Autore: Manuel Castelletti

Nel cuore dell’Africa l’agonia di animali, parchi e riserve

Si continua a morire al Parco Virunga, in Repubblica Democratica del Congo. La sopravvivenza del più antico parco dell’Africa continua ad essere appesa a un filo, ma nel Paese non se la passano certo meglio gli altri parchi, sui quali incombono le stesse minacce: bracconaggio, distruzione dell’habitat, presenza di milizie armate e ricerca di minerali preziosi. Le cause della distruzione di un patrimonio di tutta l’umanità, quale era e in parte rimane l’eccezionale biodiversità dell’immenso territorio della RDC sono diverse, alcune complesse e altre meno, ma tutte legate a un modello di società non più sostenibile.

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L’Africa brucia e la foresta del Congo è la vittima sacrificale

Tra il 2002 e il 2011 il 70% degli incendi a livello mondiale è avvenuto in Africa. La principale causa sono le attività agricole, in particolare la slash-and-burn agriculture, pratica che prevede il taglio e successivo incendio della vegetazione per poi ricominciare a coltivare. In questo modo il terreno tropicale perde fertilità. Ma c’è anche un altro problema: la famelica richiesta di legname dall’estero. Il futuro delle foreste tropicali della RDC si deciderà nel prossimo mese, quando il Governo norvegese deciderà o meno di finanziare i piani dell’Agenzia Francese per lo Sviluppo, che intende dare nuove concessioni di sfruttamento all’industria del legname.

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Kinshasa, gli orti nelle discariche e la diossina al posto dell’aria

Un breve reportage da una delle capitali più inquinate e pericolose al mondo. Un cooperante che da anni vive e lavora nella Repubblica Democratica del Congo ed esperto di tematiche ambientali ci porta tra le strade e tra la gente di questo inferno abbandonato a se stesso dove il “progresso” ha portato alla crescita di una sorta di “consumismo di sussistenza”. La nube tossica che avvolge la città è tra le cause di malattie fisiche e mentali. E non si sa neanche il numero esatto degli abitanti, forse addirittura 20 milioni, di questa “megalopoli insaziabile” di disagio e sofferenza.

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