23 Novembre 2024

stati uniti

Guerre cibernetiche, quel pericolo silenzioso e sottovalutato

Uno sguardo ai conflitti che nessuno vede, nel mondo cibernetico, lontano dai nostri occhi e dalla nostra comprensione. In questo Wild West che è l’Internet di oggi, i giganti mondiali si contendono grandi fette di potere: dalle intelligence che colpiscono le centrali nucleari dell’Iran, alla Russia di Putin che diffonde fake news per alterare gli equilibri elettorali, fino alla Cina che emerge come nuovo leader tecnologico grazie a operazioni di furto intellettuale. Ne abbiamo parlato con Michail Maniatakos, esperto di cybersecurity e docente alla New York University di Abu Dhabi.

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Crisi USA-Iran, escalation contraria alle norme internazionali

Il 3 gennaio scorso, il generale Soleimani, comandante della forza iraniana Quds, ha trovato la morte in un attacco mirato condotto dagli Stati Uniti in Iraq. La reazione iraniana non si è fatta attendere. Nella notte tra il 7 e l’8 gennaio, una pioggia di missili ha colpito le basi americane di Ayn al-Asad e di Erbil. Lo “scontro” in atto tra i due Paesi, al di là delle considerazioni geopolitiche, solleva importanti questioni di carattere giuridico attinenti, in primis, alle norme sull’uso della forza armata. Voci Globali ne ha parlato con il professore Carlo Focarelli, titolare della cattedra di diritto internazionale presso l’Università di Roma Tre.

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Crisi Russia-Ucraina, un vantaggio per il mercato delle armi USA

Il conflitto in corso tra i due Paesi non sembra placarsi, soprattutto dopo la recente crisi dello stretto di Kerč, ed è anche un’opportunità di profitto per le grandi imprese statunitensi produttrici di armamenti. Gli Stati Uniti hanno infatti ribadito il loro impegno nel fornire supporto all’Ucraina e ai suoi militari fornendo sistemi anticarro e se necessario intervenendo anche in altri sistemi di difesa. Ma chi trae maggiore beneficio da questi “aiuti”? Non certo i civili ucraini, dal momento che questo conflitto ha già mietuto più di diecimila vittime.

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Trump e l’ossessione della guerra all’Iran “per stabilire la pace”

La situazione in Medio Oriente si fa sempre più tesa. Dopo il vertice di Varsavia è sempre più netta la posizione del presidente USA e dei suoi falchi rispetto a quello che ora è considerato il Paese più pericoloso, capace di destabilizzare l’intero scacchiere mediorientale. Alla retorica americana la comunità internazionale non sembra riuscire a contrapporsi altrettanto nettamente, anche se appare chiaro che l’ipotesi di un forte fronte anti-iraniano è al momento sempre più lontano. Come uscire da una situazione che per certi versi sembra riproporre quanto già accaduto con la guerra in Iraq?

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Haiti contro Moïse, presidente spalleggiato dagli USA

Da mesi il popolo haitiano è in rivolta, con gli abitanti che si sono riversati nelle strade in massa per chiedere le dimissioni del presidente eletto nel febbraio 2017. A scatenare le proteste è stata la comunicazione del Governo di voler ridurre i sussidi sul carburante, ma in realtà l’insurrezione ha radici molto più profonde. Infatti, nonostante i colpi di Stato orchestrati dagli Stati Uniti contro l’ex capo di Stato Aristide, le successive elezioni caratterizzate da brogli e inganni e, infine, la povertà diffusa tra la maggioranza delle famiglie, il movimento popolare è sopravvissuto e ora chiede giustizia e cambiamenti.

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Medio Oriente, il ruolo di Arabia Saudita, Iran e Stati Uniti

Il precario equilibrio su cui si regge la trama delle alleanze nell’area è definito dalla rivalità geopolitica fra Arabia Saudita e Iran, storicamente alimentata dagli interessi degli Stati Uniti. Entrambi i Paesi hanno portato lo scontro in diverse zone di influenza che coprono l’intero spettro della regione: Bahrain, Libano, Siria, Yemen, passando per le primavere arabe e fino agli ultimi sviluppi del conflitto israelo-palestinese. Un quadro della situazione attuale e come si è sviluppata attraverso gli eventi dei decenni scorsi.

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Usa: agenda della resistenza e libertà di stampa a rischio

La settimana pre-natalizia è stata caratterizzata, a livello mainstream, dalle nuove nomine del Trump Team e dal voto degli Electoral College, che ne ha convalidato la vittoria nonostante diffusi richiami al “voto di coscienza“. Passata la paura con riferimento ai collegi, prende dunque forma l’Amministrazione “più ricca della storia Usa”. Sul fronte dell’attivismo, emerge intanto una dettagliata agenda per la “resistenza dei primi 100 giorni”.

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Bambini soldato in 23 Stati, ma un film ripropone ancora l’Africa

Con il proliferare del terrorismo internazionale emerge che sempre più bambini e adolescenti, ragazzi e ragazze, vengono reclutati e impiegati per combattere. All’inizio di quest’anno l’Unicef ha pubblicato un report in cui si stima che oggi nel mondo i “child soldiers” sono 250mila e 23 gli Stati che li utilizzano in forma diretta e indiretta. Nonostante le Convenzioni e i protocolli vigenti, ancora si è lontani dal fare progressi affinché non vengano coinvolti minori negli scenari di guerra. Intanto, il film ‘Beasts of no nation’ provoca critiche e riflessioni.

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Yemen, un conflitto destinato a non spegnersi

Mentre si aggrava la crisi umanitaria nel Paese, l’Arabia Saudita ha allentato la pressione militare – almeno per ora. Tuttavia non sembra che sia in vista la fine del conflitto. L’Arabia Saudita difficilmente si tirerà indietro, almeno fino a che la minaccia posta dagli Houthi alla stabilità dello Yemen – e l’intromissione iraniana – sarà respinta. Come ha spiegato il teorico della guerra Carl von Clausewitz, il conflitto potrebbe avere le sue regole, ma la logica di fondo è sempre politica, e nello Yemen, come in Siria, in Iraq e in Libia, è molto evidente.

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