#AddioAmianto, un percorso su Wired per svelare una tragedia

“Quando scopri che l’amianto è al civico accanto al tuo o nella scuola di tuo figlio, diventi subito parte interessata al problema”. A parlare è Guido Romeo, data&business editor a Wired Italia, co-fondatore dell’associazione no-profit Diritto di Sapere e curatore di una approfondita inchiesta sul tema amianto nel Belpaese apparsa su Wired lo scorso maggio che ha dato il via alla petizione #AddioAmianto su Change.org per promuovere cinque misure per la trasparenza sull’amianto.

Immagine ripresa dal sito della petizione #AddioAmianto su Change.org
Immagine ripresa dal sito della petizione #AddioAmianto su Change.org

Mappatura, Bonifica, Epidemiologia, Smaltimento: tappa per tappa, Wired invita i cittadini a non stare con le mani in mano di fronte di un problema serio, quello dell’amianto, che ogni anno miete in Italia più di tremila vittime e brucia ogni anno 500 milioni di euro.

L’inchiesta di Wired come la petizione sono consultabili on  line. A firmarla sono stati ad oggi più di 65mila sostenitori.

Mancano 9663 firme per raggiungere 75.000.

Al primo punto della petizione c’è la pubblicazione immediata in open data della mappa di tutti i siti a rischio censiti dalle Regioni. È così difficile la trasparenza rispetto a questi dati così importanti per la salute dei cittadini?

Sì ed è per questo che abbiamo lanciato la petizione che sta superando i 65 mila firmatari. La richiesta di trasparenza si scontra con due livelli di problemi. Il primo è quello amministrativo. Nonostante la legge del 1992 che metteva al bando l’amianto imponesse un censimento dei siti contaminati alcune regioni, come la Calabria, hanno varato il censimento regionale solo nel 2014. È chiaro che è impossibile rilasciare dati che non sono ancora stati raccolti. Il secondo livello di problemi è politico. Spesso i dati ci sono ma non vengono diffusi perché non c’è abbastanza pressione politica. In questo caso il nostro lavoro si è dimostrato molto efficace perché l’inchiesta Il Prezzo dell’Amianto ha spinto alcuni consiglieri regionali del Piemonte a un’interrogazione consigliare che ha obbligato l’Arpa regionale a pubblicare i dati. Ma questo processo può solo innescarsi dove c’è un’amministrazione pubblica fondamentalmente efficiente e una struttura politica che risponde come in Piemonte.

Cosa prevede il Piano nazionale amianto presentato a Casale l’8 aprile 2013? Come rendere capillare l’azione di informazione delle popolazioni?

Il Piano nazionale amianto, annunciato l’8 aprile 2013 dall’ex ministro della Salute Balduzzi proprio a Casale Monferrato, si è arenato per mancanza di fondi. Il Piano definisce le linee di azione da intraprendere per ‘bonificare’ il nostro Paese dall’amianto, nel medio e lungo termine, in tre macro-aree: la tutela della salute, la protezione dell’ambiente e la sicurezza del lavoro. Sicuramente non è perfetto, ma è gravissimo che sia fermo. Lo stesso Renzi, a Casale Monferrato, aveva promesso di agire contro su questo fronte. Per essere efficaci sul territorio vanno coinvolti i cittadini e soprattutto le comunità locali. Ma è essenziale avere un’informazione precisa e puntuale. Quando scopri che l’amianto è al civico accanto al tuo o nella scuola di tuo figlio, diventi subito parte interessata al problema.

Come avete proceduto nel realizzare la vostra inchiesta apparsa su Wired? Che tipo di resistenze avete incontrato?

L’idea è emersa parlando con Rosy Battaglia, la collega che ha firmato il pezzo principale dell’inchiesta e che ha fondato Cittadini Reattivi. Rosy lavora da anni sul tema dell’inquinamento ambientale e delle ricadute sulla salute dei cittadini e aveva diverse indicazioni che il problema amianto fosse molto più grande ed esteso di quello che i media raccontano. Abbiamo cercato i dati per misurare il vero impatto di questa contaminazione e abbiamo scoperto cifre da tragedia: 3 mila morti l’anno, più di 8 al giorno per il solo mesotelioma. In pratica quanto tutti gli incidenti stradali della Penisola. E, soprattutto, un’ipoteca sulle prossime generazioni che, se la fibra killer, non viene rimossa, continueranno a essere esposte e a morire. Alcuni scienziati dicono che la mortalità sta raggiungendo il suo picco e dovrebbe calare dopo il 2020, ma non c’è nessuna vera prova di questo perché l’Italia è stata il primo produttore europeo, secondo solo all’Unione Sovietica, della fibra e ne è ancora piena.

Le fonti dei dati sono sia studi internazionali, che Inail e i ministeri della Salute e dell’Ambiente. Ma soprattutto, Il Prezzo dell’amianto sarebbe stato un lavoro impossibile senza una squadra come quella che abbiamo creato con Davide Mancino, che ha curato l’interattività online e mappato i dati che mostrano la diffusione sul territorio in mappe che mostrano perfino le strade dove è presente la fibra, e Gianluca Demartino, che ha disegnato un quadro inquietante dei più di 40 processi in corso in Italia per le vittime da amianto. È una tragedia che mostra anche il conflitto di interessi dello Stato, il quale – secondo l’art. 32 della Costituzione – dovrebbe tutelare la salute dei cittadini, perché gran parte delle vittime erano dipendenti di aziende partecipate, da Eni a FS.

Perché è importante firmare la petizione?  

Perché l’esempio piemontese mostra che la pressione sui politici può portare a più trasparenza. E l’informazione è la leva indispensabile per cambiare uno status quo che danneggia non solo noi, ma mette a rischio anche le prossime generazioni di italiani.

 

Elena Paparelli

Giornalista freelance, lavora attualmente in Rai. Ha pubblicato tra gli altri i libri “Technovintage-Storia romantica degli strumenti di comunicazione” e “Favole per (quasi) adulti dal mondo animale”.

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