La violenza nelle università marocchine, una crisi sottovalutata
[Traduzione a cura di Elena Intra dall’articolo originale di pubblicato su Open Democracy]
Gli istituti di istruzione superiore di tutto il mondo sono luoghi in cui i giovani possono esplorare idee diverse e sviluppare abilità importanti per la vita. Questo non sembra succedere attualmente in Marocco, dove gli studenti universitari devono affrontare violenze estreme.
Lo scorso 19 maggio, nell’università di Ibn Zohr ad Agadir, violenti scontri tra gli studenti indipendentisti di etnia Sahrawi e quelli legati al Movimento Culturale Amazigh hanno portato all’omicidio di Abderrahim Badri, uno studente di giurisprudenza di 24 anni. Altri 30 ragazzi sono stati arrestati nei giorni successivi, mentre i giovani di tutto il Paese hanno faticato nel venire a patti con l’ennesima morte senza senso avvenuta nell’ambiente universitario.
Violenza strutturale e diretta nelle università
La violenza tra i gruppi di studenti delle università marocchine è significativa, diffusa e intrinsecamente legata alle condizioni strutturali del Paese. Questo tipo di violenza nega condizioni di vita sicure e dignitose, impedisce la realizzazione di obiettivi individuali e collettivi e, in Marocco, viaggia di pari passo con la forza. L’attuale situazione nel Paese è profondamente influenzata da un fenomeno socio-politico che passa inosservato agli osservatori esterni, nonostante gli effetti immediati che esso ha su un ampio e critico collegio elettorale per il futuro del Paese: gli studenti universitari.
I gruppi universitari del Marocco sono caratterizzati da ideologie, identità e dai loro legami con partiti e movimenti politici a livello nazionale. Vi sono numerose tensioni sia all’interno di ogni gruppo, che tra i gruppi stessi. Le fazioni studentesche dominano alcune facoltà o campus in tutto il Paese e ne rivendicano il controllo. Sbandierano le proprie differenze decorando gli spazi delle università con le loro immagini, citazioni ed eventi. Narrative di vittimismo e logica della vendetta caratterizzano fortemente questi gruppi, come si vede nei ritratti dei martiri Amazigh, islamisti, di sinistra o Saharawi che rivestono i corridoi e le mense universitarie; a seconda di quale parte controlla quello spazio. Troppo spesso purtroppo il risultato di queste divisioni è una violenza sfrenata contro altri studenti.
Gruppi universitari islamisti
Tadjdid Tolabi (Rinnovamento degli studenti), è uno dei gruppi tra i più numerosi e organizzati e rappresenta l’ala giovanile del più grande partito politico islamista, Al Adala Wal Tanmia (Partito di Giustizia e Sviluppo). Ha una relazione oscillante con un altro gruppo di studenti di ispirazione religiosa, legato ad Al Adl Wal Ihsane (Giustizia e Beneficenza), un influente movimento di opposizione islamista che è stato la forza principale alle spalle delle insurrezioni del 20 febbraio 2011 avvenute in tutto il Paese.
Fazioni di sinistra
Ad-Dimoqrateen At-Taqadumeen (Democratici progressisti) è una fazione di sinistra con legami con il Partito Socialista unificato; proprio come At-Tali’ia Ad-Dimoqratia (L’avanguardia democratica) è invece affiliato al partito di opposizione radicale di sinistra, il Sentiero Democratico. Questi partiti politici partecipano a una politica di opposizione organizzata, quindi alcuni gruppi marxisti intransigenti li denigrano come svenduti. Al Barnamaj Al Marhali (Il Programma Congiunturale) e Al Qa’ideen (Il Programma Base ), sono due fazioni marxiste radicali che operano in diversi campus universitari senza alcuna affiliazione ai principali partiti politici.
Molti gruppi e partiti politici studenteschi della sinistra marocchina hanno origine in Ilal Amam, un potente movimento comunista fondato nel 1976, ma successivamente smantellato dal Re Hassan II nel contesto della Guerra fredda e della sua repressione contro ogni opposizione (compresa l’Unione Nazionale degli studenti marocchini (UNEM), che era un centro di organizzazione politica di sinistra). Oggi, gran parte dei partiti di sinistra sono stati riconosciuti come legittimi e hanno adottato una lotta politica contemporanea all’interno degli organi dello Stato moderno.
Tuttavia, alcuni gruppi di studenti radicali, incluso il Programma Congiunturale e gli studenti affiliati al Programma Base, costituiscono un movimento marginale isolato all’interno della società politica marocchina. Il Programma Congiunturale sposa l’uso della forza come parte integrante della sua ideologia, forse come risposta agli anni di oppressione subiti dal gruppo. Dal punto di vista degli studenti di sinistra e delle fazioni studentesche religiose, il Programma Congiunturale è il gruppo responsabile della violenza nelle università. Dal canto loro, alcuni studenti radicali di sinistra attaccano lo sciovinismo degli indipendentisti Saharawi e del Movimento Culturale Amazigh come il fattore più pericoloso nei campus universitari in tutto il Paese.
Gruppi di studenti etnici e nazionalisti
Per via della loro posizione politica sull’autodeterminazione, i gruppi indipendentisti Sahrawi vengono considerati vagamente affiliati al Fronte Polisario e al suo Governo in esilio, la Repubblica Democratica Araba Saharawi (SADR). Il Movimento Culturale Amazigh invece è affiliato al più ampio movimento nazionale per il riconoscimento della lingua, della cultura e della storia degli Amazigh.
In tutto il Paese, i sostenitori degli studenti radicali e i membri di questi gruppi hanno rapporti tesi con quasi tutti gli altri gruppi – considerano gli studenti Sahrawi come pan-arabi dato che negano l’identità degli Amazigh; si oppongono a tutte le forme di gruppi religiosi, causando quindi tensione con gli studenti islamisti, e sostengono forme di organizzazione basate sull’identità, contrariamente agli studenti internazionalisti marxisti. Gli osservatori esterni affermano che le due principali linee di tensione nelle università marocchine sono tra Sahrawi e Amazigh e tra islamisti e i gli affiliati di sinistra/secolaristi.
Divisioni e realtà territoriali
Gli obiettivi politici, le ideologie e le identità contribuiscono senza dubbio ad accrescere le tensioni che conducono alla violenza tra le fazioni universitarie, e il caso devastante di Abderrahim Badri non è un’eccezione. Dalla fine del 2017, la stampa locale ha riferito che l’università di Moulay Ismail, a Meknes. è stata teatro di due tentati omicidi tra gli studenti del Movimento Culturale Amazigh e il Programma Congiunturale. Nello stesso mese, studenti affiliati alle stesse fazioni si sono scontrati di nuovo in un’università a Fez, dimostrando come gli incidenti violenti possano diffondersi e moltiplicarsi a causa di una logica di “vendetta”.
Fez, sede della prima università del mondo, è stata teatro di numerosi atti violenti tra studenti universitari risalenti ai primi anni ’90, quando Aït El Jid, simpatizzante di sinistra, sarebbe stato assassinato dai membri del gruppo Tajdid Tolabi. Più recentemente, nell’aprile 2014, il ventunenne Abderrahim El Hasnaoui, appartenente a Tadjid Tolabi, è stato ucciso da un gruppo di studenti di sinistra armati di coltelli. Conflitti più recenti tra le fazioni degli studenti si sono verificati il 7 marzo 2018, quando uno scontro tra quelli di Al Adl Wal Ihsane e quelli del Programma Congiunturale ha causato decine di giovani feriti e distrutto parte delle proprietà universitaria e delle aree residenziali adiacenti. Rapporti locali affermavano che gli studenti hanno usato pietre, catene di biciclette e attrezzi di ferro per provocare il maggior danno possibile l’uno all’altro. Questi scontri sono così devastanti che il centro di Fez, e la strada principale per il suo aeroporto internazionale, sono stati chiusi fino a quando la polizia non è riuscita a ristabilire il controllo.
La disputa territoriale tra queste fazioni, che controllano diversi campus all’interno della stessa università, è stata innescata dal fatto che entrambe miravano a impedire che l’altra svolgesse attività politiche nei rispettivi spazi. Questa censura riflette le ideologie contrastanti di questi studenti islamisti e secolaristi, separati da posizioni radicalmente diverse su questioni sociali, politiche e culturali fondamentali. Le università di Fez sono teatro di alcuni dei più alti livelli di violenza tra gruppi islamisti e di sinistra/secolari, risalenti già alla metà degli anni 2000, e che la rendono una delle peggiori aree di violenza studentesca nel Paese.
Vittimismo collettivo e ciclo di violenza
I gruppi universitari sono arrivati a definirsi attraverso le esperienze collettive di violenza diretta che hanno subito, in particolare gli attacchi contro gli attivisti studenteschi che durano da 50 anni. Omar Ben Jelloun, dell’Unione delle forze socialiste, fu assassinato nel 1975. El Moati, studente dell’Università di Oujda, è stato rapito nel 1991. Nel 2007, la violenza esplosa tra gli studenti islamisti e di sinistra a Fez ha portato all’assassinio di Abderrahman El Hasnaoui. Nel 2016, Omar Khaleq, del Movimento Culturale Amazigh, è stato ucciso da studenti Saharawi all’università di Qadi Ayyad, a Marrakech. All’università di Meknes, nel maggio 2016, una giovane ragazza, Chaima, è stata rasata con la forza ed è stata picchiata di fronte a un gruppo di spettatori in un tribunale fantoccio. Nel dicembre 2017 a Oujda e a gennaio 2018 a Fez, alcuni studenti sono stati rapiti e torturati con manganelli e minacciati di amputazione o decapitazione da membri del Movimento Culturale Amazigh, secondo quanto riportato dalla stampa locale.
Ognuno di questi attacchi viene continuamente ricordato dai gruppi che lo hanno subito, ad esempio negli inni che gli studenti recitano nelle loro riunioni, dove i ricordi di queste ingiustizie alimentano la sfiducia degli “altri” e giustificano gli attacchi di rappresaglia.
La morte di Abderrahim Badri si inserisce in questo ciclo di violenza. Alcuni vedono il suo omicidio collegato a quello di Omar Khaleq avvenuto nel 2016. Gli allarmanti atti di violenza, in continuo aumento, tra i giovani attivisti politici del Marocco non sono un caso. Sono il prodotto di una società politica profondamente divisa che non è riuscita a coinvolgere i suoi membri più giovani, a inserirli nello spazio politico nazionale e a sviluppare politiche basate sui bisogni della maggioranza.
La morte di Abderrahim dovrebbe essere considerata anche come parte di un più ampio contesto politico nazionale e regionale. Dopotutto, il giovane è rimasto vittima di una più ampia lotta per l’identità dello Stato marocchino, dove sia i gruppi culturali e politici Saharawi che gli Amazigh hanno percorso un lungo cammino per chiedere il proprio riconoscimento. Abderrahim è stato descritto in un rapporto algerino come un attivista indipendentista Saharawi, in una nazione in cui la politica ufficiale nega l’esistenza di uno stato Saharawi, in un infame conflitto in stallo tra il Marocco, l’Algeria e la RASD, iniziato negli anni ’70.
Quindi, un conflitto nell’università diventa una questione di sicurezza nazionale e di affari esteri, minacciando una possibile espansione della violenza. Dove gli attivisti Saharawi chiedono l’indipendenza dal Marocco, gli attivisti di Amazigh chiedono di essere invece inclusi nel Marocco; dove i Sahrawi chiedono la creazione di una Repubblica Araba, gli Amazigh si definiscono come un collegio elettorale indigeno in una comunità transnazionale nordafricana.
Di chi è la responsabilità?
La violenza tra studenti universitari riflette la povertà dell’istruzione universitaria marocchina, che lascia i suoi laureati mal equipaggiati nel gestire le proprie differenze in un contesto di idee altrettanto differenti. Alcuni giovani temono che questo fenomeno preannunci una generazione di vittime e perpetratori, segnati allo stesso modo da esperienze di violenza e punizione.
La percezione diffusa da parte dei marocchini è che lo Stato e i suoi successivi Governi abbiano ignorato e siano rimasti passivi sulla questione; una posizione che ha indubbiamente contribuito alla proliferazione di questi incidenti. Un rapporto pubblicato dal Consiglio nazionale per i diritti umani nel 2014 ha definito lo Stato come un attore determinante nelle violenze nei campus a causa dell’eccessiva violenza degli agenti di polizia, della pauperizzazione della popolazione studentesca e del favoritismo politicamente motivato in favore di alcuni studenti rispetto ad altri.
Oltre allo Stato, occore che anche i partiti e i movimenti politici coinvolgano e includano i leader studenteschi, piuttosto che usarli solo per sostenere l’influenza politica nelle università. Questi giovani uomini e donne hanno il diritto di esprimere la propria visione politica per il futuro del Paese e di lottare per i loro interessi all’interno della società. Questo tipo di ruolo di leadership per gli attivisti universitari può essere incoraggiato anche dagli attori e dalle organizzazioni della società civile, in particolare per i gruppi di studenti senza affiliazione politica. L’indipendenza politica della società civile può essere un fattore positivo nel facilitare la comunicazione tra fazioni che non sono in grado di trovare canali di comunicazione o che rifiutano l’impegno con altri gruppi politici.
Un primo passo per superare la sfiducia tra le fazioni studentesche sarebbe la facilitazione di spazi sicuri dove i loro rappresentanti possano incontrarsi, dialogare e discutere le cause profonde, la forma e il potenziale futuro delle relazioni studentesche tra le università marocchine. Questi incontri potrebbero includere diversi rappresentanti di gruppi di studenti (oltre le divisioni regionali, culturali e ideologiche) o concentrarsi sulle relazioni intragruppo – in particolare nel caso di quelli disparati di sinistra che hanno lottato per sviluppare un discorso unificato. Questi dialoghi potrebbero concentrarsi sui problemi che riguardano tutti gli studenti attivisti, per esempio la controversa eredità dell’UNEM, che è oggi controllata da studenti affiliati ad Al Adl Wal Ihsane.
Molti studenti sostengono la creazione di un codice etico che sancisca valori sviluppati e concordati dagli studenti. Tuttavia, per avere un reale impatto, questo documento dovrebbe essere il risultato di un ampio processo di dialogo sulle principali questioni alla base della violenza studentesca.
Un’iniziativa studentesca inter-ideologica potrebbe essere quella di fare pressione sulle amministrazioni universitarie per installare una sorta di sistema di Early Warning, Early Response mirato a identificare potenziali conflitti studenteschi e a disinnescarli in modo equo e trasparente. Alcune iniziative di mediazione condotte da studenti sono già state tentate nelle università, ma è necessario un maggiore sostegno a questi dialoghi per facilitare un cambiamento concreto.
Per il momento, i più alti livelli della società non vedono alcun beneficio nel dedicarsi alla gioventù, ma se questa violenza continuerà a degenerare, a lungo termine, non avranno scelta. Uno spazio politico inclusivo, equilibrato e partecipativo può essere l’unica soluzione alla violenza estremista – sia essa ispirata dalla religione, dall’identità o dall’ideologia.
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