Cuba, emigrazione record per la crisi più grave degli ultimi 30 anni
[Traduzione a cura di Gaia Resta dell’articolo originale di James Clifford Kent e Christopher Hull pubblicato su The Conversation]
L’emigrazione da Cuba sta raggiungendo livelli record a causa di quella che si può considerare la peggiore crisi socio-economica dal crollo dell’Unione Sovietica.
Il numero di cubani che hanno tentato di entrare negli Stati Uniti, soprattutto dal confine con il Messico, è balzato da 39.000 nel 2021 a più di 224.000 nel 2022. Molti hanno venduto le loro case a prezzi bassissimi per permettersi un volo di sola andata per il Nicaragua per poi attraversare il Messico fino agli USA.
Gli 11 milioni di abitanti della nazione insulare si trovano in condizioni ogni giorno più disperate. La migrazione interna dalle province più povere ha portato la capitale L’Avana alla sovrappopolazione. Coloro ai quali il Governo non può offrire una casa vivono in albergues (edifici pericolanti utilizzati come abitazioni temporanee). Altri vivono nei solares, caseggiati popolari in parte a serio rischio di crollo.
La grave carenza di cibo e medicine è la realtà quotidiana di un Paese devastato dall’embargo commerciale degli Stati Uniti iniziato nel 1962, e dal rigido controllo dell’economia da parte del Governo dal 1959. Inoltre, i continui blackout ricordano ai cubani i primi anni Novanta quando terminarono i sussidi sovietici in seguito al crollo dell’USSR, lasciando l’isola in difficoltà.
Per sopravvivere a quel “periodo speciale”, Cuba cominciò a dipendere dai guadagni in valute forti che provenivano dal turismo internazionale e dalle rimesse dei cubani all’estero. Entrambi sono ora diminuiti di molto, considerando anche che, in base alle misure anti COVID, nel 2020 l’isola è stata chiusa ai turisti stranieri e ha ridotto il numero dei visitatori del 75%.
D’altra parte, le intempestive riforme della valuta – per unificare le due monete di Cuba – hanno provocato all’inizio del 2021 uno shock inflazionistico. Questo, insieme alla scarsità di viveri, ha favorito il boom del mercato nero.
Durate un recente viaggio nell’isola, il co-autore di questo articolo James Clifford Kent ha parlato con la gente del luogo e ha scattato delle fotografie [fotoreportage all’interno dell’articolo originale, NdT]. Luis Lázaro, un operario edile dell’Avana gli ha riferito:
La situazione è molto peggiorata. La crisi è totale: cibo, medicinali, vestiti. Se non è una cosa, è l’altra. Lavori senza fermarti mai, solo per pagare le spese e a volte non è neanche sufficiente.
Nel 2016, dopo oltre mezzo secolo di ostilità, le relazioni tra Cuba e Stati Uniti cominciavano appena a distendersi. Barack Obama è stato il primo presidente statunitense in carica a recarsi a Cuba in visita di Stato dai tempi di Calvin Coolidge nel 1928. Per l’occasione i Rolling Stones tennero un concerto gratuito nella capitale dell’isola.
In quel periodo, navi da crociera piene di turisti facevano scendere i passeggeri nel porto dell’Avana dove poi salivano su macchine decappotabili d’epoca per fare il tour della città. Aerei carichi di stranieri atterravano sull’isola per assaporare l’atmosfera inebriante del luogo, con Rihanna, Beyoncé e Jay-Z tra i primi turisti occidentali noti. Le imprese private prosperavano e tutti erano ottimisti.
Ma l’economia cubana e il rapporto con gli USA hanno vacillato di nuovo quando Donald Trump è stato eletto nel novembre del 2016, poco prima della morte del leader della rivoluzione Fidel Castro: il presidente Trump, infatti, applicò nuovamente le restrizioni su viaggi e commerci.
Intanto, i diplomatici e i funzionari dei servizi segreti USA presenti sull’isola riferirono verso la fine del 2016 sintomi come perdita di udito, mal di testa e vertigini, afferenti alla misteriosa epidemia della “sindrome dell’Avana”. Washington accusò Cuba e ritirò la maggior parte dello staff dell’ambasciata, a soli due anni di distanza dalla riapertura delle ambasciate dei due Paesi nelle rispettive capitali per la prima volta dal 1961.
Una delle ultime mosse di Trump, prima di lasciare l’incarico nel gennaio del 2021, è stata quella di reinserire Cuba nell’elenco degli Stati sponsor del terrorismo, impendendo al Paese l’accesso alla finanza internazionale. Inoltre, Trump aveva già limitato gli invii di denaro dei cubani-americani verso l’isola.
Il presidente Joe Biden ha ora modificato queste politiche a causa della crescente pressione riguardo l’immigrazione illegale negli Stati Uniti. Ha disposto a gennaio 2023 la riapertura dell’ambasciata statunitense all’Avana per le richieste di visto, offrendo così ad alcuni cubani una via legale di emigrazione.
Resistenza cubana
L’accesso a Internet – sempre maggiore a partire dal 2018 – e la diffusione dei social media ricoprono un ruolo importante nel cambiamento dell’umore dei cubani. Economist Intelligence Unit descrive così il loro doppio effetto: da una parte si sono fatte più pressanti le richieste di una liberalizzazione politica ed economica, dall’altra le sanzioni statunitensi e il supporto per i dissidenti hanno rincuorato gli irremovibili contrari alle riforme.
Nonostante le restrizioni governative e l’infrastruttura insufficiente, il 68% dei cubani ha ora accesso alla Rete, e Whatsapp, Instagram e altri social network sono molto usati dalla popolazione, in particolare dai giovani.
L’accesso a Internet è stato cruciale durante le proteste del 2021 quando il malcontento nazionale, alimentato dalle limitazioni per il COVID e la carenza di vari beni, è sfociato in manifestazioni di strada rapidamente represse dalla polizia. Molti artisti d’alto profilo e blogger cubani accusati dal Governo di ricevere finanziamenti dagli USA vennero in quell’occasione incarcerati.
Un esodo di massa
Ana María, una 52enne madre di due figli, ha descritto l’aumento della delinquenza e della corruzione. Ha raccontato di come la gente preferisca vendere prodotti sul mercato nero invece di lavorare per uno stipendio che non copre le necessità di base.
Un artista 29enne che ha chiesto di rimanere anonimo ha dichiarato:
Molti dei miei amici più cari sono partiti per el rumbo al norte (la rotta settentrionale) in cerca di una stabilità socio-economica per se stessi e le loro famiglie.
I cubani sono noti per resolver (essere pieni di risorse) di fronte a immense difficoltà, ma ora sono al limite. La speranza si sta dissolvendo velocemente.
Dopo sei decenni di rigido modello socialista ed embarghi commerciali, gli standard di vita ormai crollati hanno spinto ben il 2% della popolazione di Cuba a lasciare l’isola in un solo anno. Molti altri desiderano disperatamente fare lo stesso.
Alcuni nomi sono stati modificati o omessi.
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