Siria condanna politica annessionista di Israele nella West Bank
[Agenda 30 aprile-13 maggio 2020]. Tenere una finestra aperta sul mondo. In questa prospettiva, la nostra rubrica quindicinale racconta, attraverso cinque notizie, quanto accade nel panorama internazionale, in linea con le tematiche di Voci Globali.]
Politica Internazionale – Damasco invoca azione internazionale per fermare Israele
In una dichiarazione del 3 maggio riportata dalla SANA (Syrian Arab News Agency), il ministro degli Esteri siriano, Walid Al-Mouallem, ha pesantemente criticato il “progetto sionista” di annessione dei territori palestinesi occupati nell’area della Cisgiordania. “La Siria chiede alla comunità internazionale di agire per mettere fine all’arroganza israeliana e statunitense”. L’atteggiamento dei due Stati, “risulta contrario ai principi di diritto e costituisce una minaccia alla pace e alla sicurezza” della regione. Il piano prevede l’avvio dell’inglobamento degli insediamenti a partire dal prossimo 1° luglio. Netanyahu intende approfittare della presenza di Trump alla Casa Bianca per portare a termine il suo obiettivo. Forte anche della “mancata” reazione dei Governi occidentali e non. La Nazioni Unite si sono limitate ad affermare che l’annessione costituisce una “violazione del diritto internazionale”. Dal canto suo, l’Unione Europea ha ribadito di non riconoscere la sovranità israeliana sulla West Bank occupata, in conformità alle risoluzioni ONU del 1967 e 1973. In buona sostanza, sul piano della politica internazionale al momento non si va oltre le blande parole di disapprovazione.
Giustizia sociale – Appello per la tutela dei disabili durante il Covid-19
Il 6 maggio, è stato presentato il report delle Nazioni Unite “A Disability-Inclusive Response to COVID-19“. In tale occasione, il Segretario Generale, Antonio Guterres, ha richiamato tutti i Governi, invitandoli ad assicurare alle persone disabili l’accesso alle cure sanitarie e salvavita durante la crisi da Covid-19. La pandemia, dice, “sta mostrando l’entità dell’esclusione vissuta dai soggetti più marginalizzati”. Già in circostanze normali, i disabili hanno minori opportunità in termini di educazione, assistenza sanitaria, lavoro nonché partecipazione alla vita comunitaria. Di converso, sono più esposti alla povertà, agli abusi e alle violenze. “Il coronavirus sta intensificando tutte queste disuguaglianze“. Gli individui affetti da disabilità – circa un miliardo in tutto il mondo – stanno pagando il prezzo più alto non solo sotto il profilo della salute. In Italia, ad esempio, un’indagine accademica rivela che il 36% degli alunni portatori di handicap è “sparito” dalla didattica a distanza. Sia perché le attività del piano educativo non erano utilizzabili da remoto. Sia per difficoltà tecniche e di incompetenza informatica dei soggetti destinatari.
Ambiente – RDC, l’inquinamento da cobalto causa difetti congeniti
“Quando arrivi in Katanga [Repubblica Democratica del Congo], ti accorgi subito del devastante livello di inquinamento. E di come Governo e compagnie minerarie non intervengano né per prevenirlo né per proteggere la salute delle persone”. A parlare, il 6 maggio, è Mark Dummett di Amnesty International a margine della pubblicazione su “The Lancet” del primo studio, che rivela la correlazione tra difetti congeniti e esposizione parentale prenatale al cobalto. La ricerca, condotta da tre Università, mette a confronto 138 neonati della cintura mineraria del Katanga – considerata una delle 10 zone più inquinate del Pianeta – con 108 bambini nati al di fuori della stessa. Nei primi è stata riscontrata una maggiore incidenza di gravi patologie fisiche già al momento del parto: anomalie degli arti, palatoschisi, spina bifida. “Non è ancora chiaro come sorgano questi difetti” spiega Daan Van Brusselen – ricercatore e pediatra dell’Università di Gand. “Tuttavia, migliaia di minatori sono esposti, ogni giorno, a sostanze tossiche“. È inevitabile che la contaminazione ambientale si rifletta sul loro stato di salute e quella dei figli.
Diritti Umani – Thailandia, sete di giustizia a 10 anni dal massacro delle “camicie rosse”
La sera del 10 maggio, un gruppo di attivisti ha proiettato sui principali edifici di Bangkok la scritta luminosa “Cerchiamo la Verità“, che in breve tempo è diventata un hashtag di tendenza su Twitter. L’azione simbolica ha voluto commemorare la violenta repressione delle “Red Shirts“, avvenuta 10 anni fa. Si ricorderà brevemente che nel marzo 2010 le “camicie rosse” diedero il via a imponenti manifestazioni per chiedere le dimissioni dell’allora prima ministro, Abhisit Vejjajiva, e l’indizione di nuove elezioni. Dopo settimane di trattative con il Governo accompagnate da scontri di piazza sempre più intensi, il leader Seh Daeng fu ucciso. Vejjajiva dichiarò lo stato d’emergenza consentendo l’intervento militare contro i manifestanti nel centro della capitale. Le autorità thailandesi scrissero così uno dei capitoli più bui della storia del Paese. L’Esercito Reale diede vita a una vera e propria ecatombe di vite umane. Tutt’ora non è stato individuato alcun responsabile. Nessun ufficiale, nessun soldato è stato ancora arrestato, processato o condannato. Vittime e familiari continuano a pretendere giustizia.
Africa – L’invasione delle locuste rischia di diventare una grave crisi alimentare
La lotta contro le cavallette in Africa orientale (e Yemen) ha finora prodotto risultati significativi. Permane tuttavia una notevole preoccupazione in termini di (in)sicurezza alimentare per le aree colpite. L’11 maggio, il Direttore Generale della FAO, QU Dongyu, ha dichiarato: “la battaglia è ancora lunga” e “sempre più persone rischiano di perdere i propri mezzi di sussistenza nei prossimi mesi“. Del resto, secondo le ultime stime del WFP (World Food Program), nella seconda metà del 2020, oltre 25 milioni di persone potrebbero soffrire la fame in questa zona del mondo. Si attende infatti una seconda violenta ondata di sciami a giugno. Finora, sono stati ispezionati e “puliti” 365.000 ettari di terra in 9 Paesi africani (Gibuti, Eritrea, Etiopia, Kenya, Somalia, Sud Sudan, Sudan, Uganda, Tanzania). Oltre il monitoraggio, evidenzia Dongyu, “è però adesso necessario garantire beni essenziali a pastori e agricoltori per permettere loro di superare questa fase di crisi“. I Governi africani interessati guidano tutte le operazioni di controllo. Mentre la FAO fornisce supporto strategico sotto forma di pesticidi, biopesticidi, attrezzature, velivoli e formazione.