Parlare ai bambini di guerra e di tematiche forti e importanti attraverso il cartoon. La sfida l’ha lanciata Cinzia Angelini, 46 anni e già all’attivo una ventina d’anni vissuti a Los Angeles, dove ha fatto l’animatrice e la story artist negli studios di Hollywood.
Fino al debutto alla regia con Mila, un cortometraggio indipendente con tema bellico – ma rivolto ai piccoli – a cui hanno partecipato 350 artisti di 35 Paesi diversi.
Anno 1943: la storia del film è quella di una ragazza e di due donne durante l’attentato di Trento. L’ispirazione arriva a Cinzia dai racconti della madre, che durante la Seconda guerra mondiale aveva l’età di Mila.
Quali sono i danni collaterali che la guerra può portare nella mente di un bambino? E il linguaggio dell’animazione è adatto a veicolare contenuti non di pura evasione?
Di questo e di altro ha parlato Cinzia nel corso di una conferenza Tedx a Trento, lo scorso novembre. Convinta del fatto che, se è vero che i primi dieci anni di vita sono fondamentali nella formazione di un individuo, si può e si deve parlare ai bambini per portare loro valori culturali e morali.
“Mia mamma è riuscita a farmi capire come un bambino possa sentirsi nel mezzo di un conflitto” – ha detto dal palco di Tedx – “Quando a venti anni ero al mio primo corso di animazione scoppiò la guerra dei Balcani. E in quel momento tutte le storie raccontatemi da mia mamma, che erano rimaste nel mio cuore e nella mia mente, non erano più così lontane. Decisi e mi ripromisi che quando mi sarei sentita pronta, avrei usato l’arte che amo, l’animazione, per agire e fare la differenza”.
Cinzia racconta la difficoltà di trovare una risposta positiva al suo progetto da parte dei grandi studi, non molto interessati a parlare di storie socialmente impegnate. “Queste storie non erano adatte al loro business e nessuno voleva investire in un cartone animato che parlasse di guerra. Fu una pillola difficile da digerire, ma come forse sapete, da un rifiuto può nascere la forza”.
E così il progetto è stato portato avanti “dal basso”, sostenuto attraverso il crowfunding, con l’aiuto di alcuni sponsor internazionali e con l’appoggio dell’Unicef, e ha coinvolto diversi Paesi, dagli Usa all’Italia, dal Messico al Regno Unito, dall’Australia all’India fino alla Russia e all’Indonesia. E questo grazie al fatto che si è allestito uno studio virtuale ad hoc che ha permesso un lavoro a distanza.
“Il Mila Team – ricorda Cinzia – è composto da più di 350 artisti che collaborano volontariamente da 35 Paesi, alcuni dei quali purtroppo si trovano nel mezzo di conflitti”.
La difficoltà di produrre film d’animazione indipendenti è direttamente proporzionale alla crescita e al successo dei lungometraggi di animazione commerciali.
Negli ultimi trenta anni lo sviluppo del mercato dell’animazione è stato crescente. Se si guarda ai costi di realizzazione, in media un film commerciale raggiunge un milione/un milione e mezzo di costi per un minuto di animazione, “mentre i film indipendenti hanno a disposizione poche decine di migliaia di dollari a disposizione per minuto. Il business dell’animazione ha raggiunto l’anno scorso quasi i sette miliardi di dollari”, dice Cinzia.
In più, si aggiunge il problema della distribuzione. Se i film commerciali di solito hanno a disposizione 2500/3000 sale di media, (con dei picchi di quasi 5000), “per i film indipendenti, solo una manciata di sale”.
Di qui l’invito a sostenere progetti come quello di Mila, che provano a raccontare tematiche impegnate allargando l’orizzonte e le potenzialità del linguaggio dell’animazione, fin troppo frettolosamente inscatolato in un genere cinematografico.
Le cose stanno comunque già cambiando. Sul tema dei bambini e della guerra “La tomba delle lucciole” è ormai diventato un cult dell’animazione. Mentre di recente è arrivato sui nostri canali il cartone animato per bambini ambientato durante la Seconda guerra mondiale “Bu Bum! La strada verso casa“.