22 Novembre 2024

Talibé, i bambini che mendicano recitando il Corano

Da due mesi vivo in Senegal, a Mbour, nella petite côte. Ricordo che nei primi giorni trascorsi in questa città una cosa che mi ha colpito particolarmente riguarda un fenomeno che tocca in prima persona i bambini. L’immagine che mi è rimasta  impressa è quella di un gruppo di bambini con una mano tesa a chiedere l’elemosina mentre recitano mnemonicamente alcuni versetti del corano. A piedi scalzi, sporchi e con il barattolo di latta in mano per raccogliere le offerte.

Chi sono questi bambini? Perché sono invisibili agli occhi della società? Dove sono le loro famiglie?

Si tratta di bambini che è facile incontrare nelle periferie delle piccole e grandi città. Sono chiamati talibé, allievi di una scuola coranica, la daara, retta da un maestro, il marabout. In alcuni casi diventano oggetto di violenza, abusi e sfruttamento. In diverse daara i marabout costringono  i talibé alla mendicità e a dover sopportare e vivere situazioni di estrema indigenza, abbandonati a se stessi, senza cibo, privi di cure sanitarie, maltrattati e costretti a condizioni igieniche disastrose. In alcuni casi il comportamento dei marabout è dovuto alla presenza di un numero elevato di studenti nelle daara che diviene ingestibile in termini economici. Le famiglie vengono meno all’impegno preso e così i bambini sono costretti a guadagnarsi da sè quel poco che serve per nutrirsi.

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Questa condizione non riguarda certamente tutte le scuole coraniche del Senegal, ma rischia di lasciare in eredità al Paese un pesante fardello di disagio ed emarginazione.

Le famiglie affidano i figli ai marabout perché considerano l’educazione religiosa un dovere fondamentale. In molti casi la decisione di affidarli ad un marabout deriva dall’impossibilità di pagare un contributo per il sostentamento dei bambini. In queste scuole i talibé passano anni a recitare e a memorizzare il Corano e per sopravvivere elemosinano per strada. Molti giungono dal Gambia, dal Mali e dalla Guinea.

In origine l’elemosina aveva un valore pedagogico, perché era utile ad imparare la virtù dell’umiltà ma con il passare degli anni i privilegi garantiti al marabout hanno favorito il nascere di un mercato di sfruttamento minorile, composto da figure che poco hanno a che fare con il reale insegnamento dei precetti religiosi.

Non esistono delle statistiche certe ed affidabili sul numero dei bambini talibé in Senegal, ma si tratta di centinaia di migliaia di minori che mendicano per le strade del Paese.

Human Rights Watch, in un rapporto intitolato “Exploitation in the name of education” pubblicato qualche mese fa, sostiene che il Governo senegalese non ha fatto abbastanza per proteggere i talibé che vivono in queste condizioni. Si parla di 50.000 bambini sottomessi in condizioni di schiavitù e obbligati alla mendicità forzata nelle scuole coraniche.

Il rapporto esamina i progressi realizzati dal Governo nell’anno successivo alla tragedia di Medina (un quartiere di Dakar), nel marzo 2013, in cui sono morti tra le fiamme otto studenti di una scuola coranica. Il presidente Macky Sall promise interventi rapidi ma non mantenne la promessa.

Dall’ottobre 2013 a gennaio 2014 sono state visitate 25 scuole coraniche e sono state raccolte delle interviste rilasciate da bambini che hanno subito abusi e da militanti della società civile senegalese che lavorano in questo ambito. Ciò che è emerso è che l’inazione da parte del governo ha avuto gravi conseguenze sulla condizione di questi bambini.

Nel 2005 è stata approvata una legge contro l’elemosina, che in realtà non è stata applicata.

Le misure necessarie per mettere fine allo sfruttamento e maltrattamento dei bambini in alcune scuole coraniche sono state da tempo identificate dalla società civile senegalese:

–         imporre delle regole e un controllo da parte del governo delle scuole coraniche al fine di assicurare che rispettino le norme di protezione dei diritti dei bambini;

–         fare applicare la legge del 2005 che penalizza l’atto di organizzare la mendicità altrui al fine di trarne profitto.

Il Governo senegalese ha ratificato tutti i trattati che difendono i bambini dalla schiavitù e dallo sfruttamento, ma non ha mai tradotto questi testi in realtà, cercando di impedire la tratta dei minori che attraversano i confini di questo Paese.

All’assemblea nazionale di Dakar è arrivata una proposta di legge del Governo per regolare la materia, stabilendo degli standard educativi, sanitari e di sicurezza minimi e incrementando i controlli per farli rispettare.

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Nella società civile sono molte le voci che si alzano in favore del provvedimento e su tutto il territorio senegalese, molte sono le associazioni che si occupano dei minori di strada e dei talibé.

Il prossimo 16 giugno, in occasione della giornata mondiale del bambino africano, è prevista una grande manifestazione organizzata da un collettivo di cittadini senegalesi e da diverse associazioni che difendono i diritti dei bambini.

Le richieste sono le seguenti:

  • “Non vogliamo più vedere dei bambini mendicanti nelle strade del Senegal”;
  • “Lo Stato non può più chiudere gli occhi su un fenomeno che distrugge la nostra società, le nostre strade, i nostri cuori e i nostri bambini”.
  • “Lo Stato, in quanto responsabile della protezione dei più deboli e in quanto firmatario di numerosi trattati internazionali per la protezione dell’infanzia deve adempiere al suo compito”.
  • “La mendicità dei bambini sia semplicemente vietata, la legge del 2005- 2006 deve essere applicata e, se necessario, rafforzata”.

Quale sarà il prossimo passo? La società civile, il governo e le famiglie saranno in grado di prendersi delle responsabilità e camminare verso un obiettivo comune che possa assicurare ai talibé i diritti che ogni bambino dovrebbe avere?

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