Un anno insostenibile, breve bilancio sull’ambiente e sfide urgenti

Quando si parla di sostenibilità ambientale e cambiamento climatico, gli studi scientifici ci mostrano di continuo le proiezioni di un futuro lontano diversi decenni.

Eppure, gli effetti del fenomeno si manifestano già in maniera prorompente sotto i nostri occhi, permettendoci di fare un bilancio dell’anno che sta per concludersi, con un’idea di quello che dovremmo aspettarci, senza guardare troppo in là.

Durante gli ultimi dodici mesi l’interesse verso i temi ambientali è cresciuto sia tra la popolazione che nei media.

Sempre più utenti, secondo le tendenze, hanno fatto ricerche su temi legati all’ambiente e alla sostenibilità, mantenendo un interesse crescente e costante soprattutto verso la deforestazione e il cambiamento climatico.

Anche i numerosi picchi di presenza di questi termini tra notiziari e testate giornalistiche fotografa, da un lato, un maggior interesse e attenzione agli argomenti legati all’ambiente, e dall’altro un aumento considerevole degli eventi ad essi legati.

Appena l’anno scorso il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (UNDP) aveva rilasciato il suo Peoples’ Climate Vote. Eseguito in più di cinquanta Paesi del mondo e basato sull’opinione di più di un milione di persone, esso rappresenta il più grande sondaggio sul clima mai condotto. Secondo i risultati, ben oltre la metà degli intervistati, soprattutto tra i giovanissimi, è sensibile alla questione ambientale e ritiene che sia necessaria un’azione concreta e immediata.

Certamente, il bilancio di questo 2022 non chiude soltanto in negativo, collezionando qualche successo soprattutto in termini di politiche e iniziative internazionali.

Ad esempio, grazie a diversi programmi di protezione e iniziative scientifiche, in vari luoghi della Terra sono state scoperte nuove specie, vecchie colonie di animali considerati scomparsi sono tornati a popolare la loro vecchia casa: che siano rinoceronti, farfalle o orsi bruni, sono di sicuro buone notizie per gli ecosistemi.

Ancora, lo sforzo istituzionale di alcuni Stati diventa tangibile con azioni come la promessa del neo-eletto presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva di ospitare il prossimo vertice dell’Onu sul cambiamento climatico. Oppure come la recente decisione dell’Italia, che nel febbraio di quest’anno ha introdotto la tutela dell’ambiente nella Costituzione. La speranza è che esse non si rivelino mere formalità.

L’elezione di Lula come nuovo Presidente del Brasile è visto come un forte segnale di speranza per la tutela ambientale. Foto da Google Immagini con licenza Creative Commons

Eppure, l’andamento ambientale complessivo del 2022 è tutt’altro che rassicurante se lo consideriamo nel suo complesso, e rilega le buone notizie a dei barlumi.

I problemi maggiori sono riconducibili essenzialmente a riscaldamento globale e cambiamento climatico, insicurezza e spreco alimentare, perdita di biodiversità, inquinamento da plastica e deforestazione.

La prima grande questione, quella relativa al riscaldamento globale, è probabilmente la più nota ed evidente.

I dati ci confermano quanto sembra già chiaro: il clima è impazzito. L’estate del 2022 è stata la più calda mai registrata in Europa dal 1979, con quasi due gradi in più rispetto alla media degli ultimi anni nello stesso periodo. A pagarne lo scotto la vegetazione, vittima dei numerosi incendi e la popolazione, con diverse migliaia di morti per il caldo anomalo.

E l’anomalia meteorologica riguarda anche altri eventi climatici estremi, come temporali, grandinate e tornado. In questi ultimi dodici mesi sono circa una trentina le catastrofi meteorologiche registrate, passando dalle alluvioni in Pakistan che hanno trascinato il Paese nella miseria fino all’impennata di emergenze da meteo nel nostro Paese.

Questi si aggiungono, assumendo il carattere di maggior urgenza, agli altri effetti, più profondi e sostanziali generati dal fenomeno del global warming, che sul lungo periodo cambieranno totalmente la fisionomia e la geografia della nostra Terra.

Per continuare, ciò che si riversa in maniera più profonda e tragica nella vita di 828 milioni di persone nel mondo è l’insicurezza alimentare, derivata anche dagli shock climatici che portano alla rovina di raccolti annuali, periodi troppo prolungati di siccità e, di fatto, ad una carestia generalizzata. L’incremento delle persone esposte al rischio di insicurezza alimentare è di circa 40 milioni, secondo il Rapporto mondiale sulle crisi alimentari della Fao diffuso in maggio e relativo al 2021. A causa degli eventi meteorologici estremi, si parla di insicurezza alimentare per oltre 23 milioni di persone in 8 territori per l’anno 2021, rispetto ai 15,7 milioni del 2020 per 15 territori.

Un dato sconcertante se si pensa al dilagante spreco alimentare che, anch’esso, imperversa e impatta con grandi percentuali sugli ecosistemi, considerando che la produzione di cibo è la prima causa di deforestazione, emissioni di gas serra e consumo di acqua.

Il trend preoccupante dell’anno prosegue, con i report che ci raccontano dell’ingente perdita di biodiversità. Il Living Planet Report che ha pubblicato negli scorsi mesi il WWF denuncia una diminuzione media di circa il 70% delle specie. A questa percentuale si unisce, in un chiaro girotondo di cause ed effetti la deforestazione.

E nella Foresta Amazzonica nella prima metà di questo 2022 si è toccato un nuovo record, in termini di ettari di foresta spazzati via.

Questi sono i dati con cui bisogna confrontarsi anche alla luce delle promesse internazionali degli Stati, da ultima la Conferenza sulla Biodiversità (COP15). Inaugurata il 7 dicembre in Canada, si chiude oggi e disattende le speranze di costituire un punto di svolta sugli impegni mondiali verso il tema. Tutt’altro che incoraggiante, anzi, sembrano essere gli intenti per ampliare le aree protette e la riduzione dell’uso di pesticidi.

Mentre in superficie guardiamo da vicino i risultati, anche disastrosi, che quest’anno ambientale ci pone innanzi, lontano dalla nostra vista l’inquinamento da plastica continua a minare la salute nostra e del Pianeta. La sua produzione è raddoppiata e i suoi resti (solo il 9% viene riciclato) si riversano nel nostro organismo, partendo dalla flora, la fauna e ciò di cui noi umani ci nutriamo.

La siccità e gli shock climatici sono tra le cause più importanti di insicurezza alimentare. Foto da Google Immagini con licenza Creative Commons

Alla vigilia del prossimo anno, dunque, ci si domanda quali saranno gli scenari a cui dobbiamo prepararci per il prossimo futuro.

E cosa dovremmo fare?

La priorità, sarà senza dubbio, l’urgenza. Ci sono fenomeni che non possono aspettare di essere compresi nel loro sviluppo, e a cui adattarsi con rapidità è questione di sopravvivenza.

Gli eventi disastrosi da anomalie climatiche, innanzitutto, saranno la prima grande questione a cui questa urgenza dovrà trovare risposta. La passata COP27 si è conclusa con la significativa decisione di stabilire un fondo speciale per i Paesi che nel mondo sono maggiormente affetti dalle conseguenze del cambio climatico, pur non essendo tra i primi e principali contributori.

Eppure non è abbastanza. C’è bisogno di piani di adattamento al clima che ci permettano di gestire con tempestività l’imprevedibilità del meteo. Non solo per i casi in cui le ripercussioni sono tangibili sul lungo periodo, ma anche per quelle catastrofi che quest’anno abbiamo osservato da vicino. Le procedure di gestione di grandi disastri vanno implementate in prospettiva di una frequenza sempre maggiore di eventi che smettono in fretta di essere solo sporadici e straordinari.

La fame in cui versa una grande parte dell’umanità, poi, accanto alle altre cause, deve essere riconosciuta come diretta conseguenza della crisi climatica e, pertanto trattata come un’emergenza globale, un problema di tutti i Governi, un fenomeno i cui effetti vanno affrontati in maniera congiunta.

I migranti ambientali, gli spostamenti di massa da un luogo all’altro per esigenze climatiche vanno pertanto considerati al pari delle diaspore causate dai conflitti; così allo stesso modo le loro vittime vanno protette e supportate.

Come singoli e come comunità, infine ma non per ultimo, dovremmo essere educati ed educare ad un atteggiamento più incisivo. Siamo parte di questa grande incognita del futuro e non possiamo aspettarci soltanto che siano i decisori politici a fornirci una soluzione se non siamo in grado di esserne parte.

Ridurre gli sprechi alimentari, utilizzare da subito meno plastica, scegliere soluzioni energetiche alternative ai fossili, sono solo alcuni degli impegni che possiamo profondere per essere una parte immediata della risposta.

Vanna Lucania

Laureata in Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale, esprime con la parola scritta i suoi interessi per l'educazione, l'ambiente e l'Africa. Dal volontariato alle ONG coltiva l'obiettivo di "lasciare il mondo migliore di come lo ha trovato".

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *