Deforestazione, non saranno sufficienti i nuovi regolamenti UE

[Traduzione a cura di Luciana Buttini dell’articolo originale di Rachael Garrett, Janina Grabs e Joss Lyons-White pubblicato su The Conversation]

Porzione di foresta disboscata e bruciata nel municipio di Apuì, Amazzonia. Foto di Bruno Kelly da Wikimedia Commons in CC
Porzione di foresta disboscata e bruciata nel municipio di Apuì, Amazzonia. Foto di Bruno Kelly da Wikimedia Commons in CC

Nella maggior parte dei carrelli della spesa dei consumatori europei si trovano articoli legati alla deforestazione delle regioni tropicali, tra cui prodotti agricoli quali carne bovina, soia, olio di palma, cacao, gomma, caffè, legname e carta.

Queste cosiddette merci a rischio forestale vengono impiegate in migliaia di beni di consumo che vanno dagli hamburger alle tavolette di cioccolato.

Eppure, tutto questo potrebbe essere in procinto di cambiare.

Lo scorso dicembre, l’UE ha approvato in maniera provvisoria un nuovo regolamento che garantisce che le filiere non includano processi e prodotti che causano deforestazione. Tale normativa, che dovrebbe entrare in vigore a metà del 2023, prevede che le aziende non potranno vendere nell’UE prodotti realizzati su terreni disboscati dopo il 2020. Inoltre, dovranno dimostrare al contrario che i loro prodotti siano stati fabbricati a norma di legge.

Tuttavia, tali requisiti potrebbero danneggiare i piccoli agricoltori e non fare la differenza rispetto alla deforestazione globale.

Offriamo dunque cinque suggerimenti per assicurare che l’UE possa ridurre la deforestazione globale evitando risultati indesiderati.

1. Il benchmarking locale

Il nuovo regolamento prevede un processo di benchmarking che determina se le regioni produttrici di materie prime presentano un rischio di deforestazione elevato, standard o basso. I prodotti provenienti da regioni a rischio più elevato richiedono procedure di due diligence più rigorose.

Ma i grandi Paesi tropicali, come il Brasile e l’Indonesia, presentano una varietà di rischi legati alla deforestazione.

Il Cerrado, una vasta regione della savana tropicale nel Brasile orientale, dispone di protezioni legali e volontarie meno rigorose rispetto alla foresta pluviale amazzonica. Di conseguenza, la maggior parte della deforestazione per la produzione di soia avviene nel Cerrado. Un’unica valutazione del rischio su scala nazionale potrebbe mascherare queste modifiche e non riuscire a distinguere tra le aree a rischio più alto e quelle a rischio più basso.

Una scala di benchmarking a livello statale o provinciale potrebbe distinguere questi danni e risulterebbe più appropriata per i Paesi più vasti. Uno Stato del Cerrado, ad esempio il Maranhão, potrebbe presentare un alto rischio di deforestazione, mentre un altro, come il Mato Grosso do Sul, potrebbe averne uno basso. I rischi di deforestazione a livello statale o provinciale possono essere più simili e il loro monitoraggio più fattibile.

Un maggiore impegno con le aziende in queste zone può anche essere incoraggiato da una forte governance locale. La deforestazione è stata storicamente prevalente nello Stato brasiliano del Mato Grosso, dove nel 2015 è stata lanciata la Produce-Conserve-Include strategy (strategia Produci-Conserva-Includi, NdT). Qui i dipartimenti statali e le aziende private hanno collaborato al fine di allineare le politiche e gli incentivi locali, puntare a raggiungere gli obiettivi di riduzione della deforestazione e stimolare gli investimenti.

La strategia mira alla realizzazione di uno sviluppo inclusivo e sostenibile nel Mato Grosso. La Regione punta poi a una riduzione del 90% della deforestazione entro il 2030, e a un simultaneo aumento della produzione di grano da 50 a 92 milioni di tonnellate.

2. Tracciabilità

Le aziende che acquistano prodotti da regioni a più alto rischio di deforestazione devono essere in grado di identificare l’origine dei loro prodotti nelle singole aziende agricole per conformarsi al nuovo regolamento UE.

Ma in settori quali la coltivazione del cacao, dove ci sono molte piccole aziende agricole e mercati informali, questo approccio risulta costoso e spesso impraticabile. Le aziende potrebbero essere quindi spinte a rimuovere i piccoli produttori dalle loro filiere o ad acquistare direttamente terreni per la produzione.

Tracciare le forniture fino ai singoli villaggi o foreste sarebbe un’opzione più equa e pratica. L’organizzazione olandese IDH Sustainable Trade Initiative applica questa idea attraverso la sua piattaforma Sourceup. Quest’ultima infatti dà visibilità a quelle regioni produttrici le cui materie prime soddisfano specifici criteri di sostenibilità.

3. Norme comuni 

Il regolamento dell’UE si affida a minacce e punizioni al fine di garantire l’ottemperanza piuttosto che incentivare cambiamenti comportamentali tra i produttori.

Impone che tutti i prodotti che entrano nel mercato dell’UE non contribuiscano alla deforestazione. Ciò potrebbe creare condizioni di concorrenza tra le aziende delle regioni che esportano prodotti nell’Unione Europea.

Ma i consumatori in Cina e nei mercati interni delle regioni produttrici di materie prime a rischio forestale in Paesi come il Brasile e l’Indonesia, acquistano in quantità maggiori questi prodotti rispetto ai consumatori europei.

Alcuni produttori di materie prime potrebbero evitare di vendere prodotti all’UE e orientarsi invece verso questi altri mercati. Ciò ridurrebbe le importazioni europee di articoli legati alla deforestazione, ma non affronterebbe il problema alla radice. La promozione di standard simili in questi mercati sarà fondamentale per evitare divisioni tra mercati diversi.

4. Combattere la deforestazione all’origine

Il contributo di questi approcci alla riduzione della deforestazione dipenderà da come le aziende li integreranno nelle loro filiere.

I tassi di deforestazione tendono a diminuire quando la maggior parte delle aziende di una regione interrompe volontariamente l’approvvigionamento di prodotti legati alla deforestazione.

L’accordo noto come moratoria della soia, che prevede da parte dei commercianti globali e dell’industria brasiliana lo stop all’acquisto di soia prodotta su terreni forestali disboscati dopo il 2006, ha fatto in modo che tra il 2006 e il 2015 si verificasse una diminuzione del 57% della deforestazione diretta a causa della soia nell’Amazzonia brasiliana.

Tuttavia, la dispersione – laddove la deforestazione viene spinta in altre regioni – unita alla scarsa copertura del mercato mondiale, indeboliscono l’efficacia globale di queste politiche regionali della filiera.

Il nuovo regolamento dell’UE contribuirà ad affrontare alcune di queste sfide, ma indirizzare i finanziamenti europei verso le regioni che agiscono per realizzare uno sviluppo sostenibile sarebbe un ulteriore passo positivo. Ciò ridurrebbe l’opposizione dell’industria nelle regioni produttrici, dimostrando che l’UE è disposta a investire nei cambiamenti richiesti a queste regioni.

5. Premiare l’inclusione

Le piccole aziende agricole potrebbero essere escluse dai mercati di esportazione qualora il regolamento dell’UE non incoraggiasse le aziende a migliorare la sostenibilità delle operazioni dei produttori di materie prime. Eppure, se quest’azione fosse abbinata alla formazione circa pratiche agricole sostenibili, vantaggi in termini di prezzo e promozione della salvaguardia, il regolamento potrebbe avvantaggiare questi agricoltori.

Premiare le aziende che incoraggiano i fornitori più piccoli ad adattarsi potrebbe portare a riduzioni diffuse e permanenti della deforestazione tropicale.

Ad esempio, le aziende potrebbero essere tenute a segnalare il numero e il tipo di piccole comunità agricole da cui si riforniscono su base annuale. Questo è già il caso della produzione di olio di palma, dove i rapporti pubblicati a livello industriale vengono utilizzati per monitorare i cambiamenti nella composizione delle filiere delle aziende nel corso del tempo.

Da sola, la regolamentazione dell’UE non sarà sufficiente a fermare la deforestazione globale. Questi cinque step massimizzerebbero l’impatto della regolamentazione ed eviterebbero conseguenze indesiderate sui piccoli agricoltori.

Tuttavia, saranno necessari ulteriori sforzi, sostenuti da nuove ricerche che prevedano la collaborazione internazionale tra i settori, al fine di ottenere progressi trasformativi.

Luciana Buttini

Laureata in Scienze della Mediazione Linguistica e Specializzata in Lingue per la cooperazione e la collaborazione internazionale, lavora come traduttrice freelance dal francese e dall'inglese in vari ambiti.

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