21 Novembre 2024

femminicidi

Colombia, le mille ferite che il presidente di sinistra dovrà curare

La popolazione colombiana ha voglia di voltare pagina e lasciarsi alle spalle tutto il dolore causato da troppi anni di guerra tra gruppi armati, non ancora del tutto sconfitti, nonostante la pace firmata nel 2016 tra Governo e FARC. A margine del conflitto c’è un’agricoltura da far fiorire, strappandola alle piantagioni di coca, una profonda povertà da sradicare, una disuguaglianza endemica da sconfiggere, un tessuto sociale da emancipare e appacificare. Compiti difficili, in un Paese dove ancora si subiscono violenze. La missione del neoeletto presidente Petro è ricominciare dai diritti calpestati.

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Nicaragua, il Governo Ortega mette fuori legge i gruppi femministi

Dal 2018, il regime di Ortega ha obbligato 267 ONG nicaraguensi a chiudere, dopo averle sottoposte a forti limitazioni. Chi ne paga le conseguenze sono le parti sociali più vulnerabili come donne e giovani LGBTQI che vedono cadere, con le organizzazioni, anche la protezione dei propri diritti. In un Paese in cui sessismo e omofobia dilagano, una grossa parte della popolazione si ritrova scoperta da qualsiasi tutela. Su 13 rifugi destinati a donne e bambini vittime di violenza di genere, solo 3 sono ora attivi ma costretti a operare clandestinamente pur di non abbandonare i loro assistiti.

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Turchia, quel mondo femminile tra maschilismo e patriarcato

Lottare per il riconoscimento dei propri diritti è ancora una priorità per le donne turche. Attiviste e associazioni si battono da anni per garantire indipendenza economica, protezione dalla violenza degli uomini e libertà di decidere della propria vita senza tabù. Ma in un Paese dove solo nel 2020 ci sono stati 300 femminicidi e la retorica di Erdoğan esalta sempre di più la maternità come unica espressione femminile, l’emancipazione è molto difficile. E nell’anno nero della pandemia la situazione è ulteriormente degradata.

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L’umanità dilapidata, la speranza sta nei “giusti”

Nel 2018 si sono celebrati i 70 anni della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Ma il verbo celebrare non è adeguato. Questa parola dovrebbe esprimere non solo l’ufficialità di un evento ma anche la gioia e partecipazione che dovrebbe accompagnarlo. E, invece, non c’è molto da gioire. L’erosione dei diritti è costante e sempre più rapida. Se c’è una cosa che accomuna molti Stati, Governi, Istituzioni è oggi la degenerazione della giustizia sociale. È proprio di questi tempi che bisogna alzare la testa. Diventare protagonisti di un cambiamento. Lo hanno fatto i premi Nobel per la Pace Denis Mukwege e Nadia Murad, ma anche uno sconosciuto, Omar Abdel Jabar.

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