col provocare un crescente senso di sfiducia all’interno delle comunità Rom e di sospetto a livello dei rapporti tra i Rom e la maggioranza della popolazione.  Purtroppo è raro che le ONG Rom abbiano i finanziamenti necessari e le capacità tecniche per gestire fondi strutturali.

In varie occasioni i fondi europei hanno finanziato politiche contraddittorie, per esempio contribuendo a progetti a favore della segregazione insieme a progetti a favore dell’integrazione. Hanno favorito la diffusione di pregiudizi e ostilità nei confronti dei Rom (per es. dando lavoro come spazzini) e organizzato campagne di sensibilizzazione contro il razzismo che, secondo alcuni, sono servite solo a rafforzare stereotipi negativi.

Certo, la Commissione Europea ammette che i Rom continuano ad essere ancora adesso il gruppo etnico più discriminato in Europa, e che il livello di razzismo nei confronti degli zingari rimane pericolosamente elevato. Si tratta di affermazioni che peraltro si possono leggere in documenti ufficiali anche di vent’anni fa. Paradossalmente però non esistono studi della Commissione che evidenzino errori e fallimenti nei moltissimi progetti finanziati dall’UE. Dopo così tanti, e così efficaci, progetti, dove sono i miglioramenti che ci si aspetterebbe? Potrebbe essere rilevante il fatto che i soldi realmente spesi in progetti sui Rom sono una piccola parte rispetto a quanto viene speso per combattere il razzismo e la discriminazione di altri gruppi etnici minoritari e soggetti deboli.

Secondo i documenti ufficiali disponibili, la Comunità ha preso molte iniziative positive, e non ha fatto alcun errore. Lo stesso si può dire per quanto riguarda gli stati membri. Nessun errore – solo esperienze positive. La realtà vera però è molto diversa.

I rapporti richiesti dalla Commissione sono “corretti” prima di essere resi pubblici, in modo da eliminare le critiche più dure che potrebbero ostacolare la futura carriera dei funzionari in carica. Alcuni di questi rapporti, è stato provato, non sono altro che rimaneggiamenti di testi precedenti. E neanche le “ingentilite” raccomandazioni di questi costosissimi rapporti sono prese in considerazione.

Il modo in cui, al momento, i fondi strutturali sono pianificati (centrando cioè l’attenzione sulla fornitura di servizi sociali) ha causato la sparizione di numerose ONG impegnate a combattere la discriminazione e favorire l’accoglienze. Alcune si sono rassegnate, accettando di diventare fornitori di servizi sociali. Il problema principale di questo metodo è che le ONG finiscono con lo svolgere un compito che spetterebbe alle amministrazioni locali e ai servizi pubblici, innescando e favorendo un processo di “ghettizzazione” del problema Rom. Le ONG inoltre si assumono ruoli, compiti e responsabilità che non riescono a svolgere adeguatamente, essendo prive del potere decisionale ed amministrativo necessario ad affrontare problemi così complessi. E quindi, ancora una volta, il rapporto tra i Rom e la maggioranza della popolazione si radicalizza pericolosamente.

Razzismo strutturale

Nel 1974 David Hughes ed Evelyn Kallen hanno definito “razzismo strutturale” le ineguaglianze che impediscono a specifici gruppi etnici l’accesso alle istituzioni sociali più importanti, escludendo parti significative della popolazione, quando sono causate dal modo in cui la società è organizzata e strutturata.

Diamo un’occhiata alla Commissione Europea. Un semplice sguardo alle conference organizzate a Bruxelles sui Rom negli ultimi due anni mostra che nemmeno un relatore su cinque era esperto “sul campo” della questione Rom. In questo contesto  un dibattito degno di questo nome è impensabile. Le raccomandazioni degli esperti vengono costantemente ignorate. Senza dire che nessuno dei funzionari di alto o medio livello che si occupano della questione Rom hanno esperienza, accademica o sul campo; lo stesso si può dire per i membri della Commissione. Ma c’è di peggio: le persone che partecipano ai meeting provengono da culture e società dove, secondo le statistiche, più del 70% della popolazione considera i Rom inferiori agli altri cittadini. Come si può credere che siano liberi da simili pregiudizi?

Ironicamente, l’attuale Commissario per i Rom è originaria del Lussemburgo, l’unico paese europeo che dichiara di non avere Rom, e che attua politiche per tenerli fuori dai confini. Nè lei nè altri membri del gabinetto hanno una sia pur minima esperienza nel campo. Un’altra persona che occupa un ruolo molto rilevante per le politiche Rom è una funzionaria che viene da Cipro, un paese con pochissimi Rom. Neanche lei ha esperienza nel settore. Anche se sono persone mosse dalle migliori intenzioni, non sono certo all’altezza. Non ci si possono certo aspettare scelte efficaci e utili da chi non conosce per nulla il problema.

Malgrado i numeri (la popolazione Rom in Europa è stimata tra i 10 e i 12 milioni, più significativa di quella di alcuni Stati membri), i Rom sono malissimo o per nulla rappresentati a livello istituzionale.

Si tratta quindi di razzismo strutturale? La definizione è calzante, considerando che il modo in cui la Commissione opera sembra impedire l’integrazione e la partecipazione civile dei Rom.

Una valutazione critica indipendente dell’operato della Commissione

La burocrazia Europea di alto e medio livello non ha esperienza ma neanche responsabilità o incentivi ad applicare politiche serie per l’integrazione dei Rom. Queste politiche richiederebbe un significativo impegno finanziario e una riforma a livello sia di Comunità Europea sia di governo nazionali. Analisi critica, riforma e monitoraggio costante dovrebbero essere applicate e queste cose non sono benviste. Le carriere politiche a Bruxelles sono costruite con pragmatismo, appoggi politici e sottigliezze diplomatiche. Bei discorsi di facciata e rinvio di investimenti seri nei momenti in cui un funzionario di medio e alto livello è incaricato di occuparsi di Rom sembrano essere il modo migliore per mantenere intatte le possibilità di una carriera di successo.

Propongo quindi una valutazione critica indipendente dell’operato della Commissione sui Rom. Sarebbe un primo passo importante. Il Parlamento potrebbe farsene promotore, in modo da garantire che il prossimo ciclo di finanziamenti porti qualche risultato sulla questione dei Rom. La valutazione dovrebbe occuparsi dell’efficienza dei meccanismi istituzionali e finanziari e fare proposte non censurate per migliorarla. Lo stesso va fatto per gli Stati membri.

Lo scopo non è quello di imbarazzare o accusare qualcuno. Molte persone, ben intenzionate e spesso di grande valore, stanno cercando di dare il massimo per migliorare la situazione sia nell’UE sia nei singoli paesi membri. Ma il contesto istituzionale non aiuta, anzi disturba, e spesso rende i loro sforzi del tutto inutili.

Il problema principale non è che non ci sono progressi. In effetti ci sono. Ma piccoli passi in avanti non bastano a contrastare la corrente negativa che spinge verso l’esclusione dei Rom. Questi passi in avanti diventano del tutto insignificanti se non si adottano riforme serie.

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Nota del traduttore

Un lettore di openDemocracy (drabacus) aggiunge due proposte interessanti in un commento al post:

La prima è quella di indire un concorso per funzionari UE di provenienza Rom. Spesso i concorsi UE sono fatti su base nazionale. Perché allora non discriminare positivamente e assumere funzionari su base etnica? In questo modo Rom qualificati ed esperti arriverebbero a Bruxelles e si creerebbero possibilità di carriera per giovani di talento.

La seconda proposta è quella di far diventare la lingua Rom una lingua ufficiale dell’Unione Europea. Il gaelico, che è parlato da alcune decine di migliaia di persone, è diventato recentemente lingua ufficiale, per cui centinaia di traduttori  sono stati assunti e la visibilità ed importanza del paese è cresciuta. I parlanti Rom sono milioni e potrebbero godere di benefici significativi e acquisire il prestigio culturale di una lingua nazionale ufficiale.

Parlando poi della situazione in Italia, come si vede da questo video non è migliore che nel resto d’Europa.

[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=ncx4LUupDd4[/youtube]

Valeriu Nicolae si occupa di Rom fin dal 1992. Fondatore e presidente del Policy Center for Roma and Minorities in Bucarest. Autore del libro “We are the Roma! One Thousand Years of Discrimination”, pubblicato nel 2012. Questo è il suo primo articolo su openDemocracy, ma sul tema dei Rom ha pubblicato diverse cose su Eurozine, ERCC, Kopachi

Foto riprese da Wikimedia Commons.

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