Nigeria, donne vittime del legame traumatico, il 48% subisce abusi

[Traduzione a cura di Luciana Buttini dall’articolo originale di Steven Kator Iorfa, James Edem Effiong e Peace N. Ibeagha pubblicato su The Conversation]

A Lagos, in Nigeria, oltre 350 persone riunite per dire no alla violenza contro le donne. Immagine ripresa da Flickr/UN Women in licenza CC
A Lagos, in Nigeria, oltre 350 persone riunite per dire no alla violenza contro le donne. Immagine da Flickr/UN Women in licenza CC

La violenza domestica rappresenta un problema di salute pubblica nella maggior parte del mondo. Da un rapporto pubblicato dalle Nazioni Unite nel 2021 è emerso che nell’Africa sub-sahariana una donna su tre, di età compresa tra i 15 e i 49 anni, ha subìto una qualche forma di violenza da parte del proprio partner.

Il Governo nigeriano ha istituito politiche ed enti al fine di combattere la violenza domestica ma durante la pandemia da COVID-19 ne è stato segnalato un aumento. Secondo una stima di UN Women, il 48% delle donne nigeriane sono esposte a questo fenomeno sia direttamente che indirettamente. Tra le forme di violenza ricordiamo infatti quella fisica, quella verbale, la negazione dei bisogni primari e della comunicazione oltre alle molestie sessuali.

Una delle domande che tendono a sorgere quando si parla di casi di violenza domestica riguarda il motivo per cui alcune vittime continuano a portare avanti questo tipo di relazioni quando potrebbero lasciare il partner.

Le risposte non sono semplici. Nel nostro studio, ci siamo concentrati sulle donne che hanno denunciato gli episodi presso i centri di violenza sessuale in Nigeria, con l’intento di identificare gli schemi di associazioni e i collegamenti tra l’essere vittima e il permanere in tale stato.

Lo studio ha analizzato il possibile ruolo del legame traumatico e dell’empatia, due concetti afferenti al campo della psicologia.

Il legame traumatico è un forte attaccamento emotivo tra la persona vittima di violenza e il suo aggressore. Si tratta di un meccanismo di coping che si sviluppa attraverso ripetuti cicli di violenze e “tregue”. L’empatia è la capacità di mettersi al posto di un’altra persona e comprendere ciò che quest’ultima potrebbe provare.

Abbiamo poi constatato che nelle donne prese in esame nel nostro studio, il legame traumatico era più comune in quelle che manifestavano molta empatia.

Ciò implica che le comunità, gli amici e le famiglie dovrebbero stare in guardia quando le donne iniziano a giustificare le azioni violente del proprio compagno. Sapere che le persone empatiche sono più vulnerabili in situazioni di violenza aiuta la famiglia a intervenire prima che sia troppo tardi, e offre anche spunti su come possono essere inquadrate le politiche riguardanti la violenza domestica.

I risultati della ricerca

I dati raccolti riguardano un campione di 345 donne che hanno denunciato episodi di violenza domestica in due centri di due Stati della Nigeria in un arco temporale di sei mesi (da settembre 2019 a febbraio 2020). Dopo aver ottenuto l’approvazione per lo studio, abbiamo visitato i centri in giorni a caso informando le donne della nostra ricerca. A coloro che hanno dato il consenso informato sono stati poi distribuiti i questionari.

Non tutte le donne che hanno presentato denuncia al centro hanno preso parte al nostro studio. Tuttavia, tra coloro che lo hanno fatto, abbiamo riscontrato alcuni segni di legame traumatico quali:

  • Sindrome di Stoccolma, un particolare stato psicologico in cui si giustifica e si minimizza il comportamento dell’aggressore, auto-accusandosi;
  • dipendenza amorosa, ovvero credere che la propria sopravvivenza dipenda dall’amore di un’altra persona;
  • danno psicologico e dunque depressione, bassa autostima e perdita del senso di sé.

La prova della presenza del legame traumatico risiedeva nel fatto che tutte le donne prese in esame vivevano ancora con il loro partner violento.

In modo inquietante, abbiamo scoperto inoltre che le donne che hanno sviluppato segni di legame traumatico mostravano livelli elevati di empatia. Attraverso i tre campi, ovvero sindrome di Stoccolma, dipendenza amorosa e danno psicologico, l’empatia fungeva da percorso attraverso il quale la violenza del partner si traduceva nella decisione di continuare a essere una vittima. Le donne empatiche infatti sceglievano di non interrompere le loro relazioni violente.

L’empatia è di solito un tratto positivo in una persona, ma i partner violenti approfittano dei tratti empatici e dei timori delle loro vittime. Più le queste ultime sono empatiche, più è probabile che vengano prese di mira.

Il nostro studio non è il primo a far pensare che l’empatia comporti degli svantaggi. Altre ricerche, invece, hanno dimostrato che può rendere le persone vulnerabili alle esperienze negative. L’empatia è dunque un tratto da abolire nelle relazioni intime? Come fanno le vittime a liberarsi senza perdere una caratteristica così preziosa?

Liberarsi

Le azioni collaborative di individui, comunità e Governi sono essenziali per aiutare le vittime a liberarsi dal legame traumatico. Le persone che portano avanti relazioni violente non lo fanno perché lo desiderano, ma perché sono traumaticamente legate all’aggressore. Mancano del potere e della volontà psicologica per liberarsi.

Raccomandiamo di mettere in atto speciali approcci di intervento che implichino un’azione comunitaria collettiva nell’affrontare le relazioni violente. Il fatto di rivelare pubblicamente attività illegali è un’azione che ha funzionato in altri settori per denunciare un crimine e si consiglia di ricorrervi anche in caso di violenza domestica, poiché le vittime potrebbero non essere in grado di aiutare se stesse.

Le autorità competenti devono comunque essere preparate per gestire tali casi all’interno delle disposizioni di legge.

Luciana Buttini

Laureata in Scienze della Mediazione Linguistica e Specializzata in Lingue per la cooperazione e la collaborazione internazionale, lavora come traduttrice freelance dal francese e dall'inglese in vari ambiti.

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