23 Novembre 2024

Ghana, il patriarcato impera: poche donne su cattedre universitarie

[Traduzione a cura di Luciana Buttini dell’articolo originale di Desmond Tutu Ayentimi pubblicato su The Conversation]

Araba Botchway, direttrice del dipartimento di ammissioni e aiuti finanziari dell'Università di Ashesi. Immagine ripresa da Flickr/The OPEC Fund in licenza CC
Araba Botchway, direttrice del dipartimento di ammissioni e aiuti finanziari dell’Università di Ashesi. Immagine ripresa da Flickr/The OPEC Fund in licenza CC

In molte aree del mondo, gli uomini sono maggiormente presenti nel settore dell’istruzione superiore. Da un rapporto dell’UNESCO pubblicato nel 2022 è emerso che, a livello globale, meno di due accademici senior su cinque sono donne. Un precedente report ha dimostrato come invece meno del 30% dei ricercatori mondiali sono donne.

Il Ghana non fa eccezione. Il Paese ha compiuto alcuni progressi migliorandosi nel campo della parità di genere e dell’inclusione attraverso l’attuazione di diverse politiche nazionali. Ma questo progresso non si è esteso ai posti di lavoro nel settore dell’istruzione superiore. Nel 2009, attingendo ai dati di sei Università pubbliche del Paese, l’autorità di controllo per gli istituti terziari, ovvero il Consiglio Nazionale per l’Istruzione Terziaria, ha riferito che solo il 19,5% del personale accademico è costituito da donne.

Un nostro recente studio suggerisce che queste cifre non sono migliorate nel corso degli ultimi anni. Abbiamo deciso di capire il motivo per cui così poche donne occupano posizioni accademiche nelle Università ghanesi. L’abbiamo fatto poiché la comprensione di queste ragioni contribuirà agli sforzi messi in atto per lo sviluppo di risposte politiche appropriate.

I nostri risultati hanno mostrato che le norme di genere tradizionali costituiscono il principale ostacolo per le donne ghanesi che perseguono carriere accademiche. Infatti, nella società ghanese sono diffuse alcuni preconcetti su ciò che le donne possono e dovrebbero fare.

Gli esempi includono il fatto che esse sono viste principalmente come custodi e madri piuttosto che come professioniste dedite alla carriera. Le idee radicate su ciò che le donne possono o dovrebbero fare rappresentano un grosso problema in quanto evocano stereotipi di genere negativi. Molte donne in numerose circostanze hanno interiorizzato questi stereotipi e li hanno condivisi. A sua volta, ciò ha contribuito al basso numero di accademiche all’interno delle Università ghanesi.

Scarsa rappresentanza

La composizione di genere di nove Università ghanesi basata sui dati della Ghana Tertiary Education Commission [Commissione ghanese per l’istruzione terziaria, NdT] ha indicato che:

  • Solo il 10,2% di tutti i professori ordinari (il livello accademico più alto) sono donne;
  • Le donne rappresentano solo il 14,2% dei professori associati;
  • Solo il 13,4% dei senior lecturer sono donne; la percentuale si assesta al 22,8% sul ruolo di lecturer e al 26,4% su quello di assistente.

Questi numeri riflettono le stesse tendenze numeriche di altri luoghi del mondo. Ad esempio in Australia, le donne occupano il 54,7% dei gradi di docente, il 46,8% dei gradi di docente senior e solo il 33,9% delle donne occupa gradi superiori a quello di docente senior. In Nigeria, le donne rappresentavano solo il 23,7% del personale accademico nelle Università nell’anno accademico 2018/2019. In Sierra Leone, su 1779 docenti a tempo pieno solo 267 sono donne, costituendo soltanto il 18% del personale accademico totale.

Cosa ci hanno detto le donne

Abbiamo intervistato 43 docenti donne che rappresentano una varietà di discipline accademiche classificate in tre domini universitari: scienze biologiche/agrarie, scienze umane e sociali e ingegneria/tecnologia dell’informazione.

Le intervistate includono 3 docenti o professori associati, 4 senior lecturer, 29 lecturer e 7 assistenti. Le domande dell’intervista sono state incentrate sulle esperienze e sugli eventi dei partecipanti nel loro ambiente di lavoro e nella società in generale. Abbiamo anche chiesto informazioni sulla partecipazione professionale delle donne nell’ambito dell’istruzione superiore.

Un certo numero di intervistate ha affermato che la società si aspettava che avessero figli quando erano ancora giovani e che esiste un’età considerata limite per sposarsi. L’istruzione è stata valutata solo fino a un certo punto, come ha spiegato un’intervistata:

Tutti vorrebbero vedere il proprio figlio completare un primo grado del ciclo di istruzione e una volta che hai finito, resti praticamente da solo. Molti di noi vorrebbero sposarsi subito dopo ed è allora che sei fortunato ad essere stato preso mentre eri a scuola. E la prossima cosa che la società si aspetta è che ti sposi e ti sistemi. E una volta sposato, durante il primo anno tutti si aspettano che tu abbia un figlio. Se infatti stai rinviando la tua gravidanza per proseguire negli studi, questo sarà fonte di molte preoccupazioni nella società.

Altre hanno affermato che essere altamente istruite costituisse un limite per le loro prospettive di matrimonio. La società ghanese ritiene che sia dovere degli uomini prendersi cura delle donne piuttosto che dare la possibilità a quest’ultime di avere una carriera propria oppure più successo rispetto ai loro mariti.

Un’intervistata ha dichiarato:

… di solito (nelle famiglie) l’uomo è considerato come la persona che porta a casa il pane, quindi è semplicemente normale che l’istruzione della donna venga sacrificata affinché l’uomo si migliori e diventi più sicuro economicamente per potersi prendere cura della famiglia.

Le norme culturali e sociali implicano che gli uomini siano considerati come più adatti all’insegnamento a livello universitario e a fare carriera nel mondo accademico. Le donne, dall’altra parte, sono considerate insegnanti migliori a livello dell’istruzione di base.

Le intervistate ci hanno anche riferito che, in base alla loro esperienza, le istituzioni accademiche non sono consapevoli del pregiudizio nei loro confronti.

Una di loro ha affermato:

… Molte delle nostre istituzioni sono miopi dal punto di vista della parità di genere circa la distribuzione di borse di dottorato e di altre opportunità di sviluppo professionale. Non sanno nemmeno che l’esiguo numero di docenti donne all’interno dei dipartimenti e delle facoltà rappresenta un problema e che devono fare qualcosa con urgenza per affrontarlo.

Questo fenomeno è noto come cecità di genere e mostra che, nonostante l’aumento e l’ampia diffusione di azioni politiche nazionali sull’uguaglianza di genere, l’inclusione e l’attivismo di base, i cambiamenti nei comportamenti e negli atteggiamenti non hanno raggiunto tutte le istituzioni.

E dopo?

Esiste una grande opportunità di modificare le strutture sociali per migliorare i risultati occupazionali delle donne nel settore dell’istruzione superiore, a partire dalle norme sociali, rispetto alle quali gli atteggiamenti e i comportamenti devono cambiare.

Ciò richiede un approccio multidimensionale che includa la ricostruzione sociale attraverso l’impegno, l’attivismo per il cambiamento sociale e la legislazione. Mentre lo Stato dovrebbe guidare la legislazione e supportare il cambiamento sociale, le organizzazioni della società civile che si occupano di questioni di genere, le università, le famiglie e gli individui avrebbero il loro ruolo da svolgere.

Il numero limitato di donne che occupano posizioni accademiche nelle Università ghanesi mina gli sforzi del Governo e le azioni politiche nazionali volte a migliorare l’uguaglianza di genere nella forza lavoro nei diversi settori dell’economia. Uno studio ha dimostrato che esiste un valore significativo in un mix di genere diversificato nel campo dell’occupazione. Questo può contribuire a raggiungere la giustizia e l’inclusione sociale con importanti vantaggi economici.

Cambiare le aspettative della società è fondamentale. Tuttavia le Università ghanesi dovrebbero istituire politiche trasparenti e neutre sulla questione della parità di genere nell’ambito del reclutamento e della promozione femminili.

Luciana Buttini

Laureata in Scienze della Mediazione Linguistica e Specializzata in Lingue per la cooperazione e la collaborazione internazionale, lavora come traduttrice freelance dal francese e dall'inglese in vari ambiti.

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