Schiavitù moderna, il lato oscuro di una globalizzazione disumana

Come ogni anno, l’8 marzo riporta al centro dell’opinione pubblica le questioni relative all’emancipazione femminile in tutto il mondo. Resa ufficiale dalle Nazioni Unite nel 1977, la Giornata Internazionale della Donna permette di stilare un bilancio sulle conquiste raggiunte e sugli obbiettivi ancora distanti. Le nuove difficoltà economiche e sociali portate dalla pandemia e dallo scoppio della guerra in Ucraina, hanno peggiorato nettamente la condizione femminile al livello globale.

Nel mese di febbraio è stato diffuso il rapporto redatto dall’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche (INAPP) intitolato “Il lato oscuro della globalizzazione. Osservazioni su traffico di esseri umani e prestazioni servili”. Edito da Antonello Scialdone, dirigente di ricerca presso l’INAPP, l’elaborato fornisce spunti di riflessione sullo stato attuale della tratta di esseri umani a fini sessuali. Quest’ultima si lega anche al fenomeno dei matrimoni forzati e riguarda  principalmente donne e minori.

Negli ultimi anni si è registrato un sensibile aumento dei numeri della tratta e del lavoro forzato. Stando all’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL), nel 2022, circa 50 milioni di persone risultavano essere vittime. Recentemente, si è verificata un’inversione di tendenza tra  lavoro forzato e tratta per fini sessuali. Le analisi condotte dall’INAPP mostrano come la tratta, oltre a riguardare tutte le principali aree del globo, produca anche i ricavi maggiori. Soltanto in Europa il guadagno stimato per la criminalità organizzata è di circa 23,5 miliardi di euro l’anno.

Grafico realizzato dall’OIL che mostra i dati relativi al lavoro forzato e alla schiavitù sessuale. Tratto da “Global Estimates of Modern Slavery“, edito nel settembre 2022

Secondo l’UNODC, la pandemia e la guerra in Ucraina, per la prima volta in vent’anni, hanno ridotto la capacità delle autorità nelle attività di contrasto. Il traffico internazionale si è adattato al contesto pandemico, rendendo più difficoltoso il tracciamento delle reti criminali. In più, l’invasione russa ha esposto donne e minori non accompagnati a violenze e sfruttamento.

Un risvolto altrettanto drammatico riguarda i matrimoni forzati. Come la tratta per scopi sessuali, il matrimonio forzato è presente in tutti i continenti, raggiungendo i numeri più alti nei Paesi arabi. Dal 2016 al 2021 le vittime sono passate da 15,4 milioni a 22,8 milioni e più di due terzi sono donne. I matrimoni forzati colpiscono molto spesso donne non ancora maggiorenni. L’UNICEF ha stimato che oggi nel mondo sono 650 milioni le donne che si sono sposate prima di aver raggiunto i 18 anni.

Anche in questo caso, il COVID-19 ha aggravato il quadro generale. La chiusura delle scuole, assieme al peggioramento dell’economia globale, ha reso vulnerabili molti minori. Inoltre, la morte di genitori o parenti ha acuito la mancanza di tutele. Si stima che nei prossimi dieci anni saranno 10 milioni i minori in più che saranno esposti ad abusi.

Grafico realizzato dall’OIL relativo all’aumento del numero di vittime di matrimoni forzati. Tratto da “Global Estimates of Modern Slavery“, edito nel settembre 2022

Come sottolineato dalle principali sigle internazionali e dall’INAPP, ad alimentare il traffico di esseri umani e i matrimoni forzati convergono diversi fattori. In primo luogo, le forti disuguaglianze al livello globale hanno reso critici i mezzi di sussistenza di molte persone. La contrazione di servizi e assistenza sociale ha moltiplicato i rischi. In aggiunta, l’instabilità politica e ambientale degli ultimi decenni pone una minaccia sempre più grave, allargando le fasce più esposte a questo tipo di sfruttamento. Uno dei problemi principali è la violenza patriarcale, profondamente radicata nella società globalizzata.

Per ciò che riguarda il contesto italiano i punti di contatto con la realtà mondiale sono evidenti. In Italia i casi di matrimonio forzato sono cresciuti in maniera sensibile. Sono 35 i casi rilevati dal 2016, di cui 20 sono relativi al 2021. La maggior parte riguarda ovviamente donne, circa l’85% e di queste un terzo sono minorenni. Negli anni sono stati sviluppati diversi strumenti di contrasto, uno tra tutti è il “Codice rosso”, una linea telefonica attiva h24 contattabile con il numero 1522. Mentre dal 2000 è attivo il Numero Verde Antitratta, anch’esso attivo h24 e multilingue.

Immagine dal sito ufficiale dedicato al numero verde 1522

Tali provvedimenti si sono dimostrati degli strumenti efficaci, ma le difficoltà sono diverse. La mancanza di riconoscimento del matrimonio forzato come crimine in sé pone degli ostacoli difficilmente arginabili. In più, la carenza di strutture sicure dove accogliere e proteggere le vittime è uno dei limiti principali del sistema italiano. L’iter per le vittime di violenza è particolarmente duro. La mancanza di contatti con l’esterno, per evitare che le vittime possano essere contattate dai loro abusanti, è un fattore di stress rilevante. Non sempre è possibile ottenere mezzi e personale per garantire attività a sostegno delle ospiti e questo complica il percorso di protezione.

La tratta per fini sessuali in Italia ha raggiunto numeri critici dopo la pandemia. Nel 2021 sono state 2.040 le persone vittime di tratta, di cui l’81,8% sono donne e il 5,1% minori. Riguardo alla provenienza delle vittime il 72% proviene dalla Nigeria, mentre gli altri Paesi ricorrenti sono la Costa d’Avorio, il Pakistan, il Gambia e il Marocco. Negli ultimi anni, la Nigeria è divenuto uno dei Paesi africani più colpiti dal traffico illegale. Questo riguarda soprattutto le donne, che vengono attirate da promesse lavorative o migliori condizioni di vita in Europa. Una volta raggiunta l’Italia le promesse diventano sfruttamento e violenza.

L’INAPP sottolinea come spesso sia difficile ricostruire la rete di sfruttamento. Spesso le cosiddette madame, complici dei trafficanti, sono state loro stesse vittime di violenza durante la loro esperienza migratoria. Ciò non facilita il lavoro delle autorità e dei servizi sociali nel tutelare le vittime. Infine, tra le principali cause che espongono donne e minori allo sfruttamento, spiccano: la precarietà economica, il disagio abitativo e gli abusi all’interno del proprio nucleo familiare.

Numero Verde antitratta, attivo h24 e disponibile in francese, inglese, romeno, russo, spagnolo, albanese, bulgaro, serbo e portoghese

A questo proposito il 19 ottobre 2022 il Governo italiano ha adottato il “Piano Nazionale d’Azione contro la tratta e il grave sfruttamento degli esseri umani per il 2022-25″. Tale provvedimento mira a ridurre i fattori di rischio per le vittime. Le principali aree di intervento sono la prevenzione del fenomeno, la persecuzione delle reti criminali e la protezione e l’assistenza a favore delle vittime. In conclusione, il Piano prevede anche una maggiore cooperazione con i Paesi coinvolti nella tratta. In merito alla cooperazione con Paesi terzi, le perplessità sono molte. Spesso le vittime rischiano di essere rimpatriate ed esposte a nuovi rischi proprio a causa di ciò.

Quello che è altrettanto cruciale per un’analisi completa di questi fenomeni, è una prospettiva che tenga conto della violenza di genere. Questa è una caratteristica insita nelle società patriarcali che accomuna tutti i Paesi al livello globale. La condizione di subordinazione di donne e minori è alla base delle violenze.

In Italia la violenza di genere e lo sfruttamento sessuale sono strettamente connessi. I dati diffusi dall’Osservatorio Nazionale di Non Una di Meno forniscono dei dati rilevanti. Nel 2022, dei 108 femminicidi registrati ci sono 8 vittime legate al sex-working. Riguardo poi al tema della prostituzione forzata, il carattere punitivo della legislazione italiana nei confronti delle sex-worker influisce negativamente sulla tutela delle vittime.

Per debellare la tratta per sfruttamento sessuale e il matrimonio forzato occorre in primo luogo decostruire la natura violenta della società patriarcale. Questo modello alimenta le disuguaglianze al livello globale e locale. La rigidità della divisione sociale basata sul genere relega le donne a mansioni sociali prestabilite, spesso di tipo subordinato al genere maschile. Ciò continua a relegare donne e minori nelle fasce maggiormente esposte a fenomeni di violenza e sfruttamento.  Soltanto un ripensamento radicale della società contemporanea potrà fornire la spinta necessaria per un cambiamento decisivo.

Alessandro Cinciripini

Laureato in Studi dell’Africa e dell’Asia presso l’Università di Pavia, interessato a Vicino Oriente, Balcani e diritti umani. Attualmente a Sarajevo dove si occupa di progetti di promozione sociale e interculturale.

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