24 Novembre 2024

I Governi all’attacco della società civile e degli attivisti

[Traduzione a cura di Manuela Beccati, dall’articolo originale di Shannon N. Green pubblicato su openDemocracy]

Le organizzazioni della società civile (OSC) di tutto il mondo sono sotto pressione. Equipaggiati di telefoni sofisticati e connessi come mai prima d’ora, hanno scoperto nuovi modi per organizzarsi, per reclamare una maggiore responsabilità ai Governi e far sentire la loro voce nei dibattiti politici. Ma mentre le richieste dei cittadini sono diventate più insistenti e più influenti, molti Governi hanno risposto con un giro di vite. CIVICUS, un’alleanza sociale globale, riporta in un documento che nel 2014 ci sono state gravi minacce alle libertà civili in almeno 96 Paesi nel mondo.

Una delle tattiche principali che i Governi stanno usando per reprimere la società è la stigmatizzazione degli attivisti e delle organizzazioni. I Governi, dall’Egitto fino alla Russia, hanno condotto campagne diffamatorie per mettere l’opinione pubblica contro le organizzazioni della società civile, inquadrandole come “agenti stranieri” o “indesiderabili”, e che operano sulla società per destabilizzarla. Ancora più preoccupante forse è il fatto che le democrazie consolidate hanno cercato di mettere a tacere e demonizzare le organizzazioni che osano dichiararsi contrarie alle politiche o alle priorità del governo. L’India, per esempio, ha tentato di screditare Greenpeace, il Sierra Club e altre organizzazioni ambientaliste che si erano opposte a progetti minerari, nucleari ed energetici, dichiarando che queste organizzazioni stanno minando “l’interesse e la sicurezza nazionale” ponendo ostacoli allo sviluppo economico. Il Kenya ha descritto le organizzazioni che difendono i diritti umani – che avevano criticato il Governo – come “società del male” e hanno fatto ricorso a immagini crude che “descrivono i leader dei diritti come dei traditori e parassiti che rincorrono i soldi stranieri.

'Another morning for the lucky ones', foto di Chris JL su Flickr, licenza CC. Uttar Pradesh, India.
'Another morning for the lucky ones', foto di Chris JL su Flickr, licenza CC. Uttar Pradesh, India.

Questi episodi hanno guadagnato sempre più credito, così i donatori e i leader della società civile si sono resi conto che non possono più dare per scontato il sostegno pubblico. C’è un consenso crescente però che ritiene che lo sviluppo di storie positive e la realizzazione di campagne di comunicazione strategica sono elementi cruciali per respingere gli spazi di chiusura. Le OSC (e i donatori che le sostengono) tendono ad un nuovo approccio, che abbia lo stesso grado di sofisticatezza e di rigore, alla pari del marketing o della pubblicità, che si applicano nella vendita di prodotti e servizi.

In primo luogo, il messaggio deve provenire da un emissario credibile. Ricerche nel campo delle scienze sociali hanno dimostrato che se l’inviato non è considerato affidabile o autentico, i tentativi di fornire informazioni correttive che contrastano fortemente la visione posseduta al momento, saranno probabilmente ignorati, o peggio, rafforzeranno quelle opinioni. In secondo luogo, il messaggio deve essere convincente e inquadrato in modo che si armonizzi con il target di riferimento. Non basta più un messaggio che si appelli ai valori e alle emozioni di qualcuno. Il messaggio, al fine di essere efficace, deve anche sottolineare la gamma di azioni o di altre soluzioni. Infine, deve essere realizzato avendo in mente un pubblico specifico ed essere diffuso sulle piattaforme in grado di amplificare la probabilità di arrivare ai gruppi che riceveranno quel messaggio.

I sondaggi d’opinione e i focus group sono essenziali per le narrazioni ritagliate su misura e permetteranno alle organizzazioni dei diritti umani di realizzare i loro obiettivi in modo più efficace, e, a loro volta, rafforzeranno la credibilità e dimostreranno il reale contributo alla società. Organizzazioni come Equally Ours nel Regno Unito hanno condotto una ricerca dettagliata, compresi i sondaggi, per capire come le persone comprendono e reagiscono ai vari messaggi. Sulla base dei loro risultati, hanno redatto una guida su come le organizzazioni dovrebbero parlare di diritti umani, per dare il giusto supporto ai principi dei diritti umani e prevenire l’ulteriore deterioramento della loro tutela.

Tuttavia, i sondaggi non sono la panacea per migliorare la percezione del pubblico e il loro sostegno ai diritti umani e alle organizzazioni che li tutelano. Secondo Nat Kendall-Taylor, CEO dell’Istituto Frameworks: “Sebbene i sondaggi aiutino i ricercatori a formulare ipotesi, se non c’è la sperimentazione e il controllo sugli elementi, non si evince come i messaggi agiscono per spostare, modificare o canalizzare l’opinione pubblica e quindi aumentare il loro sostegno“. Ulteriori ricerche sono necessarie anche per verificare l’impatto delle campagne di comunicazione strategica sulle percezioni, gli atteggiamenti e i comportamenti individuali. Anche i sondaggi sull’opinione pubblica, i focus group, la mappatura dei social network, e altre tecniche di monitoraggio e di valutazione innovative che sono state applicate ad altre discipline, come la salute pubblica, potrebbero contribuire a migliorare l’efficacia dei messaggi.

Esistono però una serie di sfide allo sviluppo di approcci empirici per la messaggistica. C’è chi reputa costosi i sondaggi, i focus group e gli esperimenti, anche in termini di tempo, richiedendo competenze tecniche che la maggior parte dei donatori e dei gruppi della società civile non possiedono. In un’epoca in cui i finanziamenti per la democrazia, i diritti umani, e i programmi di governance sono in calo, i mecenati sono riluttanti a indirizzare le risorse verso la ricerca, invece di progetti concreti con conseguenze e beneficiari reali.

La strada dei sondaggi è disseminata di insidie politiche e potrebbe attirare l’opposizione indesiderata dei governi partner. Chi dona non vuole sentirsi accusare di raccogliere informazioni o d’intromettersi negli affari interni di altri Paesi. Infine, ci sono barriere culturali all’adozione di strategie basate sui dati nello scambio di comunicazioni. Le OSC, in particolare quelle presenti nella società da lunga data, spesso danno per scontato che cosa sa il pubblico e quello che i loro collegi elettorali pensano e vogliono. Deve essere fatto molto più lavoro per convincere gli attori della società civile per far capire loro il valore dell’utilizzo di sondaggi di opinione che danno un quadro per comprendere le opinioni, le esigenze e le priorità primarie.

Dal momento che stanno diventando una consuetudine le restrizioni sui finanziamenti stranieri, gli ostacoli alla trascrizione dei documenti, l’intervento negli affari interni delle OSC, e altre forme di disturbo, i benefattori e la società civile devono adattarsi a sopravvivere. Una componente chiave per accrescere la resilienza e la sostenibilità del settore dev’essere l’aiuto alle organizzazioni della società civile ad alimentare sostegno pubblico per il loro lavoro e per le libertà di associazione, di riunione, di espressione alla base delle loro operazioni.

Le campagne di comunicazione strategiche basate sui dati provati non saranno la soluzione ottimale e da soli, non cambieranno le sorti sulla chiusura dello spazio d’intervento. Tuttavia, investire in tali sforzi può aiutare a migliorare l’efficacia e l’immagine complessiva della società civile, rendendo più difficile per i governi la repressione delle OSC senza che questo provochi una reazione pubblica.

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