2 Novembre 2024

sorveglianza

Russia, il timore della repressione frena chi si oppone alla guerra

Dall’inizio dell’invasione russa in Ucraina, in tanti si chiedono il motivo per cui anche gli oppositori russi non scendano in piazza a protestare contro la guerra. Le ragioni sono tante e tra queste troviamo non solo gli arresti ma anche la presenza di sistemi di tracciamento elettronico e il fatto che le proteste in realtà sono controproducenti per l’individuo su vari livelli. Eppure, nonostante la presenza di uno Stato repressivo e totalitario, per le strade delle città continuano a esistere proteste visive, scritte contro la guerra e graffiti che dimostrano come l’animo umano sia irreprimibile.

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Covid-19, gli USA nel caos. E già persi 10 mln di posti di lavoro

L’emergenza sanitaria sta mettendo in ginocchio anche la nazione più ricca e industrializzata del pianeta. Nonostante quanto accaduto e osservato in Cina e poi in Paesi come l’Italia e la Spagna. Tale scenario si sarebbe potuto e dovuto attenuare. Colpisce la mancanza di un piano di prevenzione, in particolare per l’approvvigionamento di apparecchiature medicali, e di coordinamento a livello federale. Nel frattempo emergono iniziative di base ispirate alla solidarietà, anche grazie a social come Nextdoor, modelli possibili di un nuovo senso di “community”.

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Germania, echi del passato più buio nelle nuove leggi di polizia

Dopo Regno Unito e Francia, i Länder della Repubblica Federale annunciano leggi per rafforzare i poteri di polizia in nome della lotta al terrorismo e del contrasto ai migranti. Nonostante le manifestazioni – 30.000 persone scese in piazza a Monaco in maggio – in Baviera sono stati approvati i nuovi regolamenti, una simile partita è aperta in Nordreno-Vestfalia. Oltre che per le lesioni dei diritti personali quali la libertà di riunione e di espressione, minacciate da queste misure, la mobilitazione è intensa anche per la loro evocazione del periodo più tragico della Storia tedesca.

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Quando la protesta nasce sui social e i governi li oscurano

Cresce il malcontento contro politiche e governi, e corre veloce sui canali che le persone usano quotidianamente, ormai in tutto il mondo. Ma la risposta, in molti Paesi, dalla Turchia all’Etiopia, dal Brasile al Vietnam, è oscurare i canali social: bloccare Facebook, Twitter, YouTube per far sì che le criticità non emergano, che gli attivisti non si organizzino, che un movimento di protesta non si possa costituire. E non è solo una questione di diritti politici e di espressione, uno studio sottolinea – infatti – come questi blocchi abbiano anche un grave impatto sull’economia dei Paesi in questione.

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Il dopo Snowden e l’invadenza della sorveglianza globale

Intervista a Carly Nyst, attivista e avvocato. Controllo politico attraverso Internet, terrorismo e pensiero radicale. “In Occidente abbiamo lo stesso livello di sorveglianza di Paesi come Tunisia, Libia, Egitto. Penso che questa scoperta abbia rappresentato un momento fondamentale […] Nei Sud del mondo c’è una corsa all’utilizzo della tecnologia mobile e di altri tool che non è accompagnata da sufficienti norme; un divario tra il mondo in via di sviluppo e i Nord del mondo esiste, ma non si può continuare a dire che le cose sono molto meglio qui anziché là, perché non è più così”.

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Cina, oltre la sorveglianza: al via sistema di credito sociale

Tra Orwell e Confucio, il governo è in procinto di lanciare un sistema nazionale di valutazione dei cittadini destinato a misurarne l’affidabilità agli occhi del governo. Attraverso una combinazione dei dati finanziari, di quelli relativi agli acquisti effettuati online, del comportamento sui social media e dei dati relativi alla storia lavorativa, il sistema produrrà uno scoring complessivo di misurazione del “credito sociale” per ogni cittadino cinese. Incentivata la condivisione del punteggio raggiunto con i propri contatti online.

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USA, dopo Parigi gli attacchi alla libertà online

Nell’ambito della Fiera Nazionale della Piccola e Media Editoria è stato presentato il libro di Julian Assange “Quando Google ha incontrato Wikileaks”; ne abbiamo approfittato per rivolgere alcune domande al traduttore italiano del testo (con Stefano Salpietro) Bernardo Parrella, attivista e giornalista online residente da tempo negli USA. Naturalmente non potevamo non tener conto dei recenti attentati a Parigi che plasmeranno senz’altro le dinamiche del conflitto in corso tra potere e cittadini, tra sorveglianza e libertà.

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La crisi dei rifugiati, i diritti digitali e le censure dei governi

Le storie di rifugiati che si allontanano in massa dalla Siria e da altri Paesi teatro di conflitti per cercare di raggiungere l’Europa occidentale si trasferiscono nel territorio parallelo dei diritti digitali, dato che l’accesso alle reti di comunicazione è diventato davvero vitale per chi si muove a piedi in territori sconosciuti, e dovendo anche affrontare una crescente pressione da parte delle autorità di frontiera nell’Europa meridionale e centrale. Questa e altre storie in Rete da una sintesi del Netizen Report, bollettino settimanale a cura di Global Voices Advocacy.

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Hacking Team e le rivelazioni sull’Etiopia

La scorsa settimana è stata pubblicata una vasta raccolta di email che dimostra come l’azienda di sorveglianza italiana Hacking Team abbia venduto le proprie tecnologie a governi di tutto il mondo. Tra i vari governi coinvolti c’è anche quello dell’Etiopia: le informazioni trapelate hanno mostrato che l’obbiettivo erano i giornalisti etiopi residenti negli Stati Uniti. Il governo etiope ha un record deplorevole riguardo alla libertà di stampa, e la diaspora dei giornalisti etiopi è di vitale importanza per presentare la situazione reale all’interno del Paese. Perché un Paese così dipendente dagli aiuti esteri spende milioni di dollari per spiare i propri giornalisti in esilio?

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