Chilometri di macchia mediterranea distrutti da incendi dolosi, oltre alle alte temperature nel Sud Italia dalla Sardegna alla Sicilia, hanno infiammato tanti parchi nazionali e foreste in pochissimi giorni. Nel parco nazionale del Vesuvio in una sola settimana sono andati a fuoco oltre 1500 ettari di verde, che comprendono non solo una flora ma anche specie faunistiche e biodiversità già compromesse. Piromani, criminali o anche disattenzione nel preservare boschi e parchi?
La natura di questi incendi lascia ancora molti dubbi riguardo le responsabilità mentre gli enti territoriali giocano a flipper per le responsabilità degli incendi dolosi, il diritto internazionale in materia di ambiente ci aiuta a capire realmente chi dovrebbe tutelare il patrimonio paesaggistico europeo.
L’ultimo aggiornamento del Codice dell’ambiente, firmato e sottoscritto dai maggiori Paesi del mondo, prevede una tutela degli ecosistemi naturali sia da parte degli enti territoriali che dei singoli cittadini, preservando le caratteristiche fondamentali dell’ambiente attraverso principi e metodi preventivi e correttivi dei danni causati dall’azione umana.
In sostanza, i responsabili di una qualsiasi azione dannosa nei confronti dell’ambiente è sanzionabile, questo significa che anche chi incendia o inquina ne risponde giuridicamente. Il problema però è che molto spesso i crimini contro l’ambiente sono denunciati soltanto quando ci sono effetti e conseguenze evidenti come disastri o dissesti idrogeologici mentre i piccoli danni giornalieri e quasi invisibili che si accumulano negli anni restano quasi sempre impuniti. Questo perché in materia di ecosistema la tutela del suolo e del sottosuolo è considerato un tema abbastanza delicato e soltanto nel 2015 in Italia c’è stata l’approvazione della legge sui reati ambientali. Dopo la condanna, il codice prevede anche un ripristino dello stato dei luoghi e in alcuni casi anche bonifiche territoriali, ovvero delle attività di recupero del sottosuolo.
Ma come è possibile recuperare migliaia di ettari di foreste e boschi distrutti da un incendio? La legislazione, dopo casi di incendi dolosi prevede una lenta e completa attività di ripristino del manto boschivo e piantumazioni graduali. Operazioni che richiedono anni e ingenti risorse materiali e personale qualificato.
I parchi nazionali o comunque di rilevanza territoriale dovrebbero essere al centro di una manutenzione ordinaria – che il più delle volte si tramuta invece in cura occasionale – ovvero attività di sfoltimento del sottobosco e delle sterpaglie che possono tramutarsi in materiali infiammabili con temperature alte come in queste ultime settimane.
I cambiamenti climatici, tra le tante conseguenze hanno fatto sì che foreste e boschi diventino sempre più aridi nei periodi estivi oppure colpiti da piogge torrenziali durante l’autunno. Sbalzi di temperature, smottamenti e incendi non fanno altro che minare la sopravvivenza delle tante biodiversità presenti nei Paesi mediterranei.
In Italia il ministero dell’Ambiente ha previsto un Piano strategico per la tutela delle biodiversità che, oltre ad avere un rilevante valore paesaggistico e naturale, ha anche un’importanza culturale per le tantissime aree rurali, di montagna o immerse nei parchi nazionali, diventando un traino per l’economia turistica locale.
Da anni il turismo sostenibile ha promosso la fruizione di riserve protette, foreste e parchi nazionali nel pieno rispetto delle biodiversità, anche perché l’Italia è tra i Paesi europei con una vegetazione ricca e variegata: quasi 117 specie differenti di stato arboreo, ovvero circa i 2/3 del patrimonio floristico europeo. Proprio per questo, il Piano strategico mette in risalto l’organizzazione a livello nazionale, regionale e provinciale della tutela delle foreste che contiene però diverse falle come la scarsa manutenzione durante l’anno per prevenire gli incendi estivi e mancanza di personale utilizzato per sorvegliare le aree protette e i grandi boschi italiani. Secondo questo documento, l’Italia dovrebbe raggiungere entro il 2020 obiettivi come il monitoraggio di tutta l’area boschiva durante l’anno, ridurre l’impatto dei cambiamenti climatici, promuovere una gestione sostenibile delle aree forestali e assicurare una tutela delle biodiversità.
Nel 2014 in Giappone, all’interno della Convenzione tra le parti (COP) fu siglato un Piano Strategico per la Biodiversità dai Paesi che aderiscono alla Convenzione e presentato un Trattato internazionale sulla tutela delle diversità biologiche sia a livello ecosistemico che culturale. Importanti passi avanti per il rispetto e la cura dell’ambiente quale ecosistema fondamentale per lo sviluppo della fauna e della flora a livello globale furono realizzati già nel 2002 quando, sempre all’interno della COP, fu siglato un accordo che prevedeva anche l’aiuto economico da parte dei membri della commissioni in casi di emergenze o catastrofi naturali. Esempi come l’uragano Katrina, il terremoto in Pakistan nel 2005 o gli incendi dolosi del 2005 in Portogallo, sono eventi catastrofici in cui furono messe a disposizioni ingenti risorse da parte dei paesi membri della convenzione.
A livello europeo infatti, già nel 2008 l’Unione Europea riunì in Sardegna i migliori elementi delle squadre antincendio degli Stati membri per pianificare le attività di intervento in casi di emergenza, finanziando circa l’80% dei costi del progetto.
E proprio durante gli incendi di questi giorni in Italia così come nell’Europa meridionale, gli organi della protezione civile nazionale ha fatto fatica a recuperare mezzi e uomini per far fronte alle emergenze diventate giornaliere, cercando risorse negli Stati confinanti.
In sostanza è possibile prevenire e combattere in anticipo i cambiamenti climatici, la deforestazione e gli incendi? Secondo i trattati internazionali e progetti di ricerca come “Fire Paradox” sembrerebbe proprio di sì. In Slovenia, scienziati e studiosi hanno messo a punto un metodo che prevede una serie di incendi controllati e circoscritti per ridurre in maniera preventiva le biomasse vegetali che in estate tendono ad infiammarsi. Un metodo che interviene sul manto boschivo in inverno e non in estate quando la calura inizia a mietere danni.
Questo significa utilizzare il fuoco contro il fuoco per evitare catastrofi e tutelare in questo modo l’ecosistema e il pianeta, utilizzando la natura stessa per curare gli effetti del cambiamento climatico.