[Agenda 6 – 19 ottobre 2021. Tenere una finestra aperta sul mondo. In questa prospettiva, la nostra rubrica quindicinale racconta, attraverso cinque notizie, quanto accade nel panorama internazionale, in linea con le tematiche di Voci Globali.]
Diritti umani – Australia, Canberra chiude il centro di detenzione per migranti a Manus
Stop ai centri offshore in Australia. Il Governo ha annunciato, il 6 ottobre, di aver siglato un’intesa con la Papua Nuova Guinea per porre fine – entro il prossimo 31 dicembre – all’Accordo regionale di reinsediamento (RRA). In base all’RRA, entrato in vigore nel 2013, i migranti che cercavano di raggiungere le coste australiane venivano “dirottati” sull’isola di Manus e collocati nel cosiddetto “Centro di detenzione per richiedenti asilo”, noto come la “Guantanámo del Pacifico”. Da anni, la comunità internazionale chiedeva lo stop del centro, ritenendo il regime di detenzione offshore “un trattamento inumano e degradante. Punitivo e illegale secondo il diritto internazionale”. Gli attuali “ospiti” di Manus, circa 100 richiedenti asilo, non saranno comunque accolti in territorio australiano. Nel comunicato stampa di Canberra si legge infatti: “l’Australia sosterrà chiunque sia soggetto ad accordi di gestione regionale in Papua Nuova Guinea e che desideri trasferirsi volontariamente a Nauru”, dove “sono presenti strutture analoghe”. Mentre, il Governo di Port Moresby “fornirà un percorso migratorio permanente per chi desidera rimanere nel Paese”, compreso: “l’accesso alla cittadinanza, il sostegno a lungo termine, il ricongiungimento familiare”.
Africa/diritti umani – Il presidente della Sierra Leone “sigla” la fine della pena capitale
Il presidente Julius Maada Bio ha firmato, l’8 ottobre, la legge che abolisce la pena di morte, approvata all’unanimità dal Parlamento sierraleonese lo scorso 23 luglio. La Sierra Leone è così diventato il 23esimo Stato africano ad abrogare questa tipo di punizione. La pena di morte era stata prevista dalla Costituzione del 1991 per alcuni reati gravi, quali: rapina, omicidio o ammutinamento. Nel 1998, era stata introdotta una moratoria dopo l’avvenuta esecuzione di 24 militari accusati di aver partecipato a un tentativo di golpe. I tribunali sierraleonesi, tuttavia, hanno continuato a emettere condanne capitali. Attualmente, infatti, ci sono ancora 94 condannati a morte, le cui sentenze – in base alla nuova legge – verranno però tramutate in ergastolo o in una pena detentiva non inferiore ai 30 anni. “Come Nazione abbiamo esorcizzato gli orrori di un passato crudele”, ha dichiarato Bio, definendo la pena di morte “disumana”. “Oggi – ha aggiunto – affermiamo la nostra fede nell’assoluta sanità della vita”.
Giustizia sociale – Paraguay “condannato” per violazione del diritto alla terra dei popoli indigeni
Con una storica decisione del 13 ottobre, il Comitato per i diritti umani – organo preposto alla supervisione dell’implementazione della Convenzione ONU sui diritti civili e politici – ha rilevato l’incapacità del Paraguay di prevenire l’inquinamento delle “terre tradizionali” derivante dall’agricoltura commerciale. “Per le popolazioni indigene, la terra rappresenta la casa, la comunità“. Di conseguenza, “i danni ambientali hanno profonde ripercussioni sulla loro vita familiare e sulla loro identità”, al punto di poter compromettere “l’esistenza stessa della cultura collettiva”. In altre parole, per la prima volta un organismo internazionale ha riconosciuto come per gli indigeni il concetto di “casa” sia indissolubile dal “rapporto speciale” intercorrente con il proprio territorio e modo di vivere. La decisione origina da un ricorso presentato, oltre 10 anni fa, da circa 201 Ava Guarani della comunità indigena Campo Agua’e, situata nel distretto di Curuguaty, nel Paraguay orientale. L’area in questione è circondata da grandi fattorie commerciali, dedite alla produzione di soia geneticamente modificata attraverso la fumigazione, metodo che prevede l’utilizzo di pesticidi vietati.
Politica internazionale – Non si placa la tensione tra Kosovo e Serbia
Nella regione balcanica, “la Storia ha più volte dimostrato come incidenti apparentemente poco significativi e interpretazioni errate delle intenzioni” possano innescare “un’escalation di instabilità sotto il profilo della sicurezza, mettendo a rischio vite umane“. Con queste parole, Zahir Tanin – capo missione UNMIK (United Nations Interim Administration Mission in Kosovo) – ha aperto il suo intervento dinnanzi al Consiglio di Sicurezza ONU, il 15 ottobre, esprimendo profonda preoccupazione per la crescente tensione tra Kosovo e Serbia. A fine settembre, Pristina aveva intensificato la “guerra alle targhe“, dispiegando forze speciali vicino a due località di frontiera nel Nord della provincia, Jarinje e Brnjak. A sua volta, Belgrado – che non ha mia riconosciuto l’indipendenza del Kosovo – aveva inviato mezzi blindati al confine. I due Paesi avevano poi trovato un accordo. Il 13 ottobre, però, la situazione si è di nuovo fatta incandescente. A Mitrovica infatti si sono verificati – durante un’azione anti-contrabbando – violenti scontri tra polizia e serbi. Questi ultimi hanno sostenuto di essere stati il vero target dell’operazione. Il timore è che l’attuale tensione possa trasformarsi in una nuova ondata di violenza.
Ambiente/Africa – Ghiacciai minacciati e povertà in aumento per il cambiamento climatico
“L’Africa sta assistendo a un aumento della variabilità metereologica e climatica” che “causa disastri e stravolge sistemi economici, ecologici, sociali“. I ghiacciai iconici del continente (massiccio del Monte Kenya, le Montagne del Rwenzori e il Monte Kilimanjaro) sono a rischio scioglimento. Secondo le stime – entro il 2030 – fino a 118 milioni di persone saranno estremamente povere ed esposte a siccità, inondazioni, caldo estremo. Non solo, nell’Africa subsahariana, i cambiamenti climatici saranno suscettibili di ridurre il PIL (Prodotto Interno Lordo) fino al 3%, entro il 2050. L’allarmante fotografia emerge dal rapporto “The State of the Climate in Africa“, pubblicato il 19 ottobre dall’Organizzazione Metereologica Mondiale (OMM), in collaborazione con l’Unione Africana e l’African Climate Policy Centre. Il documento sarà discusso alla 26esima Conferenza delle parti sul clima di Glasgow, aggiungendosi alle tante prove scientifiche sull’urgenza di ridurre le emissioni globali di gas serra, aumentare il livello di ambizione climatica e i finanziamenti per l’adattamento.