L’innalzamento dei mari minaccia il patrimonio culturale africano
[Traduzione a cura di Luciana Buttini dell’articolo originale di
Il valore dei beni culturali viene spesso sottovalutato da chi si occupa di politiche climatiche e sviluppo sostenibile, nonostante si tratti di elementi fondamentali per l’identità, la cultura e il benessere dei popoli. I patrimoni culturali infatti rivestono un’importanza significativa per la sostenibilità delle comunità, degli ecosistemi e della biodiversità.
È ormai noto che i cambiamenti climatici stanno avendo un effetto diretto sui siti africani di interesse culturale; un problema, questo, che sta ottenendo una crescente visibilità. Di recente, il Gruppo Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici e altri enti di alto profilo hanno commissionato la pubblicazione, prevista per il prossimo luglio, del primo white paper [un documento informativo, NdT] sui rischi che i cambiamenti climatici implicano per i suddetti siti a livello globale.
Le prove misurabili delle conseguenze future dei cambiamenti climatici sul patrimonio culturale africano sono state finora insignificanti, in quanto si sono limitate a una manciata di studi circa l’impatto dell’innalzamento del livello del mare sui siti localizzati nell’area nordafricana.
Questo ha spinto a una collaborazione tra un gruppo internazionale di esperti al fine di ottenere dati concreti: una collaborazione necessaria in quanto siamo nell’ambito dei rischi climatici, della modellazione e dell’ingegneria costiere, dei sistemi informativi geografici, dell’archeologia e del patrimonio africano. Nello studio abbiamo ipotizzato un modello di impatto dell’innalzamento dei mari e dell’erosione, incluso un evento di portata eccezionale, sui siti culturali africani.
Obiettivo della ricerca è stato quello di misurare accuratamente le aree relative ai siti del patrimonio culturale africano dapprima attraverso l’impiego di tecniche di analisi geospaziale e successivamente con la loro sovrapposizione alle mappe delle alluvioni, che si basano su modelli caratterizzati da dati relativi a eventi estremi di innalzamento marino. Il risultato mostra, sotto forma di stima, quanto in futuro i siti culturali saranno esposti a fenomeni quali l’aumento del livello del mare ed erosione costiera.
In questo modo, il nostro studio sarà d’aiuto a chi gestisce tale patrimonio al fine di individuare le aree principali da considerare prioritarie per la conservazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici.
Il patrimonio culturale africano esposto al cambiamento climatico
Per l’intero Continente africano sono stati inclusi nello studio i siti del Patrimonio Mondiale dell’Unesco e quelli delle zone umide di Ramsar. Poiché l’Africa è poco rappresentata nella Lista dei Patrimoni Mondiali dell’Unesco, il nostro team ha mappato sulle Liste Provvisorie un totale di 284 siti, di cui 213 naturalistici e 71 di interesse culturale.
I modelli combinati di alluvioni ed erosioni creati appositamente per il progetto sono stati poi sovrapposti alla mappa dei siti del patrimonio africano. Sono stati modellati diversi scenari climatici futuri in diversi intervalli temporali in cui si simulava l’esposizione a fenomeni di inondazioni ed erosioni associati a probabili livelli di innalzamento marino.
I risultati mostrano che 56 siti, ovvero il 20% del totale, sono attualmente esposti al rischio di un evento eccezionale. Entro il 2050, anche se le emissioni di carbonio resteranno moderate, questa cifra triplicherà arrivando a 191 e questo è lo scenario che i climatologi hanno rinominato RCP4.5. In uno scenario a forti emissioni noto come RCP8.5 e comunemente associato all’espressione “nessuna mitigazione”, il numero dei siti esposti sale da 7 a 198 (circa il 70%). Nonostante siano solo altri sette i siti presenti in questo scenario, il grado di esposizione per ciascun sito aumenta in modo significativo.
Le aree geografiche esposte al cambiamento climatico
Tra i principali siti culturali esposti troviamo le celebri rovine di Tipasa in Algeria, i siti archeologici del Nord del Sinai in Egitto, il Parco Nazionale del Delta del Saloum in Senegal e l’Isola di Kunta Kinte in Gambia. I siti culturali come quello di Tipasa costituiscono la fonte di sostentamento di quelle imprese locali che si basano sul turismo generato dalle stesse rovine.
I siti naturalistici più esposti comprendono il Marais de la Mekhada in Algeria, il Parco Nazionale del Diawling in Mauritania e il lago Burullus in Egitto.
Sebbene l’Africa settentrionale e occidentale ospiti il maggior numero di siti esposti, sono le aree delle piccole nazioni insulari a essere particolarmente a rischio.
Alcuni Paesi, entro la fine del secolo, vedranno il loro patrimonio costiero esposto a livelli estremi di innalzamento del mare, indipendentemente dalla strategia di mitigazione del carbonio intrapresa. Alcune di queste nazioni sono classificate come “meno sviluppate” nell’elenco del Comitato di Aiuto allo Sviluppo che eroga i finanziamenti.
In questi Paesi, i finanziamenti per il patrimonio culturale non sono gli unici necessari, lo sono anche quelli per l’accesso all’acqua potabile, all’istruzione e all’elettricità. È chiaro che in questi casi i fondi destinati alla conservazione dei siti di interesse culturale siano spesso una priorità del tutto secondaria.
I Paesi che si trovano in questa situazione sono: Camerun, Repubblica Democratica del Congo (RDC), Gibuti, Sahara occidentale, Libia, Mozambico, Mauritania e Namibia. In particolare, il Gibuti, la RDC, il Mozambico e la Mauritania sono considerati come i meno sviluppati. Il Camerun è un Paese a basso-medio reddito, la Libia è una zona di guerra mentre il Sahara occidentale è un territorio conteso.
Questi Paesi dispongono di pochissime risorse per contrastare gli impatti del cambiamento climatico sui siti del patrimonio culturale.
Le azioni climatiche per conservare il patrimonio africano
Il modo in cui rispondiamo ai cambiamenti climatici è importante per il futuro del patrimonio. Se la mitigazione del cambiamento climatico ridurrà da alti a moderati i livelli di emissioni di gas serra entro il 2050, il numero dei siti altamente esposti potrà diminuire del 25%. Inoltre, è necessario effettuare investimenti senza precedenti al fine di monitorare l’esposizione di questi siti, così come collaborare con le comunità locali per mettere in atto strategie di adattamento.
Questi risultati incentivano l’erogazione di finanziamenti adeguati per il clima volti a evitare perdite e danni significativi al patrimonio culturale africano a causa del cambiamento climatico. Un approccio decoloniale a ricerca e pratica potrà anche essere uno strumento per iniziare ad affrontare le disuguaglianze sistemiche, riconoscere la portata del patrimonio culturale e rafforzare le azioni di adattamento in Africa e nel mondo.