22 Novembre 2024

Guinea Conakry, suggerimenti per una democrazia africana

Human Rights Watch, Ong americana in difesa dei diritti umani, ha recentemente pubblicato un corposo Rapporto sullo stato della democrazia in Guinea. A un anno dalle prime elezioni libere dall’inizio della storia di questa piccola democrazia dell’Africa occidentale, l’associazione, che ha lungamente presidiato e indagato sul territorio, si rivolge al neo-presidente Alpha Condé, che dovrà contribuire a contrastare “la cultura dell’impunità, la fragilità dello stato di diritto, la corruzione endemica e la povertà sconvolgente” che minacciano quotidianamente la vita dei circa 10 milioni di cittadini guineiani, e garantire nuove elezioni legislative democratiche in un clima sereno.

“E’ in gioco l’avvenire politico della Guinea” si legge nel Rapporto. Dal 1958 dopo l’indipendenza dalla Francia è un susseguirsi di regimi sanguinari: quello di Sékou Touré, in carica 26 anni, definito “il regno del terrore”. Poi Lansana Conté, al potere dal 1984 al 2008, edificatore di uno “stato criminale e di impunità”. Un anno prima della sua morte, nel 2007, durante uno sciopero, le forze armate in carica uccidono 137 persone. Poi la quarta Repubblica con il golpe bianco del capitano Dadis Camara, un ultimo “show”, della durata di un anno, che finirà non prima dei terrificanti stupri di massa e del massacro di 150 persone ad opera dei berretti rossi allo stadio di Conakry, luogo del sangue che in quel settembre 2009 vedeva radunati centinaia di manifestanti delle opposizioni. Dadis lascerà il potere con una pallottola nella testa, rimanendo invalido e fuggendo prima in Senegal e poi in Sierra Leone. Gli succederà Sekouba Konaté, che accompagna lo Stato alle presidenziali in un clima di difficili scontri etnici.

Per decenni la Guinea è stata governata da dittature militari e sanguinarie

Nel circa mezzo secolo di storia di queste dittature, scrive Human Rights Watch, migliaia di guineaiani “sono stati torturati, privati del cibo o uccisi dalle forze dell’ordine, i loro corpi impiccati nelle strade, nei ponti, agli alberi”. Il popolo è poi fuggito lasciando una terra ricca di diamanti, bauxite, petrolio, nella mani di governanti dispotici di turno e faccendieri, anche italiani (qui, la lunga lista delle imprese debitrici nei confronti dello Stato). “Nonostante le sue risorse naturali, la Guinea è uno dei paesi più poveri al mondo”, e grave è il triste record di analfabetismo e di mortalità di madri e bambini.
“Un problema di memoria della Guinea”. Racconta una donna, testimone di alcune impiccagioni in strada, che “…Con il passare del tempo, la paura si trasforma in passività. Come abbiamo visto, vivere senza memoria è pericoloso”.

Serve perciò – si legge sempre nel rapporto – “una riforma appropriata del sistema giudiziario”. Migliorare la gestione dei tribunali, attuare una riforma dei codici della Giustizia con l’abrogazione di norme contro i diritti umani: verità e giustizia per ridonare la dignità al popolo aiutandolo nella comprensione dei propri errori, con “un meccanismo in grado di stabilire la verità, spiegare le atrocità meno conosciute. Esplorare la dinamica che ha consentito l’instaurarsi dei regimi repressivi e il loro mantenersi, porre rimedi volti a prevenirne il ritorno. ”Capire perchè la storia politica criminale si è ripetuta”.
Per i delitti contro l’umanità, come i massacri del 2007 e del 2009, se lo Stato non è in grado di fare giustizia autonomamente deve lasciare spazio alla Corte penale internazionale, (la Guinea ha infatti ratificato nel 2003 lo Statuto di Roma che lo prevede). Manca infatti in Guinea un programma di protezione per i testimoni, la corruzione della magistratura è altissima e i suoi stipendi da fame, forti le pressioni del governo, pochissimi gli avvocati, ma scarse anche le risorse e i mezzi del sistema giudiziario, e solo l’un per cento del budget annuale è dedicato al comparto della giustizia.

Spiega Thiermo Sow, presidente di OGDH, un’organizzazione in difesa dei diritti umani guineiana, “bisogna dubitare seriamente della capacità del sistema giudiziario di gestire questi dossier. Nei nostri giudici manca la capacità tecnica di gestire i crimini internazionali nel rispetto della legge e delle procedure. I colpevoli avranno avvocati molto forti e il governo guineiano deve essere preparato, altrimenti perderà i processi, e i nostri sforzi per combattere l’impunità otterranno l’effetto inverso.

Abolire la pena di morte, poi instaurare una “commissione anti-corruzione indipendente in grado di aprire delle inchieste”. La nuova classe dirigente della Guinea deve quindi “garantire l’indipendenza dell’istituzione per i diritti umani, instauratasi il 17 marzo del 2011″. Tolleranza zero contro la corruzione aprendo anche una linea telefonica per le denunce, e garanzia della piena trasparenza “nella negoziazione dei contratti fra il governo guineiano e le imprese minerarie locali e internazionali”.

Condizioni di vita all'interno di una prigione in Guinea

E continuando a parlare della questione giudiziaria, va detto che in Guinea sono “completamente assenti delle leggi avverse ai crimini contro l’umanità e la tortura”, i detenuti incarcerati in attesa di giudizio toccano punte del 78%. Le condizioni delle carceri sono scabrose, oltre che ospitare il triplo della popolazione carceraria rispetto alla capacità massima, i detenuti vi scontano la pena in uno stato di promiscuità, bambini, donne, uomini, malati infettivi, sono insieme negli stessi luoghi. Le guardie carcerarie, unicamente volontarie, si mantengono solo estorcendo denaro alle famiglie dei detenuti.
L’invito finale del rapporto è poi sostanzialmente rivolto ancora verso il presidente e il nuovo governo transitorio (CNT, Consiglio nazionale di transizione), perché venga attuato un vero piano di controllo per il rafforzamento della democrazia, quindi lotta all’impunità, corruzione, e sviluppo di rappresentanze politiche sufficienti, in vista delle elezioni legislative.

Il Rapporto integrale di Human Rights Watch, Nous avons vécu dans l’obscurité, si può scaricare qui

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