24 Novembre 2024

Piccoli produttori africani contro gli OGM

[Nota: traduzione a cura di Chiara Orsolini dall’articolo in francese di Million Belay e Bern Guri su Pambazuka News. Tutte le foto sono in CC, degli utenti Flickr whl.travel e Africa Renewal]

Come soluzione alla fame e alla debolezza della produzione di sussistenza in Africa, le multinazionali e i loro alleati reclamano a gran voce lo sviluppo delle sementi transgeniche e alcune significative modifiche alle leggi africane che ne permetterebbero la diffusione. Lo scorso ottobre il premio mondiale dell’alimentazione è stato assegnato a tre scienziati, due dei quali si occupano di innovazioni nel campo degli OGM per conto di due giganti dell’agro-business, Monsanto e Sygenta. Alcuni redattori del Washington Post hanno recentemente invitato a “concedere una chance agli OGM” in Africa, richiedendo un dibattito aperto. L’alleanza per la sovranità alimentare in Africa, una rete che raggruppa contadini, pastori, cacciatori-raccoglitori, popoli indigeni, cittadini ed ecologisti africani, ha colto al volo l’occasione che gli permetteva di far sentire la loro voce.

Presentare gli OGM come una soluzione significa mancare di rispetto nei confronti della cultura e dell’intelligenza degli africani e dimostra una scarsa conoscenza dell’agricoltura africana. Significa basarsi sull’immagine, diffusa in Occidente, di un’ Africa povera, miserabile, affamata, minata dalle sue stesse malattie, impotente e senza speranza, ridotta all’attesa dell’estremo saluto di un angelo bianco. Un’ immagine che ha permesso, ai colonialisti prima e ai neocolonialisti adesso, di dare un fondamento Agricoltori africanirazionale al loro azzuffarsi per potersi appropriare della terra e delle risorse naturali del continente.

I sostenitori degli OGM, una pessima soluzione,vogliono che i contadini africani diventino dipendenti, per molto tempo e forse in modo irreversibile, da un pugno di grandi società che decideranno quali semenze, dotate di quali caratteristiche genetiche e legate a quali innesti chimici bisognerà fornire al popolo africano. Il che significa aprire la strada a un profonda vulnerabilità e a decisioni prese dall’alto, che vanno decisamente contro le pratiche agricole migliori e più accreditate, ed anche contro politiche con un solido fondamento.

La nostra esperienza di contadini e la nostra conoscenza di come stanno veramente le cose ci spinge a scegliere con decisione una via più ragionevole e più adatta: investire in un sistema agricolo duraturo e agro-ecologico, che si basi sulla saggezza di decine di milioni di contadini e sulla loro capacità di controllare e adattare le risorse genetiche di cui dispongono e prendere decisioni appropriate, che servano ad accrescerne il vigore e la resistenza.

A che punto siamo negli Stati Uniti dopo 20 anni di cultura OGM? Gli agricoltori che hanno usato delle sementi resistenti agli erbicidi sono ora alle prese con il costo della lotta contro delle “super erbacce” resistenti agli erbicidi. Circa il 49% degli agricoltori americani deve combattere contro erbacce resistenti al Roundup (Roundup è un erbicida per il controllo delle infestanti annuali e perenni. Il prodotto viene assorbito dalle parti verdi della pianta e traslocato per via sistemica sino alle radici ed agli organi perennanti), il 50% in più dell’anno precedente, il che ha aumentato in modo sproporzionato l’utilizzo degli erbicidi: più di 225.000 tonnellate. Lo stesso vale per gli agricoltori che hanno usato sementi resistenti ai parassiti, affrontano lo stesso problema contro parassiti diventati resistenti ai prodotti tossici di cui queste piante sono portatrici. In Cina e in India i guadagni iniziali conseguenti al risparmio di insetticida sul cotone OGM Bt, si sono dissolti come neve al sole, perché bisogna ormai lottare contro dei parassiti più resistenti.

Secondo il Centro africano per la sicurezza biologica dell’Africa del Sud, il mais transgenico selezionato su un solo carattere (produzione d’insetticida naturale) ha sviluppato una resistenza così completa agli insetti che è stato necessario ritirarlo dal mercato. Negli ultimi anni le perdite di produttività sono state tali, che Monsanto ha dovuto indennizzare gli agricoltori per i trattamenti insetticidi al fine di evitare perdite economiche. E si vorrebbe introdurre questa tecnica fallimentare in altri Paesi africani, con il patrocinio di Monsanto e della Fondazione Gates in favore di un progetto africano di mais resistente alla siccità?

L’india ha decretato una moratoria di dieci anni prima di coltivare la prima pianta alimentare transgenica. Il Messico ha vietato il mais OGM, il Perù ha sottomesso a una moratoria di dieci anni l’importazione e la coltivazione di piante OGM e la Bolivia si è impegnata a sradicare tutte le piante transgeniche da qui al 2015. La Cina ha annunciato che avrebbe abbandonato per almeno cinque anni le colture transgeniche, preferendogli delle piante classiche ad alto rendimento e durature. I consumatori gli sono tutti più o meno ostili.

In occasione della conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo del 2013, gli autori del Rapporto su Commercio ed Ambiente, intitolato Svegliatevi prima che sia troppo tardi: scegliete un’ agricoltura veramente durevole per garantire la sicurezza alimentare in periodi cambiamenti climatici, hanno raccomandato, per affrontare le sfide dell’avvenire, di ricorrere “a un riorientamento rapido e significativo dell’agricoltura industriale, basata sulla monocAgricoltura africanaultura e l’uso massiccio di innesti, in direzione di un mosaico di sistemi di produzione duraturi e rigeneratori che favoriscano l’aumento della produttività per i piccoli produttori”.

Le piante transgeniche non servono a debellare la fame nel mondo, con buona pace dei sostenitori degli OGM che hanno fatto di questo argomento il loro cavallo di battaglia. Bisognerà piuttosto aiutare i contadini africani a mettere a punto e diffondere dei metodi agricoli sperimentati e durevoli se si vuole nutrire il popolo e raggiungere l’autonomia alimentare. Nel dibattito, dovrebbe essere la loro voce a primeggiare sulla propoganda delle multinazionali, di cui lo scopo principale è quello di vendere più OGM e prodotti chimici.

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