L’antica terra de los Chancas, storia sepolta dal conflitto
Questo post è stato scritto da David Serra, antropologo interessato allo studio delle relazioni che intercorrono tra conflitti armati interni, economie di morte transnazionali e comunità indigene in territorio colombiano, peruviano e sudamericano in generale. Attualmente lavora in un progetto di cooperazione internazionale in Apurimac (Perù) nel campo dei Diritti Umani.
Da qualche parte nel mezzo della Cordillera de los Andes, c’è un luogo isolato e sotto molti aspetti dimenticato. È lì, nel cuore meridionale dell’imponente dorsale andina, che risiede l’antica terra de los Chancas, ancestrali abitatori degli altipiani apurimeñi che per lungo tempo resistettero ai tentativi di conquista incaici fino allo scontro decisivo avvenuto attorno alla metà del XV secolo nella battaglia di Yawarv Pampa dove, guidati da Anco Huayllo dovettero sottomettersi all’imperatore inca Pachacutec.
L’Apurimac è una zona contraddistinta da una secolare storia di isolamento e violenza. Dopo l’indipendenza, raggiunta nel 1821 sotto l’egida del leggendario libertador Simón Bolívar, in questa regione ha continuato a perpetuarsi un sistema di potere latifondista che, nelle isolate comunità campesinas della regione, a mala pena ha fatto avvertire la differenza tra il periodo coloniale e il nuovo periodo repubblicano. Una soluzione di continuità verrà interrotta solamente dalla riforma agraria portata avanti dal presidente José María Velasquo Ibarra negli anni Settanta. Grazie a questa riforma vennero parcellizzate e ridistribuite al popolo le antiche tenute dei latifondisti permettendo la fioritura di un nuovo e più equo sistema sociale e produttivo.
Ciò nonostante, negli anni Ottanta del XX secolo, nacque, nella limitrofa regione di Ayacucho, un gruppo rivoluzionario di ispirazione maoista denominato Sendero Luminoso. La guerra interna che si generò tra questo gruppo guerrigliero con ambizioni sovversive e l’esercito peruviano sfociò in una sequela di cruenti scontri che portarono al colpo di Stato dell’allora presidente Alberto Fujimori che assunse poteri dittatoriali dando inizio a una forte repressione contro Sendero nella quale la parte maggiormente lesa fu la società civile.
Nel 2003 La Comisión de Verdad y Reconciliación (CVR) peruviana rese pubbliche nel suo Informe final le cifre ufficiali riguardanti le vittime del conflitto, attribuendo a Sendero Luminoso la responsabilità della morte di 12.564 persone alle quali vanno sommate le 7.334 esecuzioni arbitrarie commesse dalle Forze Armate peruviane. In ogni caso queste cifre si riferiscono solo ai casi di morte registrati ufficialmente e la stessa CVR stima che il reale numero delle vittime del conflitto armato interno si aggiri attorno alle 69.000 persone di cui il 54% è attribuibile a Sendero Luminoso e il restante 46% al Esercito peruviano. La quasi totalità delle vittime (75%) appartengono a comunità indigene andine di lingua quechua.
Apurimac fu una delle regioni del Paese maggiormente colpite dal conflitto armato interno e tuttora continua ad essere una delle regioni più povere del Perù e di tutto il Sudamerica. In questa zona la presenza dello Stato ha sempre faticato ad arrivare e tuttora molte zone rurali risultano totalmente isolate. Situazione che ha permesso a Sendero Luminoso di espandersi rapidamente per le remote comunità campesinas e di prenderne facilmente il controllo con l’uso della violenza. Una volta iniziato il conflitto tra guerriglieri e Forze Armate le comunità si trovarono al centro di un lotta intestina dove le differenze tra militari e sovversivi si sfumavano di fronte alle spregiudicate strategie belliche attuate dai due gruppi armati coinvolti.
“…Incluso los militares llegaban acá haciéndose pasar como senderistas: “compañero dígame” decían los militares y sin embargo nunca le contestábamos compañeros, si no que le decíamos señor. A los dos les decíamos señor, nunca le decíamos compañeros, porque sí decíamos compañeros era de frente la muerte…”
“Anche i militari, quando arrivavano qua, si facevano passare come senderisti: “dimmi compagno” ci dicevano, ma noi non gli rispondevamo mai compagno, gli dicevamo signore. A entrambi gli dicevamo signore, perché se gli avessimo detto compagno sarebbe stata morte sicura…”
Come spesso si ripete in questo genere di conflitti interni, che hanno come sfondo zone rurali dove lo Stato non ha mai avuto una presenza fissa e continuativa, i gruppi armati, durante le loro visite ai villaggi, accusavano e spesso giudicavano gli abitanti delle comunità sulla semplice base del sospetto. In questo modo sono svaniti i confini tra militari e sovversivi e si è creata una generalizzata situazione di sfiducia e impotenza nella popolazione civile alla quale non è rimasto altro che scappare abbandonando le proprie terre per iniziare un lungo viaggio della speranza fino ai grandi centri abitati del Paese.
Solo in Apurimac, a causa del conflitto interno, si desplazaron più di 60.000 persone su una popolazione totale di poco più di 400.000 abitanti. Durante gli anni del conflitto nelle remote comunità campesinas rimasero praticamente solo gli anziani e, questi massivi sfollamenti, interruppero un sistema di trasmissione orale delle conoscenze che nella Sierra aveva permesso di conservare molte tradizioni ancestrali andine sopravissute al proselitismo armato della conquista spagnola.
Oggi l’antica terra de los Chancas è la seconda regione più povera del Perù, con un tasso che raggiunge il 60%, all’interno del quale una persona su cinque si ritrova in condizioni di povertà estrema ed è costretta a sopravvivere con una cifra che si aggira attorno ai 30/40 euro mensili .
Con l’inizio del nuovo millennio si conclude il periodo della violenza lasciando danni materiali e immateriali incalcolabili e una profonda cicatrice nella memoria collettiva del Paese che difficilmente si potrà superare nell’arco di una sola generazione.
“Le pregunté a mi hijo donde estabamos cuando pasó todo esto.
Me contestó: aquí, pero no nos importaba porque eran serranos. No olvidemos”
“Domandai a mio figlio dove eravamo quando successe tutto questo. Mi rispose: qua, ma non ci importava perché erano serranos (letteralmente montanari, della sierra/montagna. In molti casi l’espressione si carica di valori negativi e discriminatori Ndt). Non dimentichiamo
Anonimo, Lima
Bravo!, lasciateci sentire li voci dimentichate.
Grazie.