Young Syria Lenses, la tragedia e l’impegno dei civili
In seguito al degenerare della situazione ad Aleppo abbiamo deciso di rendere pubblico sul web il nostro documentario per 48 ore, una sorta di tregua contro l’informazione ormai sedimentata solo sul tema del terrorismo. Un modo per testimoniare ancora una volta che le cose potevano andare diversamente se solo ci fosse stato l’interessamento tempestivo della comunità internazionale.
A parlare sono due autori marchigiani, Ruben Lagattolla e Filippo Biagianti, e il documentario in questione – disponibile per due giorni gratuitamente in streaming con sottotitoli in italiano e in inglese, è “Young Syrian Lenses“, girato ad Aleppo, in Siria, fra il 30 aprile e il 9 maggio 2014.
Un racconto per immagini che segue la vita dei media-attivisti che danno notizie dalla città ribelle. Città da quattro anni dilaniata dalla guerra civile e dalle brutalità del regime siriano e contro cui gli oppositori provano in ogni modo a resistere.
Nel documentario arriva diretta la percezione di quanto ad Aleppo, vista la frequenza dei bombardamenti, fra i suoi abitanti la morte sia diventata ormai una presenza “normale”, tanto che un ragazzo dichiara di non averne in realtà neppure paura. Semmai la paura vera, in un territorio in cui i cecchini fanno turni come impiegati d’ufficio, è quella di restare feriti, di soffrire.
Il trentenne documentarista Lagattolla in questa intervista a cura di YOUng.it, parla dell’enorme squilibrio di forze fra regime e ribelli:
C’è uno squilibrio enorme di forze, lo “Stato” ha elicotteri dai quali sgancia i barili esplosivi, armi pesanti, uno schieramento apparentemente infinito di cecchini. La cosa più brutta, almeno ad Aleppo, è che bombardano con armi non convenzionali lanciati da 4000 metri. Non li vedi ma li senti, tutto il giorno, senza sosta. E la gente sempre con il naso in su ad aspettarsi il peggio. A quella quota la bomba non arriva su un obiettivo preciso ma cade su ospedali, moschee, musei ecc .
La potenza di fuoco è devastante:
ho visto una scuola elementare, la “Ain Jalut”, inghiottita da una voragine di 10 mt, un palazzo completamente sventrato in cui hanno perso la vita 12 bambine. Perché tutti, indistintamente, vengono colpiti, giovani, vecchi, bambini.
Lagattola sceglie di seguire il lavoro degli attivisti di Halab News che usano le loro macchine fotografiche come strumento di resistenza per risvegliare la sensibilità della comunità internazionale, che invece sembra sempre più sorda ai massacri perpetuati, così come la gente è sempre più rassegnata alle perdite dei propri cari.
“Prima di essere media attivisti, siamo tutti ribelli – raccontava in un’intervista il reporter Karam Al Halabi – Il nostro impegno nella rivoluzione si è evoluto nell’informazione“. Perché la vita degli attivisti ad Aleppo è questo: rischiare tutto sotto le bombe “semplicemente” per raccontare.
“Vedere non è raccontare” ma è necessario “raccontare ciò che nelle storie non si riesce a cambiare“.
E il media-attivista, fotoreporter, giornalista, cineoperatore, esperto di social media e comunicatore non può che raccontare.
Nella memoria del documentarista Lagattola le scene apocalittiche si mescolano al grande spirito di fratellanza e solidarietà vissuto fra il popolo siriano; ma nel documentario si lascia solo spazio alle opinioni e alle testimonianze dei media-attivisti, alla loro realtà quotidiana fra le macerie come fra i sorrisi dei bambini per strada, che con l’angoscia hanno imparato a convivere, nonostante tutto.
Bambini come Omran Daqneesh il piccolo la cui foto ha iniziato a circolare sui social, dopo essere estratto vivo dalle macerie in seguito ad un bombardamento ad Aleppo, incapace persino di piangere, tanto forte appare il suo disorientamento.
Abbiamo davvero ancora così bisogno di simboli per risvegliare l’attenzione sulla non sostenibilità del conflitto in Siria?
In “Young Syrian Lenses” si entra dentro la quotidianità dei civili siriani, dei loro incubi e della loro impotenza di fronte al cinismo di chi ancora oggi continua a bombardare con grande sprezzo della vita umana.
Dopo le 48 ore di visione gratuita in streaming, è comunque possibile contattare gli autori per organizzare visioni pubbliche del documentario.