Migrazioni, l’Italia rimane la porta d’Europa. Ma poco accogliente

La migrazione è da tempo al centro del dibattito politico italiano. E le parole scelte spesso richiamano un’invasione. Tuttavia, questo fenomeno – come ormai dovremmo sapere – non è una novità degli ultimi anni né semplicemente dell’ultimo decennio. Già a partire dagli anni Novanta, l’Italia si è confrontata con l’arrivo dei migranti, prima dall’Albania, dopo la caduta del regime comunista, poi da altri Paesi.

Le principali rotte migratorie che attraversano il Paese sono la rotta balcanica e quella del Mediterraneo Centrale: molte persone però si dirigono verso altre nazioni europee, considerate più attraenti o dove ci sono comunità straniere più nutrite.

Il fenomeno migratorio negli anni ha subito dei cambiamenti, sia nei numeri sia nella nazionalità dei migranti. Secondo il ministero degli Interni, tra gennaio e novembre 2023 sono sbarcate sulle coste italiane 151.358 persone, di cui 16.640 minori non accompagnati. Si tratta di cifre superiori rispetto agli anni precedenti, che presentano dei picchi nei mesi estivi.

Nicolas Perault, VOA, truppe norvegesi osservano l’arrivo dei migranti in Sicilia, in Licenza CC, da Wikimedia Commons

Secondo l’ISPI, il numero degli sbarchi negli ultimi mesi ha subito un aumento pari a ciò che era avvenuto in seguito alla guerra civile libica, ma in maniera più graduale. Per questo la presenza dei migranti nei centri di accoglienza è cresciuta rispetto al biennio 2020-21 e a ciò non ha fatto seguito un consensuale aumento dei riconoscimenti della protezione internazionale. Un fattore che impatta sul numero è anche il diverso punto di partenza dei migranti che tentano la rotta del Mediterraneo Centrale: infatti, al contrario di quel che accadeva alcuni anni fa, la maggior parte oggi salpa dalla Tunisia e non più dalla Libia.

In seguito a questo cambiamento, alcune caratteristiche della traversata sono mutate: le partenze sono divenute più numerose e meno controllabili dalla Guardia Costiera tunisina e il tipo di imbarcazione usato è differente. Rispetto ai gommoni usati nelle partenze dalla Libia, dalla Tunisia partono barchini di metallo, più solidi ma più pericolosi in caso di ribaltamento.

Anche nel 2023 come negli anni precedenti migliaia di persone sono morte nel tentativo di attraversare il Mediterraneo: a dieci anni dal disastro di Lampedusa, il naufragio di Cutro del febbraio scorso ci dimostra come le morti in mare non siano solo storia del passato.

Oggi come ieri, una volta giunte in Italia queste persone si trovano in una condizione di forte vulnerabilità, come racconta Giuseppe De Mola, operatore umanitario di Medici Senza Frontiere, nel suo libro “Umanità in bilico”:

[A Lampedusa] ufficialmente potevano essere accolte poco meno di duecento persone, in realtà il centro si trovava in una condizione di permanente sovraffollamento, a causa sia del numero dei nuovi arrivi sia della difficoltà di trasferire i migranti nei centri di accoglienza in Sicilia o nel resto del Paese […]

[N]ell’estate 2003 […] mi sono imbattuto nel mio primo ghetto per lavoratori stagionali […] La palazzina si trovava in pieno centro abitato [Stornara, Foggia], vicino alla sede dell’Azienda Sanitaria Locale. Il piano terra era utilizzato come un’immensa latrina: ricordo uno degli occupanti che continuava a chiedermi scusa mentre mi mostrava il tappeto di escrementi maleodoranti. A partire dal primo piano la gente dormiva sui cartoni […]

Secondo un report del ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, sono centinaia gli insediamenti informali utilizzati dai lavoratori agricoli in Italia: costretti a vivere in condizioni precarie e in ambienti violenti, spesso si riuniscono in baracche vicine ai campi per non dover spendere per i trasporti.

In varie zone d’Italia i migranti esclusi dal sistema di accoglienza hanno occupato autonomamente edifici pubblici e privati dismessi. Secondo MSF, nel 2017 le persone in queste condizioni erano circa 100.000. Tra le altre cose, completamente escluse dall’accesso alle cure.

Nicolas Perault, VOA, migranti arrivano a Catania, 2015, in Licenza CC, da Wikimedia Commons

Chi giunge in Italia attraverso la rotta del Mediterraneo Centrale o quella balcanica scappa spesso da situazioni di conflitto e povertà. Secondo il ministero, nel 2023 chi sbarca sulle coste lampedusane giunge principalmente da Paesi africani, come Guinea, Costa d’Avorio, Tunisia ed Egitto. Alcuni di questi, come la Tunisia, sono considerati Paesi sicuri.

I migranti giunti attraverso la rotta balcanica provengono invece principalmente dall’Asia: negli anni passati una quota consistente veniva da Pakistan, Afghanistan e Bangladesh, mentre nel 2023 è cresciuto il numero di siriani. Su quest’ultima rotta si incontrano principalmente uomini, ma la situazione, come anche nel Mediterraneo, risulta molto variabile:

Molti sono pashtun, che provengono dall’Afghanistan o dal Pakistan.” afferma Stefano Collizzoli, regista del docufilm “Trieste è bella di notte”, intervistato da Voci Globali, “Ma ci sono anche donne nepalesi, che viaggiano in gruppo, o donne siriane. Ci sono anche dei cubani, perché da Cuba è facile ottenere il visto per la Serbia. Tutti hanno in comune il fatto di voler evitare il mare.

Anche i Paesi di destinazione sono differenti: il 26% dei migranti che giungono attraverso i Balcani desiderano arrivare in Germania, mentre chi giunge via mare è diretto prevalentemente in Francia, principalmente per ragioni linguistiche e culturali.

Ciò che li accumuna sono le torture che subiscono lungo la tratta: in un rapporto del ministero degli Esteri norvegese il 22% degli intervistati ha riferito di aver subito violenze fisiche lungo la rotta balcanica e il 4% violenze sessuali.

L’atteggiamento nei confronti dei migranti cambia di Paese in Paese, ma il comune denominatore è una sostanziale invisibilità o indifferenza al fenomeno:

In Bosnia all’inizio c’erano parecchie manifestazioni di solidarietà: si ricordavano come fosse essere profughi. Poi il clima si è raffreddato: ci sono stati anche degli episodi di violenza. Lì i migranti rimangono anche per mesi e si organizzano in insediamenti informali: ogni tanto la polizia li fa sgomberare e li manda verso i campi formali, come quello di Lika” ci racconta Collizzoli.

La Croazia invece, come la Bulgaria, è un Paese da passare il più velocemente possibile: lì la gente non si accorge nemmeno dei migranti, che transitano di notte nei boschi.

Della rotta balcanica esistono diverse varianti: la maggior parte delle persone, tuttavia, passa attraverso le montagne al confine tra Bosnia e Croazia, nella Krajina croata, e da lì prosegue verso la Slovenia e l’Italia:

A parte la Slovenia, che, però, concede un numero di protezioni irrisorio, i Paesi balcanici sono tutti privi di un programma di accoglienza: si sa che sono solo di transito.

Martin Leveneur, l’Italia respinge i migranti verso il gelo balcanico, in Licenza CC, da Google Images

I recenti cambiamenti in quest’area, come l’ingresso della Croazia nell’area Schengen, hanno contribuito a facilitare il passaggio dei migranti dalla frontiera fino a Rijeka, con la consegna dei cosiddetti fogli di via, documenti che impongono di lasciare al più presto il territorio nazionale. Tuttavia, non tutto il sistema è riuscito ad adattarsi all’aumento dei flussi e con un‘accoglienza priva di risorse l’Italia ha ricominciato a servirsi della pratica dei respingimenti al confine, da alcuni considerata illegale:

All’inizio del 2023 il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha dichiarato che ci sarebbe stata una ripresa delle riammissioni informali, ma la misura è stata fallimentare: il nuovo Governo sloveno non è d’accordo a farsi carico dei migranti e quindi non li riaccetta.

La maggior parte dei respinti sono uomini afghani, che, secondo il Diritto Internazionale, sono inespellibili. L’Italia dà loro un foglio di via, ma loro non sanno che è impugnabile. Oggi, poi, c’è un’incredibile difficoltà a entrare nel sistema dell’accoglienza: a Trieste solo per avere il modulo per la richiesta d’asilo ci vogliono tre mesi.

La crescente condizione di insicurezza nei Paesi d’origine spinge sempre più a tentare di raggiungere l’Europa o via terra o via mare. E in molti casi i migranti sono costretti a farlo in maniera illegale, a causa delle enormi difficoltà di ottenere un visto per una nazione europea.

Recentemente l’Unione Europea ha firmato un accordo con la Tunisia per il controllo dei flussi migratori: molte organizzazioni hanno espresso preoccupazione riguardo al rispetto dei diritti umani nel Paese nordafricano.

L’Italia stessa nell’ultimo mese ha stipulato un controverso patto con l’Albania per la creazione di due centri, a Gjader e Shengjin, dove – queste le intenzioni manifestate ufficialmente – accogliere i migranti salvati nel Mediterraneo.

Chiara Ercolini

Studentessa di Medicina e Chirurgia, con una passione per le lingue e le culture straniere sbocciata nell'infanzia. Attenta alle problematiche sociali del suo ambiente, immagina il proprio futuro nell'ambito umanitario.

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