23 Novembre 2024

I Paesi eurasiatici dove la legge consente l’impunità agli stupratori

[Traduzione a cura di Luciana Buttini dall’articolo originale di Lucy Martirosyan pubblicato su openDemocracy]

Fermare la violenza contro le donne. Immagine ripresa da Flickr/Fiqria Goginashvili in licenza CC
“Fermare la violenza contro le donne”. Immagine ripresa da Flickr/Fiqria Goginashvili su licenza CC

Secondo un nuovo rapporto pubblicato da Equality Now, un’organizzazione internazionale per i diritti delle donne, le leggi in materia di violenza sessuale in Paesi quali Georgia, Kazakistan, Kirghizistan e Uzbekistan risultano obsolete e prevedono che, in caso di stupro o violenza, le vittime dimostrino che il reato subìto sia stato compiuto attraverso l’impiego della forza fisica.

In Ucraina, invece, il Governo ha migliorato le leggi circa la criminalizzazione e la persecuzione dello stupro, nonostante faccia fatica ad applicarle.

Tamar Dekanosidze, rappresentante di Eurasia per Equality Now e coautrice del rapporto, in un’intervista a openDemocracy ha dichiarato:

Rafforzare le leggi in materia di violenza sessuale è fondamentale affinché le sopravvissute ottengano giustizia e gli autori siano ritenuti responsabili, il che appare estremamente difficile vista l’attuale legislazione vigente in Georgia, Kazakistan, Kirghizistan e Uzbekistan.

Nel report si invitano questi Paesi eurasiatici a rivedere la loro legislazione sulla violenza sessuale andando a riformulare le definizioni di stupro e violenza sessuale in base al consenso e abolendo l’obbligo di dimostrare la violenza fisica.

Dekanosidze ha affermato:

Queste disposizioni consentono l’impunità per i colpevoli e impediscono alle vittime di avere giustizia.

Ucraina: problemi nel far rispettare la legge

In qualità di ex membro dell’Unione Sovietica, l’Ucraina condivideva definizioni simili di stupro con la Georgia, il Kazakistan e il Kirghizistan. Ora risulta l’unico Paese dell’Eurasia ad aver modificato la sua definizione di stupro in base agli standard internazionali in materia di diritti umani.

Nel 2019, l’Ucraina ha modificato il proprio codice penale definendo lo stupro come penetrazione sessuale senza il consenso volontario della vittima. Il consenso infatti si considera volontario se è il risultato di un atto e di un’azione libera di una persona. Ma secondo quanto riportato nel report, gli esperti locali affermano che le forze dell’ordine ucraine non applicano adeguatamente la nuova definizione basata sul consenso.

Viene spiegato, infatti, che i tribunali di grado inferiore continuano ad avere difficoltà con il concetto di consenso,  concentrandosi invece su aspettative stereotipate del comportamento delle vittime.

In questo modo denunciare uno stupro risulta difficoltoso. Se una superstite sporge denuncia alla polizia dopo il reato, è impossibile sottoporsi a una visita medica forense. Senza prove fisiche di rapporti sessuali, le probabilità che il caso della vittima raggiunga i tribunali sono scarse. E anche quando ci arriva, i tribunali inferiori incolpano spesso la donna commentando il suo aspetto e il comportamento precedente all’aggressione sessuale.

Dekanosidze ha affermato che:

Cambiare le leggi non è sufficiente se questo non è accompagnato da forti misure e procedure di attuazione che non siano influenzate da stereotipi di genere.

E ha poi aggiunto che:

La riforma non è efficace se le prove richieste per dimostrare lo stupro sono estremamente gravose e la dignità delle vittime non viene rispettata durante il procedimento.

Lo scorso luglio, l’Ucraina si è unita ad altri 36 Paesi nella ratifica della Convenzione di Istanbul circa la prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne.

La Convenzione richiede ai membri di attuare la legislazione sulla violenza sessuale o altre misure che sanciscono il concetto secondo cui il consenso deve essere dato volontariamente in circostanze che rafforzano il libero arbitrio di una persona.

Miti e stereotipi di genere

La Georgia ha ratificato la Convenzione di Istanbul nel 2017. Tuttavia, a differenza dell’Ucraina, le sue leggi sulla violenza sessuale definiscono ancora in modo restrittivo lo stupro attraverso l’uso della forza fisica, piuttosto che riconoscere la possibilità di altre forme di coercizione, come il danno psicologico o economico.

In Georgia se non si ricorre all’uso della violenza per costringere una donna ad un atto sessuale, il reato non è considerato stupro quanto piuttosto coercizione al rapporto, il che è trattato come un crimine meno grave.

Il Gruppo di esperti/e indipendenti del Consiglio d’Europa sulla lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (GREVIO), sulla scia di quanto affermato nella Convenzione di Istanbul, ha consigliato alla Georgia di modificare le sue leggi perché riflettano il concetto che qualsiasi atto sessuale compiuto su un’altra persona senza il suo libero consenso costituisce una forma di comportamento criminale. Tuttavia, la legge rimane invariata.

Dekanosidze ha affermato che:

Lo stupro è intrinsecamente un atto violento e non dovrebbe esserci alcun obbligo di legge a dimostrare che l’aggressore ha fatto ricorso a ulteriore violenza o forza.

Nel frattempo, oltre alla necessità di provare la forza fisica, il Kazakistan, il Kirghizistan e l’Uzbekistan continuano a definire il reato di stupro soltanto come penetrazione pene-vagina, piuttosto che includere la penetrazione di altri orifizi del corpo con qualsiasi parte del corpo umano o oggetto, senza il consenso della vittima.

Georgia e Ucraina invece non fanno alcuna distinzione tra gli strumenti di aggressione.

Tutti e cinque i Paesi esaminati nel rapporto hanno ratificato la Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (CEDAW), che richiede agli Stati di abrogare tutte le disposizioni penali nazionali che costituiscono una fonte di discriminazione nei confronti di esse.

Come ha sostenuto Equality Now nel rapporto:

I pubblici ministeri e i giudici non dovrebbero essere influenzati dagli stereotipi di genere e dai miti sullo stupro e dovrebbero riconoscere che non esiste un comportamento tipico quando si reagisce alla violenza sessuale.

Sì significa sì: un modello basato sul consenso

Secondo GREVIO ed Equality Now, il Belgio, Malta e la Svezia dispongono delle pratiche più promettenti contro la violenza sessuale, che si posizionano più strettamente in linea con gli standard internazionali sui diritti umani.

Ciascuno dei tre Paesi utilizza un modello denominato sì significa sì, secondo cui il consenso deve essere espresso con entusiasmo attraverso parole o azioni.

Per GREVIO, questo rappresenta un miglioramento del modello di veto no significa no, che presuppone che il sesso sia consensuale fino a quando qualcuno non esprima un rifiuto; una pratica che porta in maniera eccessiva a dover dimostrare la resistenza della vittima e che contraddice gli standard internazionali.

In particolare, in Svezia, la legge modificata nel 2018 criminalizza una serie di situazioni che non erano precedentemente punite, come quelle in cui non si fa ricorso a violenze o minacce e in caso di stupro a sorpresa, ovvero quando la penetrazione sessuale viene commessa inaspettatamente.

Come ha dichiarato Dekanosidze a openDemocracy:

Il sistema di giustizia penale può inviare un forte messaggio alla società sul fatto che la violenza sessuale rappresenti una grave violazione dei diritti umani non giustificata.

[Voci Globali non è responsabile delle opinioni contenute negli articoli tradotti]

Luciana Buttini

Laureata in Scienze della Mediazione Linguistica e Specializzata in Lingue per la cooperazione e la collaborazione internazionale, lavora come traduttrice freelance dal francese e dall'inglese in vari ambiti.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *