Distrusse Timbuctù, la CPI lo condanna a nove anni di carcere
Un francobollo della Repubblica del Mali, emesso in occasione dell’inaugurazione dell’aeroporto di Timbuctù, Africa occidentale, anno 1961.
L’antica città fondata poco dopo l’anno mille da una donna chiamata Buctù e dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO nel 1988 viene rappresentata dalla Moschea di Sankoré, uno degli antichi centri di insegnamento che, insieme alla Moschea Djinguereber e alla Moschea Sidi Yahya, rappresenta l’Università di Timbuctù. Un edificio in formato small da incollare alla cartolina che qualunque turista si affretta a spedire una volta atterrato nella città considerata a ragione fra le Sette Meraviglie del Mondo.
I monumenti di carattere storico e religioso costituiscono il volto più affascinante di Timbuctù e attaccarli è oggi considerato un “crimine di guerra“.
Questo è quanto è emerso infatti dalla sentenza di condanna a nove anni di prigione inflitta dalla Corte Penale Internazionale all’estremista islamista Ahmad al Faqi al Mahdi, reo di aver distrutto, nel 2012, nove mausolei e una moschea, sferrando così un duro colpo al patrimonio culturale di tutto il mondo.
È anche la prima volta che un militante islamista compare davanti al tribunale internazionale. Un verdetto ritenuto storico, l’auspicio è che serva anche da deterrente per crimini analoghi.