Altissima moda: come portare veri abiti indigeni sulle passerelle e farne progetti sociali

[Nota: Articolo della giornalista venezuelana Rossana Miranda *, ripreso dall’ultimo numero della rivista Caposud, con cui abbiamo da poco inaugurato un rapporto di partnership.]

Da qualche anno, alcune passerelle a Parigi e New York si vestono con l’etnico stile wayúu. Tipiche tuniche colorate che conservano nei loro intrecci la cultura ancestrale di questa comunità indigena latinoamericana. Una novità, quella di portare autentici indumenti indigeni sugli scenari dell’alta moda e aiutare la loro popolazione, che è stata un’iniziativa della Fondazione Wayúu Taya dell’attrice e modella venezuelana Patricia Velásquez.

L’idea è nata quando, mentre girava un film in Olanda, Patricia si trovò a chiedersi: “Cosa faccio qui se tra la mia gente muore di fame un bambino ogni giorno?”; aveva deciso di emigrare in Europa, e intraprendere una carriera di modella, perché dove abitava con i suoi non c’era neppure l’acqua. Giovane di origini wayúu, dai concorsi di bellezza è arrivata agli schermi di Hollywood, con interpretazioni come “La mummia” (1999) e “Il ritorno della mummia” di Stephen Sommers (2004) e “Zapata. Il sogno dell’eroe” di Alfonso Aráu (2004). Ha partecipato anche alle fiction nordamericane “CSI: Miami”, “Rescue me” e “The L Word” e ha lavorato per Lagerfeld, Chanel, Dior, New York & Company, Gucci, Versace, Dolce & Gabbana e stilisti connazionali come Carolina Herrera, Alberto De Castro e Durant & Diego. Ma, a differenza di tanti, Patricia non ha mai abbandonato le sue radici e i frutti del suo impegno non sono retorica ma concreto aiuto alla sua comunità.

Donne Wayúu indossano tuniche colorate, tipiche della cultura indigena di questa etnia latinoamericana. Foto di Mario Carvajal (Lic. Creative Commons)

I wayúu, o guajiros, sono un’etnia forte, uno dei pochi gruppi latinoamericani che sono sopravvissuti al tempo, alla modernità e alla devastante era colonizzatrice dell’impero spagnolo. Parlano ancora nella loro lingua, il wayunaiki, e vivono sparsi nella penisola della Guajira, tra la Colombia e il Venezuela: il secondo luogo più povero dell’America latina dopo Haiti. I tessuti fatti a mano sono uno degli oggetti simbolo della cultura wayúu. Rappresentano la creatività, l’intelligenza e la saggezza del suo popolo. Le tecniche di lavorazione hanno milioni di anni e si trasmettono di generazione in generazione. Le borse, “susu” in wayunaiki, sono il punto forte, e la loro fabbricazione è legata al processo di socializzazione della femminilità. Durante la pubertà, le donne vivono la fase del blanqueo, quando imparano a fare le borse, e possono essere circondate soltanto di persone dello stesso sesso. Così, si crea un flusso di saggezza e si trasmettono l’esperienza e i trucchi legati alla creatività. Perché i clan wayúu sono “matrilineari”, sono supportati dalla figura della madre, e tutto gira attorno a loro. La donna è il simbolo del rispetto e dell’unità.

Ogni borsa wayúu viene fatta da una sola donna, dall’inizio alla fine, e il suo disegno è unico al mondo. La maggior parte hanno figure geometriche e sono molto colorate. Il tempo di lavorazione è di 20 giornate di otto ore di lavoro. Vengono realizzate anche pentole e piatti in argilla bianca con disegni mitologici ma sono le borse l’elemento più carico di significati. Così, Patricia Velásquez ha pensato di creare una fondazione senza fini di lucro per dare valore al lavoro di queste donne, alla bellezza estetica e alla ricchezza culturale di questi oggetti.

Tipiche borse prodotte dagli Wayùu, chiamate “susu” in wayuinaiki. Foto di Luis Alejandro Bernal Romero (Lic. Creative Commons)

La fondazione si chiama Wayúu Taya, che significa “Sono indigena wayúu”. È nata nel 2002 e raccoglie fondi principalmente per le donne e i bambini che vivono in situazione di povertà estrema. Aiuta a soddisfare le necessità primarie di una popolazione indigena di 450.000 abitanti.
Nel gennaio del 2010, Velásquez creò la “fondazione sorella” Help Haiti Hope per assistere le vittime del terribile terremoto di Haiti. Adesso Wayúu Taya ha vita propria e una forza irrefrenabile. Negli Stati Uniti specialmente. Non è stata un’impresa facile perché la burocrazia spesso ostacola. Tra i fondatori principali, assieme a Patricia Velásquez, ci sono Carolina Herrera e Katie Ford. Ma tra le recenti sostenitrici c’è anche la modella Iman, Luis González Palma, John Galliano, Donna Karan, Christie Brinkley, Olivier Martinez, Billie Myers e Alexa Ray Joel.

Ogni anno, Wayúu Taya realizza una sfilata a New York, che è diventata un evento mondano prestigioso. Grazie a questa festa, si installano strutture che riforniscono d’acqua circa 10.000 persone. Con la vendita delle borse susu, invece, si sono aperti asili nido e scuole. Mentre le donne lavorano le borse, vengono istruite sulla pianificazione familiare, la nutrizione e l’igiene, e il denaro delle vendite torna a loro nei centri di istruzione e assistenza sanitaria. Patricia Velásquez è stata nominata Artista per la pace dall’UNESCO. Ma adesso la sua nuova sfida sarà aiutare nella costruzione di abitazioni per le famiglie wayúu. I riflettori e l’alta moda, a volte, possono servire a difendere culture che non devono passare di moda.

Rossana Miranda è una giornalista venezuelana. Lavora da 4 anni a Roma per il mensile Formiche. Collabora con diverse testate italiane e latinoamericane. È coautrice del libro “Hugo Chávez. Il caudillo pop” (Marsilio, 2007).

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