West Bank, la politica securitaria israeliana ghettizza i palestinesi

[Mondo – I fatti del mese (gennaio 2023). In questa rubrica mensile, dieci brevi notizie raccontano avvenimenti, fatti, iniziative, politiche che – per diverse ragioni – restano di solito nell’ombra della stampa. Tenere una finestra aperta sul mondo: in questa prospettiva, e in linea con le tematiche di Voci Globali, diamo spazio a quanto accade nel panorama internazionale.]

Foto dell’utente Flickr Montecruz Foto – Licenza CC con attribuzione

Diritti umani – West Bank, nuove restrizioni israeliane alla libertà di movimento dei palestinesi

Israele sta compiendo un ulteriore passo verso la trasformazione della Cisgiordania in un’altra Gaza”, dove “2 milioni di palestinesi – per oltre 15 anni – hanno vissuto isolati dal mondo“. Con queste parole, il 23 gennaio, Eric Goldstein – vicedirettore per il Medio Oriente di Human Rights Watchha commentato le nuove linee guida israeliane sull’accesso degli stranieri nel territorio della West Bank. Il provvedimento, entrato in vigore lo scorso ottobre, interviene a inasprire oltre modo le già severe restrizioni alla libertà di movimento, isolando così i palestinesi dai propri cari e dalla società civile globale. Spostarsi per lavorare, studiare, fare volontariato, incontrare persone diventerà quasi impossibile. “La politica israeliana è chiaramente volta a indebolire i legami sociali, culturali, intellettuali dei palestinesi, ha detto Goldstein.

Africa – Conferenza anti-terrorismo, fondamentale il coinvolgimento dei giovani

Il 20 gennaio, si è chiusa a Lomé – capitale del Togo – la Conferenza africana in materia di lotta al terrorismo, organizzata dall’African Parliamentary Union (APU) in collaborazione con UNOCT (United Nations Office of Counter-Terrorism). Al meeting hanno preso parte più di 250 partecipanti, tra cui: presidenti delle assemblee nazionali ed esponenti dei parlamenti africani, ONG giovanili, rappresentanti delle agenzie delle Nazioni Unite. Grande attenzione al ruolo dei giovani per ridurre le attività terroristiche nel continente africano. “Abbiamo molto da imparare dai terroristi, che offrono ai giovani una chance completa: sia economica che di dignità identitaria, ha detto Savadogo Mahamoudou – esperto in politica di sicurezza e geostrategia. “Dobbiamo invertire questa tendenza attraverso lo sviluppo economico e la creazione di posti di lavoro, ha concluso.

Politica internazionale – Libano, esplosione porto: proteste durante elezione presidenziale

In occasione dell’undicesima seduta parlamentare per l’elezione del presidente della Repubblica libanese (andata ancora una volta a vuoto), il 19 gennaio, centinaia di persone hanno preso parte a un sit-in organizzato dai familiari delle vittime della devastante esplosione del porto di Beirut. I manifestanti sono tornati a chiedere una “giustizia indipendente” in grado di proseguire l’inchiesta sull’incidente. Le indagini sono infatti ferme da oltre un anno a causa di interferenze politiche. Si ricorderà che, il 4 agosto 2020, ben 2.750 tonnellate di nitrato di ammonio – abbandonate all’interno di un magazzino – sono esplose nel porto della capitale libanese, provocando 250 morti e oltre 6 mila feriti.

Giustizia sociale – Istruzione, aumenta la “povertà di apprendimento” tra i meno abbienti

Il 20% più povero di studenti beneficia solo del 16% dei finanziamenti pubblici per l’istruzione, rispetto ai più ricchi, beneficiari del 28%”. Non solo, nei Paesi a basso reddito, “solo l’11% dei finanziamenti pubblici per l’istruzione va agli studenti più poveri mentre il 42% è destinato ai più ricchi. Ad affermarlo l’UNICEF, in uno studio rilasciato il 17 gennaio nel quale vengono esaminati i dati sulla spesa pubblica per l’istruzione pre-primaria, primaria, secondaria e terziaria di 102 Paesi. “Stiamo deludendo i bambini. Troppi sistemi scolastici in tutto il mondo investono poco in quelli che ne hanno più bisogno“, ha affermato Catherine Russell, Direttore generale UNICEF.

Ambiente – Jet privati, così i ricchi inquinano l’aria

I jet privati atterrati e partiti dagli aeroporti che hanno servito Davos durante la passata edizione del World Economic Forumsono stati ben 1040, generando emissioni di CO₂ quattro volte superiori a quelle in media attribuite a questo tipo di velivoli nelle altre settimane dell’anno”. Una ricerca della società olandese CE Delft svolta per conto di Greenpeace – pubblicata il 13 gennaio – mostra l’enorme impatto climatico determinato dall’uso dei jet privati. “Le persone più ricche e potenti del pianeta si ritrovano a Davos per discutere di questioni cruciali come: la crisi climatica e le disuguaglianze” ma “ci vanno usando la forma di trasporto più iniqua e inquinante, ha dichiarato Federico Spadini (campagna trasporti Greenpeace Italia) alla vigilia del nuovo WEF, tenutosi dal 16 al 20 gennaio.

Diritti umani – Grecia, rimandato il “processo farsa” contro i soccorritori dei migranti

La Corte d’Appello di Militene, il 13 gennaio, ha rimandato alla procura, per irregolarità procedurali, il caso dei due operatori umanitari indagati per aver soccorso, tra il 2016 e il 2018, persone in mare. Sarah Mardini e Seán Binder, insieme ad altri 22 operatori dell’ONG ERCI (Emergency Response Center International) sono sotto accusa da 4 anni e rischiano lunghe condanne per vari reati, tra cui: spionaggio, traffico di esseri umani, frode, appartenenza a un’organizzazione criminale. Sarah Mardini, rifugiata siriana, è arrivata a Lesbo nel 2015 salvando, insieme alla sorella Yusra, 18 persone a bordo della loro imbarcazione in avaria. Seán Binder, cittadino tedesco cresciuto in Irlanda, è un sommozzatore di salvataggio professionale.

Politica internazionale – Una delegazione OIC in Afghanistan per i diritti delle donne

Nel corso di una riunione straordinaria a Jeddah (Arabia Saudita), l’11 gennaio, l’Organizzazione per la cooperazione islamica ha deciso di inviare una delegazione in Afghanistan per discutere con i Talebani dei diritti delle donne all’istruzione e all’occupazione, a seguito dei divieti sempre più stringenti introdotti nel Paese. Per l’OIC, infatti, “sospendere lavoro e istruzione” costituisce “una violazione della legge islamica e della metodologia del Messaggero di Allah, il profeta Maometto”. Dal canto loro, i Talebani hanno accolto con favore la decisione dell’OIC sostenendo che i divieti in atto sono solo temporanei. Hanno inoltre ribadito che “la comunità internazionale deve rimanere fuori dagli affari interni dell’Afghanistan.

Giustizia sociale – ONU: “urgente bisogno” di frenare l’hate speech sui social

In una dichiarazione del 6 gennaio, un gruppo di esperti indipendenti in materia di diritti umani, nominati dalle Nazioni Unite, hanno esortato “gli amministratori delegati di tutti i social media ad assumersi pienamente le proprie responsabilità” affinché sulle piattaforme “vengano rispettati i diritti umani e fermato l’odio [verbale] razziale”. Secondo gli esperti, “l’hate speech, la discriminazione, il razzismo, l’incitamento all’odio nazionale, razziale, religioso non risparmiano nessun gigante social. Inoltre, esiste un profondo divario tra le formali politiche aziendali in materia di hate speech e la loro concreta applicazione nei post/dibattiti online quotidiani.

Africa – Tanzania, abolito il divieto di “protesta pacifica”

Ora siete tutti liberi di criticare il governo”. Il 3 gennaio, la presidente della Tanzania – Samia Suluhu Hassan- ha così annunciato l’abolizione del divieto di manifestazioni pubbliche organizzate da partiti e movimenti di opposizione. Il divieto era stato introdotto dal suo predecessore John Magufuli. “La responsabilità delle istituzioni non è quella di ostacolare i cortei” ma “di provvedere al loro svolgimento pacifico a prescindere dall’affiliazione politica dei partiti, ha aggiunto la presidente, che – dalla sua salita in carica – ha realizzato varie riforme in materia di diritti. Il provvedimento è stato accolto dal plauso delle ONG a tutela dei diritti umani.

Ambiente – Brasile, tutelare i territori indigeni per conservare l’Amazzonia

I territori indigeni e le aree protette hanno un ruolo fondamentale nella conservazione delle foreste dell’Amazzonia brasiliana”. I risultati di un nuovo studio – condotto da un team di ricercatori statunitensi e brasiliani, pubblicato il 2 gennaio su Nature Sustainability mostra gli impatti negativi delle politiche di conservazione messe in atto soprattutto dall’amministrazione Bolsonaro. I ricercatori hanno utilizzato diverse fonti di dati per documentare la perdita, negli ultimi due decenni, di foreste nell’Amazzonia brasiliana. Hanno però precisato: “a causa della frequente copertura nuvolosa e del fumo (frutto dei numerosi incendi), le mappe forestali annuali, ottenute dalle analisi delle immagini ottiche, hanno una precisione moderata”.

Tiziana Carmelitano

Autrice freelance, si occupa in particolare di temi globali nonché di violazioni dei diritti umani in contesti conflittuali, post-conflittuali e in situazioni di "Failed States". Con un occhio di riguardo per donne, bambini e giustizia transitoria. Il tutto in chiave prevalentemente giuridica. Convinta che la buona informazione abbia un ruolo decisivo nell'educazione al rispetto dei diritti fondamentali e delle diversità.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *