Colombia, “falsi positivi”: arrivano le accuse per crimini di guerra
[Agenda 7 – 20 luglio 2021. Tenere una finestra aperta sul mondo. In questa prospettiva, la nostra rubrica quindicinale racconta, attraverso cinque notizie, quanto accade nel panorama internazionale, in linea con le tematiche di Voci Globali.]
Diritti umani – Colombia, 10 leader militari sotto processo per massacro di civili
Il Tribunale Speciale per la Pace (JEP) – giurisdizione straordinaria istituita per giudicare le gravi violazioni dei diritti umani perpetrate nel corso del conflitto colombiano – il 7 luglio, ha incriminato 10 alti ufficiali dell’esercito per crimini di guerra e crimini contro l’umanità. L’accusa è di aver assassinato 120 civili spacciandoli per guerriglieri. Si tratta della prima imputazione formale nell’ambito del noto scandalo “falsi positivi“, esploso nel 2008 a seguito della scoperta che i cadaveri di 19 giovani civili – scomparsi dalla periferia di Bogotà – erano stati catalogati dall’esercito come guerriglieri morti in combattimento. Le ulteriori indagini portarono a determinare l’esistenza di una strategia sistematica messa in atto dai militari, i quali ingannavano i civili con false promesse di lavoro per poi ucciderli, facendoli passare per ribelli FARC. L’obiettivo era: dimostrare l’efficacia della lotta alle bande armate e ottenere così i benefici economici del “Plan Colombia”. Secondo la JEP, sarebbero 6402 i “falsi positivi”, vittime di omicidi extragiudiziali durante la presidenza di Álvaro Uribe, in particolare nel periodo dal 2002 al 2008.
Giustizia sociale – Nasce una Task Force globale a supporto dei viaggiatori disabili
L’8 luglio, la IATA (International Air Transport Association) ha annunciato l’istituzione di un “Gruppo di azione”, il cui compito sarà quello di individuare valide soluzioni per garantire il miglior trasporto dei cosiddetti “ausili per la mobilità” dei viaggiatori disabili. “Ogni anno, migliaia di sedie a rotelle vengono trasportate in sicurezza per via aerea. Tuttavia, si verificano ancora danni o perdite” ha spiegato Willie Walsh, Direttore Generale IATA. “Quando ciò accade – ha proseguito – diventa devastante per il passeggero disabile. Tali dispositivi, infatti, non costituiscono mere attrezzature. Ma rappresentano l’estensione del suo corpo e sono essenziali per la sua indipendenza“. L’Action Group, unico nel suo genere, andrà a coinvolgere tutti i soggetti interessati: dalle associazioni a tutela dei viaggiatori disabili alle compagnie aeree, passando per aeroporti e produttori di ausili per la mobilità. “La creazione del ‘Gruppo di azione’ è un’importante manifestazione dell’impegno dell’intero settore per affrontare uno dei più grandi temi sull’accessibilità“, ha dichiarato Eric Lipp, fondatore e Direttore Esecutivo di Open Doors Organization (ODO).
Ambiente – L’FSC revoca la licenza di marchio a Korindo per la deforestazione in Indonesia
Dal prossimo 16 ottobre, il colosso coreano dell’olio di palma non potrà più utilizzare il marchio FSC sui propri prodotti. La decisione è stata assunta dal CdA del Forest Stewardship Council (FSC) il 14 luglio. E origina dalla constatazione che Korindo non abbia rispettato gli standard ambientali, sociali ed economici propri dell’ONG – nata nel 1993 con lo scopo di promuovere la gestione responsabile di foreste e piantagioni – continuando a disboscare vaste aree della provincia di Papua per la produzione di olio di palma. Già nel 2018, secondo quanto documentato dalla BBC, un dossier dell’FSC (mai pubblicato) mostrava la massiccia deforestazione operata da Korindo, attraverso incendi dolosi, nelle terre avute in concessione dal Governo indonesiano. Un’operazione che ha determinato la distruzione di oltre 30.000 ettari di foresta in una delle regioni più ricche di biodiversità del Pianeta. “Siamo a dir poco scioccati dalla decisione dell’FSC“, ha affermato Kwangyul Peck, responsabile della sostenibilità di Korindo. “Il Gruppo – ha continuato – stava seguendo tutti i passaggi concordati per raggiungere i miglioramenti ambientali e sociali richiesti”.
Politica internazionale – Myanmar, ancora attacchi contro il servizio elettrico statale
La Electric Power Corp. – azienda incaricata della fornitura elettrica nazionale in Myanmar – è stata colpita, il 17 luglio, da una bomba artigianale. L’ordigno è esploso all’interno degli uffici di Mandalay, seconda città del Paese, ferendo almeno 7 persone. L’attacco sarebbe stato orchestrato – in base a quanto riferito dalla televisione di Stato birmana MRTV – da attivisti dell’opposizione per manifestare dissenso rispetto alla scelta della Giunta di “staccare la luce” a quanti da tempo non pagano le bollette. Il mancato pagamento delle utenze elettriche, inteso come segno di disobbedienza civile, ha avuto inizio subito dopo il golpe del 1° febbraio scorso. Il movimento non ha però avuto un grande seguito poiché l’assenza di energia elettrica è un problema non da poco. Pertanto, gli attivisti hanno cominciato ad attaccare la Electric Power Corp e i suoi dipendenti in diverse città birmane. Più in generale, si ricorderà che in Myanmar i cittadini stanno adottando varie modalità di non-cooperazione con il Governo golpista. Molti lavoratori hanno addirittura lasciato i propri impieghi pubblici.
Africa – Si complica la spinosa questione della diga GERD
“Il secondo riempimento della Diga Grande Rinascita è stato completato (…). Ciò significa che ora abbiamo il volume d’acqua necessario per far funzionare le due turbine”. A darne l’annuncio – con un tweet del 19 luglio – il ministro etiope delle Risorse Idriche e dell’Energia, Seleshi Bekele, suscitando il disappunto e la preoccupazione tanto dell’Egitto che del Sudan. “Non abbiamo alcuna intenzione di accettare le politiche unilaterali etiopi volte a imporre ‘il fatto compiuto’, ignorando gli interessi legittimi dei suoi partner fluviali“, si legge nella dichiarazione rilasciata dal ministero delle Risorse Idriche sudanese. La Grand Ethiopian Renaissance Dam (nota come GERD) – realizzata dall’Etiopia sulle sponde del Nilo Azzurro lungo il confine con il Sudan – è da anni al centro di complessi negoziati. Il Cairo e Khartoum temono che il progetto possa ridurre l’accesso all’acqua, minacciando in modo irreversibile il loro approvvigionamento idrico. Non a caso, i due Stati all’inizio di luglio avevano inutilmente chiesto ad Addis Abeba di concludere un accordo vincolante prima di procedere al riempimento della diga stessa.