23 Novembre 2024

Popolazione mondiale in aumento o in calo? Stime e incertezze

[Traduzione a cura di Luciana Buttini dall’articolo originale di Brienna Perelli-Harris e Jason Hilton pubblicato su The Conversation]

Venire al mondo. Flickr/Sara Asay Braun in licenza CC
Venire al mondo. Flickr/Sara Asay Braun in licenza CC

Quando lo scorso luglio la BBC ha pubblicato i risultati di un nuovo studio su come si evolverà la popolazione mondiale, il tono era allarmista. Si preannunciava un impressionante calo di nascite, mentre uno degli autori dello studio si è detto preoccupato per il futuro di sua figlia visti gli enormi cambiamenti sociali in atto.

Nello studio condotto dall’Institute for Health Metrics Evaluation (IHME) dell’Università di Washington e pubblicato su The Lancet, si stima che intorno al 2064 la popolazione globale raggiungerà i 9,7 miliardi per poi scendere a 8,8 miliardi entro il 2100.

Tuttavia, per ora non dobbiamo iniziare a spaventarci. Il fatto di comprendere come vengano elaborate queste previsioni può aiutarci a spiegare il perché di questo fenomeno.

Per prevedere l’evoluzione della popolazione mondiale nel prossimo secolo, dobbiamo formulare delle previsioni circa i due elementi principali del cambiamento demografico: mortalità e fertilità. Questi possono essere combinati, a loro volta, per andare a calcolare la crescita o il calo demografico.

Eppure è difficile fare previsioni sulla base di questi elementi in un arco di tempo così lungo in quanto i cambiamenti socio-economici e i progressi tecnologici possono modificarne il percorso. Ciò nonostante, le previsioni demografiche mondiali sono importanti per aiutare, ad esempio, a coordinare le risposte per far fronte al fenomeno del cambiamento climatico. Per questo motivo, organizzazioni come le Nazioni Unite elaborano regolarmente previsioni sulla popolazione globale.

Le stime sulla fertilità

La fertilità è il più importante dei tre elementi che ci permettono di determinare il cambiamento demografico globale. I demografi sanno da decenni che il tasso di fecondità totale (TFT), un indicatore impiegato nel calcolo del numero di figli che una donna può avere nella sua vita, si sta abbassando in tutto il mondo.

Nel 2020, oltre 90 Stati e territori nel mondo hanno avuto tassi di fertilità al di sotto di 2,1. Quest’ultimo corrisponde al numero medio di figli che le donne dovrebbero avere al fine di sostituire se stesse e i rispettivi partner, considerando coloro che muoiono prima di diventare adulti.

Alcuni Paesi nell’Europa meridionale e orientale, dall’inizio degli anni Novanta, registrano tassi di fertilità estremamente bassi, che si attestano intorno a 1,3 o anche meno. L’Estremo Oriente, tra cui il Giappone e la Corea del Sud, hanno riportato tassi di fertilità molto bassi per gran parte degli anni 2000, e ora la Corea registra un tasso di fecondità totale di 1,1. Quindi è già da tempo che in questi Paesi si verificano cali impressionanti di fertilità.

È proprio la rapidità di declino e l’eventuale livello di fertilità nei Paesi a basso reddito a fare una grande differenza tra lo studio dell’IHME e altre previsioni demografiche. Un elemento chiave delle previsioni dell’IHME è il fatto di predire la fertilità sulla base del livello di istruzione delle donne e dell’accesso ai metodi contraccettivi.

Intuitivamente, questo ragionamento ha senso: l’istruzione e la contraccezione sono conosciuti come due elementi che riducono la fertilità in quanto le donne acquisiscono autonomia e sono più in grado di fare delle scelte sulla gravidanza. Eppure, non è facile prevedere la fertilità in base al futuro accesso all’istruzione e alla contraccezione da parte delle donne.

Questo è il motivo per cui le Nazioni Unite si concentrano unicamente sulla previsione di fertilità e mortalità. L’ONU basa le previsioni per i Paesi che hanno alti tassi di fertilità e mortalità sull’andamento medio di declino delle Nazioni che hanno già raggiunto dei livelli più bassi. Queste proiezioni si traducono in un aumento della popolazione mondiale di 11 miliardi nel 2100, una cifra molto più alta rispetto alle previsioni dell’IHME.

Cosa succederà in Africa?

Un altro approccio consiste nel basare le proiezioni sulle opinioni degli esperti. Nel 2014, i ricercatori del Centro Wittgenstein per la Demografia e il Capitale Umano Globale ha intervistato oltre 550 esperti demografici nel mondo e ha utilizzato le loro opinioni informate per guidare le loro stime.

Secondo le loro previsioni la popolazione mondiale raggiungerebbe i 9,4 miliardi intorno al 2070 e poi calerebbe a 9 miliardi entro il 2100, una proiezione non molto diversa da quella fatta dall’IHME. Tuttavia, i demografi hanno detto molto chiaramente che le dimensioni della popolazione mondiale futura dipenderanno dalla rapidità con cui si espanderà l’istruzione delle ragazze, in particolare in Africa.

L’IHME osserva, inoltre, che la popolazione africana crescerà e la Nigeria diventerà uno dei Paesi più popolosi al mondo. Le dimensioni, tuttavia, dipenderanno dalle ipotesi di base circa la rapidità dei cambiamenti nelle società. L’IHME tende a supporre che l’Africa raggiungerà un livello di istruzione più alto soddisfacendo il bisogno di contraccezione e questo risulterà in tassi di fertilità ben inferiori alla soglia di ricambio della popolazione.

Eppure, la maggior parte dei demografi sono più cauti e osservano che il fatto che molti Paesi africani abbiano subìto un rallentamento nel calo dei tassi di fertilità, sia dovuto potenzialmente alla carenza di istruzione delle ragazze e al ritorno delle idee religiose e patriarcali. I demografi che studiano la situazione dell’Africa tendono a credere che i livelli di fertilità rimarranno alti a causa della mancanza di volontà politica e della disparità di sviluppo nel Continente. Perciò non è ancora del tutto chiaro se ci sarà una riduzione del tasso di fertilità in tutta l’Africa.

Bambini che escono da scuola ad Abuja in Nigeria. Juju Films/Flickr in licenza CC
Bambini che escono da scuola ad Abuja in Nigeria. Juju Films/Flickr in licenza CC

Un pizzico di incertezza

La maggior parte dei demografi riconoscono di dover includere stime di incertezza nelle loro previsioni per assicurarsi di essere realistici riguardo alla previsione sulle popolazioni future. Sebbene l’IHME abbia realizzato degli scenari alternativi, queste sfumature sembrano essersi perse nella pubblicizzazione dello studio. Questo perché stime prudenti di previsioni demografiche future che rilevano notevoli incertezze non attirano certo l’attenzione dei giornali.

Ora un gruppo di demografi sta redigendo una lettera per The Lancet – da noi sottoscritta – sullo studio dell’IHME. Nella stessa si prende atto delle preoccupazioni sulla scarsa attenzione rivolta ai modelli, ai dati e alle ipotesi di base.

Lo scenario apocalittico reso noto nei media non riconosce il fatto che i cali dei tassi di fertilità rappresentano spesso dei progressi, come l’aumento dell’autonomia e dell’istruzione nelle donne, e nemmeno il fatto che queste previsioni allarmistiche possano portare i Governi a perseguire politiche che minano i diritti riproduttivi.

Pertanto, questi studi devono essere esaminati con spirito critico e la copertura mediatica circa i futuri scenari demografici deve essere meno allarmista e più prudente.

Luciana Buttini

Laureata in Scienze della Mediazione Linguistica e Specializzata in Lingue per la cooperazione e la collaborazione internazionale, lavora come traduttrice freelance dal francese e dall'inglese in vari ambiti.

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