Il Diritto è fortemente legato a cultura e società, ed è uno dei motivi per cui può aiutare a comprendere alcuni aspetti dell’Africa e della sua storia. Esso è anche, spesso, presente nella letteratura, la quale può offrire spunti interessanti su come il Diritto sia vissuto e percepito dalle persone nei Paesi e nei sistemi giuridici stranieri ai quali ci si vuole avvicinare.
Il movimento di Diritto e Letteratura si consolida in maniera significativa negli Stati Uniti circa mezzo secolo fa, dove gli vengono dedicati libri e riviste. Nella tradizione occidentale, tuttavia, il Diritto è presente nella letteratura già dai tempi antichi: nella tragedia greca, ad esempio, esso è un riferimento importante. Anche nella letteratura africana si possono trovare spunti interessanti per qualche riflessione sulla storia giuridica del continente: proponiamo, quindi, qualche questione rintracciata in alcuni libri di autori dell’Africa Occidentale: Nigeria, Guinea Conakry, Costa d’Avorio e Ghana.
Il nigeriano Chinua Achebe, scrittore, saggista e poeta, viene considerato da molti il padre della letteratura africana moderna in lingua inglese. Nella sua “Trilogia africana” si possono trovare riferimenti al rapporto tra il sistema giuridico inglese e quello della tradizione Igbo durante il colonialismo.
In “Things Fall Apart“, (Le cose crollano) inviati dell’amministrazione britannica si recano nel villaggio di Okonkwo e chiedono chi sia il capo; perplessi, gli abitanti rispondono che hanno degli anziani, degli uomini con vari titoli, dei “guaritori”, ma nessuno che corrisponda alla figura cercata dagli europei. Inoltre, il protagonista ed il suo amico Obierika lamentano il fatto che gli inglesi, pur non comprendendo le loro consuetudini (e nemmeno la loro lingua), le critichino e sostituiscano con le loro decisioni:
“L’uomo bianco capisce le nostre usanze riguardo la terra?” “Com’è possibile, se non parla neanche la nostra lingua? In compenso dice che le nostre usanze sono malvagie; e lo dicono anche i nostri fratelli che hanno abbracciato la sua religione. Come pensi che possiamo combattere se i nostri stessi fratelli si sono rivoltati contro di noi? L’uomo bianco è molto intelligente. E’ arrivato tutto pacifico con la sua religione. La sua stupidità ci ha fatto ridere e l’abbiamo lasciato stare. Adesso ha conquistato i nostri fratelli, e il nostro clan non può più agire di comune accordo. L’uomo bianco ha premuto il coltello sulle cose che ci tenevano uniti e ci siamo divisi.”
Il tema dell’indirect rule coloniale britannico è poi quasi centrale nel libro “Arrow of God“, ambientato negli anni ’20 del secolo scorso sempre nelle terre degli Igbo. Un funzionario coloniale vuole inserire Ezeulu nell’amministrazione coloniale, nominandolo “capo tradizionale”. Il suo rifiuto scatenerà una serie di eventi. Vengono inoltre mostrati diversi punti di vista: oltre a quello del protagonista, si vede la storia anche attraverso gli occhi dei colonialisti britannici, che hanno idee diverse sull’indirect rule e sui sistemi giuridici indigeni.
I rapporti tra le strutture giuridiche e di potere africane e quelle importate con il colonialismo compaiono anche ne “Le roi de Kahel” del guineano Tierno Monénembo.
Monénembo narra le avventure di Aimé Olivier de Sanderval (a cui è dedicato il quartiere di Sandervalia a Conakry), esploratore francese che intorno alla fine dell’Ottocento si stabilì tra i fulani dell’altopiano del Fouta Djalon tentando di fondare lì un suo regno. Verso la fine del libro l’Almamy, sovrano del Fouta-Djalon, lamenta di ritrovarsi (in seguito alla colonizzazione francese) con gli stessi poteri dei feudatari che un tempo nominava. Tema, questo, di grande importanza. Con l’inserimento nell’amministrazione coloniale, si vengono infatti a ritrovare sullo stesso piano grandi sovrani, capi villaggio, semplici capi di società patriarcali e sovrani “tradizionali” creati ad hoc (come il buon Ezeulu).
Riguardo alla fine del colonialismo, dei riferimenti si possono rinvenire nelle opere dell’ivoriano Ahmadou Kourouma. In “Soleils des Independances“, ad esempio, si raccontano le disavventure di un capo tradizionale Malinke, Fama Dumbuya, che si ritrova in mezzo ad una nuova società e alla balcanizzazione dell’ex Africa Occidentale Francese. Fama vive la disillusione della fine del suo vecchio mondo, tra nuovi confini, governi incompetenti e “capi tradizionali” corrotti e servili.
Il momento della decolonizzazione e della nascita degli Stati africani indipendenti coincide, generalmente, con l’abbandono del sistema di giurisdizioni binario tipico del colonialismo e con l’adozione di sistemi giuridici mutuati da quelli europei. Questo porta ad un contrasto tra diritto scritto e “diritto vivente”, che è ancora lontano dal trovare una soluzione.
Cambiando genere, “The Marriage of Anansewa“ della ghanese Efua Sutherland è un pezzo teatrale che, riadattando la tradizione orale locale, narra una storia che ha come sfondo l’argomento del diritto matrimoniale in Ghana. Scritto negli anni ’70, fornisce uno spaccato della società ghanese di allora, toccando il tema del diritto di famiglia, in tensione tra cultura e tradizioni locali e diritto di “importazione” europea. Oggi, i matrimoni e i divorzi “tradizionali” vengono riconosciuti dallo Stato ghanese, anche se non registrati.
In molte opere della ricca letteratura africana si possono dunque trovare spunti, riferimenti e riflessioni sul difficile rapporto tra i diritti delle tradizione africane ed europee, che caratterizzano la complicata storia giuridica del continente a partire dall’epoca coloniale.
Anche al di fuori dell’Africa Occidentale si rintracciano numerosi esempi di come il tema del Diritto sia presente nella letteratura post-coloniale.
Ad esempio, lo scrittore, poeta e drammaturgo keniota Ngũgĩ wa Thiong’o (autore, tra le varie cose, di “Decolonizzare la mente: la politica della lingua nella letteratura africana”) dedica un pezzo teatrale al processo contro Dedan Kimathi, leader della rivolta dei Mau-Mau contro il governo coloniale inglese negli anni ’50. A causa di un’altra opera teatrale, l’autore trascorse anche lui un anno in carcere.
Infine, in merito al difficile tema dell‘apartheid in Sudafrica, “Ambiguities of Witnessing“ analizza il complesso rapporto tra letteratura e diritto nel denunciare i crimini commessi durante la politica di segregazione razziale e si interroga su quale possa essere il loro ruolo in futuro.
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