Bosnia: nasce il partito neonazista bosniaco, a maggioranza musulmano
[Questo post è il primo che rilanciamo dalla rivista online EaST Journal, con cui inauguriamo un importante rapporto di partnership; il pezzo è a firma di Pietro Acquistapace.]
Dal febbraio 2010 anche la Bosnia vede sulla scena politica la comparsa di un movimento politico neonazista, il BPNP (Bosanski Pokret Nacionalnog Ponosa, ossia Movimento dell’Orgoglio Nazionale Bosniaco). I richiami più immediati sono, evidentemente, alla divisione SS Handschar composta in prevalenza da musulmani (non a caso aveva come simbolo una scimitarra, Handzar in croato) e tristemente distintasi nelle operazioni contro i partigiani titini. Da notare che la divisione fu fortemente voluta da Himmler e dal Gran Muftì di Gerusalemme nonostante le resistenze di Ante Pavelic, leader degli ustascia croati, che temeva il pericolo di una futura indipendenza di zone musulmane all’interno dello stato croato.
Nel suo sito, che si apre con la riproduzione di un busto del primo re bosniaco Tvrtko Kotromanic, il BPNP dichiara di avere come nemici “gli ebrei, i rom, i cetnici, i separatisti croati, Tito, i comunisti, gli omosessuali e i neri” e dichiara che la “Bosnia appartiene ai Bosniaci”, negando così il diritto di secessione per i territori serbi e croati, non a caso contestano la definizione di Bosnia e Erzegovina in favore di una più unitaria Bosnia Erzegovina. Proprio l’aspetto ideologico è in ogni caso la parte più interessante di questo movimento politico.
Secondo le stime del Cia World Factbook (l’ultimo censimento è del 1991), relative al 2006, la Bosnia è etnicamente bosniaco-musulmana (bosgnacca) al 48%, ponendo quindi ai neonazisti Bosniaci, e non solo, il problema del rapporto etnia/religione; questi, infatti, includono l’islamismo tra le ideologie “non benvenute” in Bosnia, in compagnia del sionismo, del comunismo e del capitalismo. Il BPNP si trova quindi su un sottile equilibrio, trovandosi nella necessità di enfatizzare, e ricreare, il concetto di “nazionalità bosniaca” per mettere in secondo piano l’appartenenza religiosa, soprattutto nei confronti della stampa occidentale, ma dichiarando poi essi stessi di volersi espandere nelle zone dove la popolazione musulmana è rilevante, come Sarajevo, Zenica, Bihac, Tuzla e Mostar. Detto per inciso la loro idea di “espansione” consiste nell’arrivare a diffondere dei volantini, questo la dice lunga sull’effettiva forza del partito in questione.
Questa esigenza fa sì che la quasi totalità del sito sia dedicata alla storia ed all’ideologia, proprio per dimostrare come l’identità bosniaca si sia sviluppata nel corso di oltre 1000 anni di storia e, come lo stesso Himmler aveva avallato, mantenuta pura attraverso la discendenza dai Goti. Molto interessante notare come venga inoltre dichiarato che membro della “nazione” bosniaca sia ogni “leale” cittadino di Bosnia, al di là di qualunque differenza religiosa.
La nascita di questo partito neonazista, abbastanza isolato dall’estrema destra internazionale proprio per la religione dei suoi membri, è tuttavia significativa delle tendenze in corso nella società bosniaca. Una società da pochi anni uscita dalla guerra e che si trova oggi ad essere uno dei pochi stati europei a maggioranza musulmana col timore, però, della crescita del fondamentalismo islamico di matrice wahabita: anche questa eredità della guerra che vide l’invio di combattenti e armi da Arabia Saudita, Pakistan, Iran e Afghanistan. La presenza di questi fondamentalisti sta creando diverse tensioni nel paese dove, secondo alcuni sondaggi, il 70% della popolazione sarebbe a loro contrario.
Di fronte a tutto ciò la Bosnia è semi-paralizzata dalla sua complessità istituzionale che risente ancora fortemente della pesante eredità degli accordi di Dayton. Sia nel caso del BPNP che nella “questione” wahabita le leggi per arginare la deriva antidemocratica esistono, ma sono di difficile attuazione a causa della carenza degli organi preposti, come dichiarato dal procuratore della repubblica Grubesic. Di fronte a tale realtà l’integrazione delle tre comunità bosniache è fondamentale, ma al momento esistono 12 ministri dell’istruzione a fronte di 500 mila bambini. Ogni cantone della federazione ha il suo ministro, ed il potere di decidere fino al 30% del contenuto programma di studi, con il risultato dell’inesistenza di un curriculum di studi unico per gli studenti bosniaci.
Anche il processo di integrazione europeo, attraverso la liberalizzazione dei visti all’interno dell’area Schengen (dal 15 dicembre 2010), sembra procedere a rilento tra i dubbi e i timori dell’Unione Europea, nonostante l’entusiasmo della popolazione, ed ha portato alla creazione di un meccanismo di monitoraggio.
In conclusione la Bosnia appare un paese ricco di contraddizioni, bisognoso di trovare la sua strada e lasciarsi alle spalle le vicende di 15 anni fa. Ma le vecchie tensioni esistono ancora, e si sommano alle nuove, e sono un freno allo sviluppo futuro della federazione. E chiudendo il cerchio sono ricchi di contraddizioni anche i nazisti locali, musulmani contro l’islamismo e alleati dei fondamentalisti islamici nel picchiare i “diversi”, sostenitori del laicismo e che nel sito si appellano all’Art.19 della dichiarazione universale per i diritti umani.